Compagni di viaggio è lo spazio di condivisione delle mie letture. I libri alla fine della lettura avranno un mio commento con un simbolo che rappresenta, per me, il sentimento che quelle storie mi hanno suscitato. Uno spazio da lettrice che ama leggere per vivere tante vite e tante emozioni diverse e che desidera condividere con altri i propri compagni di viaggio!

Questa la legenda:

stella: commovente
stella
lupo: disturbante
lupo
tulipano: delicato
tulipano
lampada: illuminante
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mela: mi fa star bene

cestino: libro abbandonato
cestino
voti da 1 a 3

il
libro ancora in lettura

Ogni volta che ti picchio di Meena Kandasamy, e/o 2020
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Il titolo non tradisce: è la storia di una giovane donna sposata che durante il suo breve matrimonio viene picchiata. Ma come sempre accade in queste situazioni, non è così semplice come scrivere queste righe. La storia sembra essere autobiografica perché la protagonista è una giovane scrittrice indiana che dopo una storia d’amore che le ha spezzato il cuore (ma che l’ha iniziato al mestiere dello scrivere) e una serie di incontri con uomini alti, magri, grassi, noiosi, audaci, paurosi, incrocia sulla sua strada un uomo apparentemente “giusto”: intellettuale, gentile, colto; ma col tempo si scopre esssere intriso di pregiudizi politici e sociali. La loro storia diventa un inferno: lei pian piano viene isolata, umiliata, maltrattata, picchiata, quasi uccisa. Ma questo libro non è “solo” questo.
Due sono gli aspetti che mi hanno colpito: non si sopravvive all’inferno se non ci si ama e amarsi in questo caso significa mantenere – anche nella disperazione più assoluta – la lucidità, ovvero quella capacità di non farsi convincere da quello che pensano o dicono gli altri, ma sapere la propria verità. L’altra cosa è di natura psicologica. Lo sposo commette il male ed è consapevole di commetterlo e quella sua consapevolezza è come una giustificazione perché quella consapevolezza è segno di intelligenza. “Ogni volta che ti picchio, Lenin piange.” Lui sa di fare qualcosa di sbagliato, sa che tradisce la sua stessa morale nel picchiare una donna, ma il solo ammetterlo lo fa essere diverso da altri. Forse migliore. Ecco questo meccanismo mi ha turbato, molto.  

Keywords: Libri
Qualche giorno fa sono andata in radio (ElecTO Radio) ospite della trasmissione Keywords di Francesco Gavatorta per parlare dei libri. Nella trasmissione parliamo di perché ci piacciono i libri, di cosa significa oggi essere autore, dei miei libri del cuore. Ma quello che voglio raccontare qui sono i libri che dobbiamo accogliere nel 2020. Io ne ho scelto alcuni delle nostre case editrici del Catalogo della piccola e media editoria:

Tutti sono un numero di Claudio Metallo per CasaSirio.
Il romanzo è ambientato a Napoli negli anni ’70, all’epoca della speculazione edilizia e del secondo cosiddetto “sacco”, narrata all’interno del romanzo con attenzione a tutti i suoi meccanismi e i vari giochi di potere. Il protagonista è Mimmo Tarsitano, un mago che legge le carte all’interno di un programma in una tv privata, ma il suo talento per la truffa favorisce la sua ascesa al potere.

Radura di Antonia Kühn per Diabolo Edizioni.
La graphic novel dell’artista tedesca Antonia Kühn, intitolata LichtungRadura in italiano, una storia commovente sulla famiglia, il dolore e il ricordo. È una storia Diabolo, una burning story, perché affronta il tema universale della perdita attraverso il potere evocativo di illustrazioni ricercate e misteriose, dando al racconto la forma incerta e sospesa della memoria più intima, lasciando al lettore il compito di elaborarla.

Lot di Bryan Washington per Racconti edizioni.
Una raccolta di storie intrecciate fra loro ambientate in una Houston madre e matrigna, la scoperta e i primi passi di un giovane uomo alla ricerca della sua strada, un’educazione sessuale e sentimentale di un ragazzo per metà latino e per metà afroamericano in Texas. È veramente un libro da non perdere. Washington scrive sul New Yorker e su Paris Review, ed è unanimemente considerato tra gli scrittori più promettenti della nuova leva americana.

Di chi è questo cuore di Mauro Covacich, La nave di Teseo 2019
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Se cerchi una storia con un inizio e una fine, personaggi che nascono, crescono, cadono e si rialzano, questo non è il libro per te.
Questo libro è come un quadro di Fontana: un sguarcio su un pezzo di vita. Un uomo che è uno scrittore e runner che scopre di avere un problema al cuore e di non poter più correre. Ha la scrittura che lo accompagna nella quotidianità ma ha soprattutto una grande capacità di guardare e vedere e leggere il mondo circostante. Covacich è uno scrittore che riesce a raccontare esattamente cosa c’è dietro ad atteggiamenti che riteniamo contemporaneai. Quando lo leggo penso sempre: cavolo, allora non lo vedo solo io questo; ehi, ma anche lui pensa quest’altro.
Covacich è spudoratamente autobiografico, ma questo non disturba. Non mi fa sentire una “guardona” perché è talmente bravo a scrivere e a usare la lingua letterariamente che mi fa dimenticare che stia raccontando se stesso.
Penso che Mauro Covacich sia uno scrittore contemporaneo da leggere e studiare. Per certi versi è la versione del nord di Domenico Starnone. Li amo entrambi per rendermi partecipi di riflessioni su noi essere umani.

Un cuore tuo malgrado di Piero Sorrentino, Mondadori 2019
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Ma quando finalmente su ogni uomo e su ogni cosa pioverà quella luce diversa, quella luce imprevedibile che rimescolerà l’universo e lo spazio, quella luca di cui splenderà il nucleo di ghiaccio e roccia del cosmo, portandosi dietro tutti i nostri dolori e tutte le lacrime piante nel mondo, fra un giorno o mille anni, allora sì, allora saremo perdonati per sempre.
Bianca è un’autista di autobus (come suo padre); tutti i giorni incrocia sulla sua strada gli stessi visi e gli stessi corpi di donne e uomini in movimento. Ma un giorno tutto questo sparisce: uno sguardo rapido, una distrazione, e quella quotidianità di Bianca sparisce per iniziare una vita nuova, una vita lontana da quello che lei e sua sorella immaginarono anni dietro in una sera d’estate al mare. Bianca ricomincia una vita con un corpo e un’anima doloranti e un senso di colpa che le persone intorno a lei cercano di calmare, ma con il quale forse riuscirà a convivere solo andando via da quella città.
Proprio in questi giorni, mentre leggevo il libro, mi è capitato di “incontrare” sui social storie di persone colpevoli della morte di altre persone – direttamente o indirettamente – e leggere tra i commenti orribili anche penseri di empatia nei loro confronti perché, anche se fuori da un carcere, il senso di colpa è talmente grande per queste persone, che saranno donne o uomini condannati per sempre.
Leggere questo libro coglie quella “condanna” ma anche quella umana incapacità, di chi ha subito la perdita, di concedere il perdono. Come si fa a perdonare chi ha ammazzato chi ami, e se poi lo ha fatto per una distrazione? Come si fa a vivere con la morte nel cuore e negli occhi?
Piero Sorrentino indaga tutto questo. E io lo ringrazio.

Un matrimonio americano di Tayari Jones, Neri Pozza 2018
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I miei ultimi due fine settimana sono stati casalinghi, per forza maggiore. Chiudendo la porta a tutti sono riuscita a finire un libro e a guardare un’intera serie tv che, per caso, hanno molto in comune.
Prima di Natale avevo promesso a me stessa di andare in libreria e scegliere un libro lasciandomi guidare dall’intuito della lettrice, come succedeva una volta quando non avevo ancora sovrastrutture date dalla conoscenza del mondo dell’editoria o di alcuni pregiudizi letterari che si sono stratificati nella mia percezione di lettrice. Il libro che ho scelto è Un matrimonio americano della scrittrice Tayari Jones la cui trama è molto lineare quanto è sfaccettato il “senso” che trasmette la sua lettura. Roy e Celestial sono due giovani neri di Atlanta (il fatto che siano neri è rilevante per il fatto che scatena tutta la storia del libro) sposati da appena un anno, con un giovane matrimonio litigarello, e un episodio che cambia velocemente le loro vite. I due giovani vivono separati per cinque anni (e non faccio spoiler), più di quanto abbiano vissuto insieme. Al nuovo incontro, i due ragazzi sono cambiati ed è inevitabile che attraversino un grandissimo dolore per ammettere di dover iniziare nuove vite.
La serie tv che invece mi ha inchiodata è Broadchurch, di qualche anno fa. Ci sono tre stagioni su Netflix. Le ho viste tutte insieme perché non potevo allontanarmi dai suoi personaggi e – devo dire – anche dalle immagini di quei luoghi in cui era ambientato il tutto, il Dorset a sud dell’Inghilterra.
Cosa hanno in comune questi due mondi? Cosa mi ha legato a loro in queste settimane? Due cose, in maniera molto netta.
La prima: la capacità di raccontare la complessità dell’essere umano. Non siamo bianco e nero, siamo un alternare di bene e male, in dosi diverse che ci rendono diversi e unici. Certo, possiamo scegliere se abbandonarci al male, ma non siamo immuni da esso.
La seconda: per quanto l’essere umano possa soffrire, c’è sempre la possibilità di rivedere la luce nella propria vita. Ma per “accettare” di guardare nuovamente alla luce, bisogna attraversare quel dolore, quella sofferenza, quella disperazione. Certo, la sofferenza rende egoisti e per accettare di accogliere gli altri o i nuovi altri, bisogna essere molto coraggiosi.

Enjoy Sarajevo di Michele Gambino, Fandango 2018
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Il libro di Michele Gambino è con me da questa estate. Poi la mia amica Giovanna ne ha parlato qui e io ho capito che dovevo assolutamente leggerlo. E sì, lo dico subito: è BELLISSIMO. È un libro autentico; un libro scritto con una lingua che riesce a raccontare oggettivamente i fatti e i sentimenti.
La storia si sviluppa nel presente di una redazione televisiva romana e nel passato durante la guerra dei Balcani.
Quella gente era insopportabile quando sentivo esclamare “è stato un incubo”, perché i figli avevano tardato a rientrare, oppure “guarda, una giornata infernale”, se l’acqua era mancata per un’ora. Avrei voluto mandarli per poche ore da dove venivo, per far sì che ridefinissero il valore delle parole. Naturalmente però ero io quello fuori luogo. Il fatto è che non si torna mai del tutto indietro da una guerra.
Quel pezzo di storia dei nostri vicini di casa è così poco narrata e, personalmente, quel poco che conosco lo devo a Luca Rastello. Così ogni qualvolta che intercetto una nuova storia che è ambientata in quel momento storico penso sempre che abbiamo bisogno di ricordarla, di conoscere di più i fatti, anche perché a rileggerla si può comprendere da dove arriva il “seme” di quell’odio che stiamo vivendo oggi.
Ma la storia della guerra è anche una metafora della vita di molti che, anche se non hanno vissuto una guerra intesa come battaglia fisica, ne hanno vissuta certamente qualcun’altra che li ha poi portati a non trovare senso in molte cose, a “non sentirsi di nessuna squadra”, a dare pace a quella battaglia anche con gesti estremi.
E avevo sempre vissuto in uno stato di disequilibrio tra quel che apparivo e quel che ero veramente. Tra la vanità che mi divorava e l’apparente ritrosia a esporre il campionario dei miei pregi. Ora, finalmente, ciò che ero coincideva con ciò che sembravo: un uomo senza speranza e senza senso.
Quella di Michele Banti è anche la mia storia.

Come una famiglia di Giampaolo Simi, Sellerio 2018
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Il risvolto di copertina non mi aveva convinto. Forse perché mi sono soffermata sulla parola calcio. Poi ho iniziato a leggerlo e non ho smesso più.
Un libro elegante. Un libro che mi ricorda i noir francesi e Cassola. Una storia che mette insieme il mistero, i sentimenti, la casualità: quando pensi di aver capito cosa sia successo, ecco che la vita ti presenta davanti un bivio inaspettato. Dario e Giulia sono separati e hanno un figlio, Luca, che è una promessa del calcio. Un ragazzo solido, un punto di riferimento per la squadra, ma al tempo stesso ancora un ragazzino che non sa bene come gestire la sua vita fuori dal campo. Un sera succede un evento che sconvolge tutti: la squadra di calcio, Luca, la famiglia, Aurora e la sua famiglia, gli amici e le loro famiglie. Chi è la vittima e chi il colpevole? Tutta la storia gira intorno a questa domanda. Ma la risposta non è scontata, non è come appare. Tutti sono vittime e tutti sono colpevoli e Dario lo sa bene perché lui è stato giornalista e sa che i fatti possono essere raccontati in modalità diverse creando di volta in volta uno storytelling sono a una parte dei protagonisti. Ora Dario nella vita fa altro: è l’ufficio stampa di Nora Beckford, figlia del noto artista, vittima anche lei di un passato in carcere; ma quel suo passato esce fuori e lo porta a trovare il bandolo della matassa.
Ho amato questo padre che non si arrende per trovare la verità, che non vuole difendere a spada tratta il figlio, ma appoggiando la sua “verità” sui fatti. Un padre che protegge senza indebolire, ma chiedendo di prendere le proprie responsabilità, a volte mostrandosi duro e poco empatico. Un padre che prende in mano la situazione. Certo, non può tenere tutto sotto controllo, infatti qualcosa sfugge e accade altro, molto altro.
Giampaolo Simi ha mestiere e si vede nella scrittura. Ma ha anche sentimento e lo percepisci dalla prima all’ultima parola. “E ti giuro, Luca, è il no più bello che una donna mi abbia mai detto.”

Un libro per chi ama i noir, ma anche per tutti i papà.

Terre di latte di Giuseppina De Rienzo, Manni 2018
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TERRA MADRE. Questo romanzo ti fa comprendere il senso profondo del significato Terra Madre, quel luogo dove sei nato e cresciuto e con cui, a un certo punto, della tua vita dovrai rifare i conti.
Antonia e Andrés sono due fratelli che tornano nel paese in Irpinia per svuotare la casa dell’infanzia, quella casa dove avevano vissuto con i propri genitori fino al fatidico 23 novembre 1980. Il terremoto che scuote le terre, inghiotte persone, fa sparire il vivere quotidiano per molto tempo; quel terremoto porta via i genitori di Antonia e Andrés che cadono con la macchina da un cavalcavia. La loro vita si adegua al destino, vivono con la nonna e poi all’età dell’Università vanno via: Antonia a Napoli e Andrés a Roma, per diventare attore (quello che in parte era suo padre Serafino). Tornare nel vecchio paese, e nella vecchia casa, per i due fratelli è una presa di coscienza della loro vita. Un mettere a nudo quello che si è veramente. E capire che molte cose non possono essere più portate avanti, che in fondo siamo fragili e forti allo stesso tempo e possiamo e dobbiamo cambiare.

Montemarano @Nunzia Picariello

Il corpo è protagonista di questo libro, quel corpo che metti a nudo davanti alla verità: il seno di Antonia e il viso di Andrés i loro strumenti fondanti per vivere. Quei corpi che li metteranno di fronte alle proprie fragilità; al proprio terremoto personale che li porta a cambiare qualcosa nella loro vita.
Tornare da dove si è partiti può essere doloroso. Può farti scoprire cose che non sapevi. Può farti rendere conto che stai mentendo a te stesso perché la Terra madre conosce le origini dei tuoi pensieri. A me fa questo effetto sicuramente.
Giuseppina De Rienzo non scrive un libro per farti sentire bene, ma per crearti un disagio che ti porta a riflettere su te stesso. Lo fa con la storia e i personaggi, ma anche con la lingua italiana che mette in scena. Come molte delle scrittrici del sud, la lingua è colta, densa, non semplificata (per fortuna). Leggere libri come quelli di Giuseppina è un allenamento per la mente e il cuore.

Un libro per chi è in quella fase della vita in cui il tornare indietro è doloroso, ma necessario. Come la mia.

L’odore di Istanbul di Julio Baquero Cruz, Kairos 2016
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Questa storia mi è piaciuta molto. È un viaggio in quell’est di Europa che spesso dimentichiamo nei nostri racconti; è un viaggio per sfuggire alla noia e vivere; è un viaggio raccontato con una lingua pulita, descrittiva e densa di senso che coglie tutta la bellezza del gesto di andare e vivere e non giudicare. Bella anche la traduzione di Silvia Acierno.
Il protagonista, un avvocato spagnolo che vive in Lussemburgo, decide di fare un viaggio di tre settimane e di arrivare fino a Istanbul. “Mi opprimeva la fuga del tempo, la sua mancanza. avevo l’impressione di averlo venduto, forse a un buon prezzo, ma non c’è prezzo che paghi il nostro tempo quanto la vita se ne scappa in questioni senza importanza, quando la voltontà non sta dove si vuole, o peggio ancora quando non c’è la volontà.”  Questo viaggio in treno lo porta in luoghi completamente diversi dai propri: Vienna, Praga, Budapest, Bucarest, Belgrado e Istanbul posti così poco ordinati e ordinari. Lo porta a incontrare nuove e vecchie persone e di entrare in loro pezzi di vita, viverne le quotidianità e i sentimenti.
Appena il protagonista è salito sul primo treno, io ho fatto un tuffo nel mio passato quando mi trovavo alla stazione di Praga. Ero sui binari e dovevo rientrare in Italia in treno. Io sarei dovuta tornare in Italia, ma sugli altri binari le destinazioni erano la Russia, la Polonia, la Bulgaria e io ero frastornata e felicemente sorpresa nel leggere quei nomi sugli schermi, sentivo avrei voluto salire su un treno e andare verso mondi che mi erano sembrati irraggiungibili fino a quel momento. Ho invidiato questo personaggio.
“L’odore di Istanbul rimane dentro, odore di cose bruciate, di vita sempre ambigua, sangue sul marciapiede, gabbiani impazziti intorno al vaporetto, ayran ayran ayran, e sempre quella luce del crepuscolo sul Marmara, quella vecchia voglia di giovinezza, voglia di respirare e vivere come prima, lasciando perdere tutto e abbracciando tutto, come fanno i bambini e i matti.”

Superficie di Diego De Silva, Einaudi 2018

Sentir leggere l’autore e Luciana Littizzetto ha ridato un’altra dimensione a questo libro. Sì perché l’avevo comprato e letto ma, pur amando moltissimo la scrittura di Diego da sempre e pur avendo capito l’intenzione del libro, non eroDeSilva_Littizzetto SalTo riuscita a capire perché avesse sentito la necessità di pubblicarlo.
Il libro, come ha raccontato De Silva ieri al Salone del Libro, nasce per caso un giorno che stava scrivendo un articolo per Il Mattino e, non avendo idee per l’argomento del giorno, aveva deciso di mettere in fila una serie di luoghi comuni della politica. Scritto questo pezzo Dalia Oggero ha intuito che potesse nascere qualcosa e gli ha chiesto di scrivere altro, di scrivere di luoghi comuni e pensieri non solo sulla politica. E così è nato Superficie, che rappresenta un po’ il nostro parlare senza ascoltare, il nostro aver perso anche il senso e la comprensione delle parole che usiamo nel mondo e nel momento in cui scegliamo di usarle.
In realtà Diego questo racconto del presente con frasi divertenti o severe lo fa tutti i giorni su Twitter quindi per me tutto questo che racconta del senso e non senso e delle parole era già tutto chiaro senza bisogno del libro. Ma magari un giorno quando non ci sarà più Twitter avremo una prova di questa sua capacità di leggere il mondo e noi che lo stiamo vivendo. E comunque, lo amo moltissimo uguale.

Storia della mia ansia di Daria Bignardi, Mondadori 2018
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Il 22 marzo è Santa Lea e l’anno scorso per festeggiare il mio onomastico decisi di leggere tutti i libri che avevano come protagonista il nome Lea. Un nome non comune, che ricomincia a essere più presente tra le bimbe, ma anche nei libri. Quindi appena ho sentito che il nuovo libro di Daria Bignardi aveva come protagonista Lea, l’ho comprato. Non avevo altre informazioni sul libro, così quando ho letto il titolo Storia della mia ansia ho avuto dei dubbi sul leggerlo perché io sono una che sa cosa sia l’ansia e riviverla con le parole di un libro non mi sembra furbissimo. Però Lea ha vinto. E ne sono felice. Il libro l’ho letto in una mattina che ho deciso di restare a letto e non sentire cosa stesse accadendo intorno a me.
Chiuso il libro ero agitata. Mi venivano in mente parole. Solo parole per descrivere quel momento. Queste: emergenza, dolore, amore, e per ultima ansia.
Emergenza è il termine che usa Edgar Morin e che ho preso in prestito più volte quando un libro non so perché mi abbia conquistata. L’emergenza è il significato di un’opera che dipende dall’interazione tra il testo e il lettore e, a livello più alto, tra il testo e il sistema culturale. L’emergenza di un testo non è fissa. Io so che questo libro a me ha toccato delle corde molto ben nascoste.
E una è legata al dolore. La protagonista scopre di avere un tumore e la storia si sviluppa proprio in quel momento della vita. Lea non si autocommisera, non piange (se non per il dolore che le procura una siringa infilata più volte nel braccio per prendere una vena), non si nasconde (se non per la paura di preoccupare l’altro). Intorno a lei poche persone: i figli che continuano la loro vita; il marito Shlomo; qualche vecchietto del paese di montagna; amicizie nuove con cui è più semplice parlare; un ragazzo, Luca, che sta vivendo il suo stesso dolore che la corteggia. Quello che è emerso in me è il mondo del dolore che la Bignardi mette in scena con tutti questi elementi. Lea ha un tumore, ma potrebbe aver perso una persona cara, o avere un’altra malattia o aver avuto in incidente. E lei potrebbe comportarsi allo stesso modo: sicura, capricciosa, ansiosa, allegra, triste, ma soprattutto egoista. Il dolore è egoista. Il dolore di chi lo vive è diverso da chi lo subisce.
Lea ha un marito, Shlomo, e un figlio loro; poi ci sono un altro figlio per entrambi avuti da altre relazioni. L’amore di Lea e Shlomo non è immediatamente comprensibile; la stessa Bignardi dice “Sono due che si amano ma che fanno fatica a stare insieme”. Sembra un po’ I can’t live with or without you! In realtà, io non ho visto questo. Io ho visto un legame che va oltre le parole, va oltre la presenza ossessiva. Un legame che è così radicato che quando la famiglia chiama, Lea non ci pensa un secondo a correre da loro e smontare un rifugio costruito per sé. Quando Lea è in ospedale, Shlomo c’è. È silenzioso ma ascolta, vede, lascia libera Lea. Sono una coppia libera, di pensiero. E io credo in questo tipo di amore.
L’ultima parola è l’ansia. Be’ l’ansia è presente solo in stralci di racconto della mamma di Lea e nella scrittura. Ma, non perché la scrittura mette ansia, anzi, è talmente pulita e controllata! Tutto è sotto controllo.

Leggendo questo libro io non ho pianto lacrime, ma mi sono sentita lacerata. Sì. Lacerata.

Le stanze dell’addio di Yari Selvetella, Bompiani 2018
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Che amore inutile è l’amore che non protegge, l’amore che non cura e non difende, l’amore che non può, un amore crudele sento di portarmi addosso come l’amore di Dio.” Queste parole sono scritte nel retro di copertina del libro di Yari Selvetella, ma non le avevo lette quando ho comprato il libro. Le ho incontrate nel flusso della lettura; sono state le parole che mi hanno fatto alzare la prima volta lo sguardo dal libro, per sottolinearle, e piangere. Ho pianto tanto leggendo questo libro perché è un viaggio che il narratore decide di farci fare entrando, cadendo, nel mondo dei ricordi. Ricordi dolorosi, vivi, eppure passati perché intanto altra vita è arrivata. La storia è costruita dalle parole, vere protagoniste della scrittura di Yari. Parole dei libri che il narratore e la sua donna hanno amato e letto. Parole che raccontano una storia d’amore. Diverse storie d’amore. Parole. L’unica persona che blocca il flusso delle parole è un ragazzo del bar che vede  quell’uomo con i baffi senza sapere tutto il tormento che lo sta invadendo. Non subito, almeno.

Un libro da leggere per capire che la morte è parte della nostra vita. Un libro da leggere per capire che scrivere è un gesto da mille sfumature.

Lettori si cresce di Giusi Marchetta, Einaudi 2015
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Questa pagina è stata ferma per un po’. Sì perché per un po’, un bel po’, non ho letto.
Capita anche a chi ama leggere come me che si è distratti da altro (figli, lavoro, ansie, stanchezze, passeggiate), figuriamoci ai ragazzi. “I libri (…) hanno dei tempi di decodificazione, tempi in cui il lettore assimila le informazioni principali, le mette in relazione col suo contesto, insomma, capisce di cosa si tratta e se quello che sta leggendo gli piace o no. E i ragazzi non hanno tempo, o meglio non ne concedono. Sono abituati a ben altro.
E sicuramente nessun altro libro sarebbe stato più giusto di questo per me, per finire questo anno dedicato a exlibris20 e a ragionare sull’educazione alla lettura. Il libro di Giusi Marchetta, scrittrice e professoressa e lettrice, mi ha fatto capire diverse cose, ma ne prendo due da condividere qui.
Intanto mi ha fatto capire, o meglio ricordare, che il motivo per cui da piccola ho iniziato a leggere è perché ero annoiata, ero una bimba annoiata e prendere un libro e leggere mi toglieva da una quotidianità che non sapevo affrontare forse come gli altri. L’ho già raccontato qui che venivo presa in giro per questo, per restare ore e ore sul letto a leggere anziché stare all’aria aperta. E mentre Giusi ha i suoi allievi (Polito ad esempio) che le danno spunti di riflessione, io ho mio figlio e, grazie a Giusi ho pensato che forse il motivo per cui mio figlio non ama leggere o non fa “autonomamente” il gesto di prendere un libro è perché non si annoia. Ha tanti altri stimoli. Lui ad esempio ama il cinema e sa tutto di quello, studia, ragiona, sogna. È abituato a tempi più veloci, a montaggi d’effetto, e il cinema lo soddisfa di più.
Però Giusi non giustifica e basta, non analizza e basta, non si arrende. Lei prende una posizione e dice: “Credo nella necessità della letteratura e nell’esistenza di un lettore implicito sotto quella scorza adolescente di apatia e disinteresse. Credo nella possibilità di tirarlo fuori un po’ alla volta, coniugando quell’imperativo al plurale. Leggiamo è una parola d’ordine. Lo faremo insieme perché così potrò guidarti attraverso le insidie del testo, renderlo più comprensibile, aiutarti a decifrarlo. Lo faremo insieme perché sarà bello chiederti cosa ne pensi, spingerti a riflettere (…). Col tempo la tua capacità di comprensione aumenterà e ti ritroverai a disposizione parole nuove con cui chiamare cose di cui non sospettavi l’esistenza.
Io condivido la non arrendevolezza. Ancora di più in questi giorni in cui si parla di lettori che leggono sempre meno e della necessità di avere una letteratura più vicina per i ragazzi: trovo infatti sì importante pensare a un letteratura per ragazzi più moderna (anche se è già presente sul mercato e quello che manca forse è la capacità di scelta da parte di chi deve proporla), ma altrettanto importante non arrendersi di fronte a un testo “complicato” perché approcciarsi alla complessità è un gesto che dobbiamo conservare per evitare quell’involuzione di cui sempre più spesso ci sentiamo circordati.
Leggiamo!

Un libro per insegnanti, genitori, lettori, ottimisti.

Ferrante Fever, regia di Giacomo Durzi, Produzione Malia, Rai Cinema, in collaborazione con QMI 2017
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No, non è un libro. È un documentario.
Ferrante FeverUn documentario su Elena Ferrante; non investigativo per capire chi si cela dietro a quel nome, ma un bellissimo racconto del mondo dell’editoria attraverso il successo americano della scrittice. Sì perché gli intervistati sono scrittori, traduttori, librai, agenti, giornalisti che hanno a che fare con l’America. Sono Elisabeth Strout, Francesca Marciano, Roberto Saviano, la sua affascinante traduttrice Ann Goldstein, il suo editore americano, Mario Martone (che realizzò il film tratto dal romanzo L’amore molesto) a raccontare della tetralogia della Ferrante, a dare una propria interpretazione sul perché L’amica geniale sia diventata così amata da essere tradotta in 48 paesi nel mondo. Personalmente però questo documentario mi ha fatto scoprire un Jonathan Franzen meraviglioso: parlava di Lila e Lenù con grandissimo affetto e sentimento sottolineando quello che anch’io ho pensato subito leggendo L’amica geniale: è un bellissimo libro sull’amicizia. Quanti libri sull’amicizia conoscete? Si e ci chiede Franzen. Effettivamente l’unico altro che mi viene in mente con quel tipo di sentimento è L’amico ritrovato di Fred Uhlman che ho letto da ragazzina. Senz’altro è il più bel libro sull’amicizia femminile.
Un documentario che dimostra come la letteratura possa essere stimolante per dialogare tra noi; un modo ancora attuale per riflettere sui sentimenti, sulla Storia, sui percorsi di vita, su di noi in carne e ossa.

Un documentario da vedere assolutamente se si ama l’editoria e la letteratura.

Il Grinch
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Qualche giorno fa ero in libreria con Giulia: la piccola non sapeva quale libro scegliere e siamo state penso più di un’ora a guardaci intorno. Alla fine, stanca, ho preso il primo libro che ha attirato la mia attenzione ed era il Grinch del Dr. Seuss. Il libro è “natalizio”, ma essendo l’unico libro del Dr. Seuss a non essere presente nella nostra libreria, non ci ho pensato due volte a prenderlo. Giulia è stata attratta dal Babbo Natale cattivo. Una volta a casa l’abbiamo letto e quel Babbo Natale cattivo che voleva “rubare” il Natale perché infastidito dai canti, dalla gioia, dal clima, è diventato uno dei suoi personaggi preferiti. Il Dr. Seuss è stato presente soprattutto nella vita di Pietro che ci chiedeva di leggergli sempre Prosciutto e uova verdi. Un libro bellissimo che ha bisogno di una lettura a voce alta per goderlo in pieno.

Un libro per tutti i bambini.

Pentirsi di essere madri di Orna Donath, Bollati Boringhieri, 2017
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Alla fine l’ho abbandonato. Non perché non mi piacesse, ma perché non ho quella concentrazione per affrontare un tema che richiede serietà e impegno. È sicuramente un tema del momento quello della maternità (o non maternità) che può essere raccontata in molti modi, diversi tra loro ma anche uguali tra loro. Ho preso qualche appunto per quando vorrò affrontare il tutto, e lo condivido con voi: sono espressioni creative diverse che parlano di una sfaccettatura personale della maternita (o non maternità).
1. Un articolo di chi ha letto il libro, ha intervistato l’autrice e sta lavorando a un progetto sul tema della maternità;
2. Due film in uscita: uno scritto e diretto da una penna ironica, quello di Michela Andreozzi; l’altro un film drammatico di Sebastiano Riso;
3. Due romanzi: uno di qualche anno fa di Marta Pastorino e uno recente che è presente anche su exlibris20, quello di Matteo Grimaldi;
4. Un documentario autobiografico di Danilo Monte e Laura D’Amore.

Alcuni avranno il mio perdono di L.R. Carrino, edizioni e/o 2017
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Un libro questo da tanti riferimenti letterari e non. Il primo esplicitato è quello a Romeo e Giulietta: due giovani di due famiglie camorriste in guerra si innamorano, ma il loro amore è impossibile… Una donna capo che ricorda Gomorra; i riferimenti alla paranza che ricordano Saviano. Eppure i cambi di punti di vista e il mescolarsi dei narratori dà a questo libro una sua bellezza unica. In fondo le storie non sono infinite, è come vengono raccontate, è come la storia incontra la lingua che fa di un libro un libro unico.

Un libro per chi ama le grandi tragedie umane.

Nessuno può fermarmi di Caterina Soffici, Feltrinelli 2017
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Questa fine dell’estate mi sta regalando delle letture intense. Ogni libro mi sembra parli di pezzi della mia storia. Anche solo con una descrizione o una frase.
Il libro di Caterina Soffici ce l’ho da subito, appena uscito. Aveto letto un suo libro precedente (Italia yes Italia no. Che cosa capisci del nostro paese quando vai a vivere a Londra, Feltrinelli 2014) perché parlava di Londra e con Londra ho un rapporto speciale (ci sono nata!). L’avevo preso subito, ma non l’avevo letto perché qualcosa mi respingeva (forse la copertina che mi ricordava quella di un altro libro che a vederlo mi ferisce…). Poi ieri (sì l’ho letto in un giorno e mezzo!) l’ho preso e ho deciso di affrontarlo e boom! Non me ne sono staccata fino a stamattina. Ci sono molte coincidenze legate al libro, letto in questo momento. UNO. I protagonisti sono della Lunigiana, di Bardi e Barga. Questa estate siamo stati in vacanza proprio in quei luoghi. A Barga ci siamo passati perché c’è la casa delle vacanze di Giovanni Pascoli. È un po’ fuori il paese che si vede dal terrazzino dove Pascoli e sua sorella passavano il tempo a leggere. DUE. La storia parla di migranti, parla di italiani che vanno a cercare fortuna nel Regno Unito, in particolare qui Dante e Margherita e il figlio Bart vivono a Londra, a Little Italy. Mio padre, molti anni dopo, è andato a cercare fortuna a Londra, dove è rimasto fino alla fine della sua vita. TRE. L’Italia entra in guerra e gli italiani diventano nemici, da evitare, traditori. È una storia che si ripete oggi come allora. Non importa chi sia tu, ma a chi o cosa appartieni e per questo diventi parte di un problema da risolvere. La storia di questi giorni a Roma ne è un esempio. QUATTRO. “Il passato è passato, a cosa serve sapere?” Anche a me è stato detto quando ho cercato di capire di più su chi fosse mio padre. Leggendo ho ammirato e invidiato Bart (junior) e la sua giovane sfrontatezza nel cercare di capire da dove arrivava, che storia c’era dietro quel padre e quel suo essere così fragile. Che non è detto che sapere cambi davvero qualcosa nella tua vita, ma ti riconnette con persone e luoghi che ti possono raccontare pezzi di vita, che possono “darti la tua storia”.
Questo libro parla di un episodio storico che pochissimi conoscono il naufragio dell’Arandora Star del 2 luglio 1940 e di un ragazzo in cerca di un perché.
Dalla Casa di PascoliGiovanni Pascoli - LunigianaBarga

Un libro per chi ama le storie di famiglia. Oppure per chi vuole capire cosa sta succedendo oggi con la Storia, perché quella si ripete.

La compagnia delle anime finte di Wanda Marasco, Neri Pozza 2017
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È stato un caso. Due libri di due autori campani uno dietro l’altro. E mi sono commossa. La mia regione, la Campania, ha tanti problemi e difetti; è piena di meraviglie naturalistiche mal valorizzate; è il luogo dell’infanzia e adolescenza; è il luogo degli amici senza tempo. Ma ha tanti problemi. Però credo che sia la regione con gli autori più interessanti degli ultimi venti anni. Starnone, De Silva, Ferrante (sì vero?), Pascale, Saviano, Piccolo, Giaquinto, Arminio, De Giovanni, Marasco (per citarne alcuni): tutti scrittori che hanno “lavorato” sulle storie e sulla lingua, nessuno di loro è uguale all’altro; nessuno di loro ha raccontato la stessa la cosa. Alcuni paesaggi o derivazioni posso essere simili, ma l’identità dell’autore è sempre completamente integro.
Per questo ho amato la mia novità dell’estate: Wanda Marasco.
Marasco ha colto un pezzo dell’anima che noi campani e forse del sud ci portiamo “arinto”: quella sensazione di vivere accanto a una forma di morte. Il libro racconta la storia di Vincenzina, la mamma di Rosa, la narratrice. La sua storia parte dalla sua famiglia e prosegue con la storia di Rosa. E in questo raccontare una Napoli della guerra e del dopoguerra, dei vasci, della povertà (con estrema dignità) la morte è sempre presente. Ma attenzione non è qualcosa di macabro o “magico”, è una parte della vita. Che un bambino veda la morte che pian piano prende una persona cara nel letto di casa, è normale. Il fazzoletto intorno alla bocca per tenerla ferma è il ricordo di mio nonno morto; ma di mio nonno ricordo mille cose ancora. E così è il libro, racconta tutto quello che definisce una vita completa: la nascita, l’amore, il desiderio di altro, la morte.
La scrittura di Wanda Marasco è una scrittura che mescola il dialetto con l’italiano. È una lingua viva, piena di immagini, carnale.
Grazie Wanda Marasco per tutto questo.

Un libro per chi non è solo “terreno”.

Divorziare con stile di Diego De Silva, Einaudi 2017
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Diego De Silva è “lo scrittore”.
Leggere le vicende dell’avvocato Malinconico è una pura goduria, tanto che dovrò pensare a una nuova icona per raccontare di libri che ti fanno stare bene quando li leggi e sostituire i tulipani che ho messo temporaneamente. (Idee?)
De Silva scrive e fa ridere, ho riso tanto. Immaginavo le scene e ridevo sola e soprattutto adoro che sia tutto ambientato in luoghi che conosco. Addirittura c’è una vecchia compagna di classe che è di Atripalda (paese vicinissimo a Manocalzati). La scrittura di Diego (ci conosciamo da anni) è davvero un regalo: precisa, mai eccessiva, consapevole nei passaggi di storia. I personaggi sono veri, puoi percepire la loro tridimensionalità. E l’amicizia è il tema che esce prepotentemente da tutta la storia che viene raccontata. Sì il titolo è fuorviante, o meglio sì si parla di matrimoni, di divorzi, di avvocati avvoltoi e di donne con stile; ma soprattutto si racconta l’amicizia. Quella recuperata o persa per sempre dei compagni di classe; quella con colleghi che diventano i nuovi veri amici; quella con la propria figlia o quella con la trombamica.
Per me Diego De Silva insieme a Domenico Starnone sono quegli scrittori maturi, pieni, intensi che sanno davvero plasmare la scrittura a servizio delle storie. Sono la letteratura italiana contemporanea che resterà. (Insieme ad altri, ma loro per me sono molto importanti!)

Divorziare con stile_DeSilva_MinuccianoHo terminato di leggere questo libro guardando questo tramonto a Minucciano in Garfagnana. Leggere d’estate è il mio toccasana. 🙂

Un libro da regalare agli amici. O quelli che vorresti fossero i tuoi nuovi amici.

Don Milani. Parole per timidi e disobbedienti di Andrea Schiavon, add editore 2017
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Don Milani - Andrea Schiavon - exlibris20Andrea Schiavon ha scritto un libro intenso e anche commovente – pur essendo un saggio – partendo da una sua lettura de La lettera a una professoressa di Don Milani che ha condiviso con studenti di scuole superiori del Nord e del Sud. È un libro che può essere letto da un “te” diverso ogni volta: un “te” studente, un “te” insegnante, un “te” genitore, un “te” lettore. Io ho usato tutti quegli sguardi a eccezione di quello da insegnante, perché non lo sono. Leggendo quello che gli studenti dicono della scuola e dei professori è come se avessi fatto un viaggio nel passato. Gli studenti dicono le stesse cose che pensavo anch’io e dicono le stesse cose che continuo a pensare io ora che mio figlio è uno studente (ancora tenero studente, ma ha già visto cose…). Ma c’è un ma. In queste lettere che gli studenti scrivono dopo aver letto e ragionato sul testo di Don Milani, ci sono passaggi pieni di speranza, appelli molto chiari, un pensiero lucido che mi mancava da studentessa e a volte mi manca da madre. In particolare mi ha colpito un brano di una ragazza che con molto coraggio dice: “Molti pensano che i professori non siano preparati, ma non è vero. Non bisogna confondere le loro competenze con la voglia di insegnare: semplimente non tutti ci mettono abbastanza passione. Quello dell’insegnante non è un lavoro come gli altri; nessuno è obbligato ad assumere questo ruolo e, soprattutto, non dovrebbe farlo chi non ne è capace o non lo ama, perché altrimenti rischia di provocare confusione, abbattimento, noia negli alunni. E anche in se stesso.”  Il libro non vuole dare “ragione”  agli studenti, né attaccare gli insegnanti. Vuole essere un momento di confronto tra le due parti della scuola affinché ci siano momenti di riflessione comune; affinché ci siano momenti in cui un ragazzo possa confrontarsi usando il proprio pensiero e un insegnante possa non essere solo costretto a rincorrere il programma, ma aiutare i ragazzi a crescere nel non aver paura di “uscire dal silenzio”.

Un libro che consiglio agli insegnanti e ai genitori.

Fantasmi al contrario di Francesco Della Corte, Scatole parlanti 2017
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È un caso o forse no, ma ho appena finito di rileggere (la prima volta l’ho fatto in bozza) il libro di Francesco Della Corte che è un amico e che la seconda persona che conosco ad avermi raccontato (e ora a farlo a tutti) la sua esperienza nei Balcani al tempo dei conflitti.
Francesco in questo libro racconta della sua esperienza in Kosovo: lui architetto di Avellino nel 1999 decide di andare con un’organizzazione umanitaria a ricostruire i villaggi albanesi distrutti dalla guerra. Il romanzo non è del tutto autobiografico, ma riprende grandi pezzi della reale esperienza che l’autore ha fatto in Kosovo e li offre a tutti noi lettori. Il libro comincia con il protagonista che dopo dieci anni torna in Kosovo per mettere la parola fine a quella storia, quella sua storia con una terra e una popolazione che lui ha aiutato a ricostruire, come loro, incosapevolmente, hanno fatto con lui e la sua vita. È un viaggio questo libro, un viaggio nel passato (che sempre poco conosciamo) e nel futuro; un viaggio fisico, ma anche un viaggio dell’anima: “Ci sono state tante cose belle nella mia vita e ne sono tuttora, e forse, i rimpianti sono un insulto alla fortuna, ma rassegnarsi è qualcosa che non mi riesce, preferisco la malinconia, e, forse in fondo, lasciare una chance alla speranza di rivivere quello che forse ho solo immaginato.”

Un libro per chi vuole scoprire una terra vicino alla nostra Italia, la ex-Jugoslavia. Un libro per chi crede nella solidarietà, nell’altro come una medicina per la propria anima.

Democrazia: cosa può fare uno scrittore di Antonio Pascale e Luca Rastello, Codice Edizioni 2011
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Ci sono alcuni libri che andrebbero riletti anche solo per capire se la visione proposta era corretta oppure no.
Ad esempio questo libro di Antonio Pascale e Luca Rastello, nato dopo un incontro avvenuto durante Biennale democrazia a Torino, è un testo ancora (e forse ancor più oggi) fondamentale da leggere e studiare e tenere bene in mente e che ha centrato pienamente una visione del nostro tempo. In questo libro Pascale e Rastello discutevano già di metodologia ed epistemologia dell’indagine giornalista e reportagistica e di fake news; e del ruolo dello scrittore che non dovrebbe ridursi a “rassicurare” il lettore, ma ad avere quella tensione verso la verità che si ha solo diventando innazitutto cittadino.
Il libro è diviso in due parti. Nella prima Antonio Pascale descrive nitidamente dell’importanza delle fonti per ogni processo cognitivo; della necessità di “persone che parlano dopo aver studiato attentamente i documenti e che non hanno paura di ragionare sui dati a nostra disposizione”, soprattutto oggi dove tutti discutono di tutto, oggi che siamo tutti “disputatori, difensori, accusatori”. E come dice la filosofa Franca D’Agostini citata da Pascale: “Allora, dal momento che tutti discutiamo, non sarà il caso di farlo meglio, con più intelligenza e magari con attenzione al bene comune, visto che la discussione è lo strumento principale dell’agire politico, in democrazia?”. Nella seconda parte Luca Rastello prova a dare un ulteriore lettura del mondo del giornalismo. Prima di tutto Luca è più cinico e diretto, forse perché dei giornali ne ha fatto parte, e sa come interpretare l’insieme. Luca scrive: “Il patto media-pubblicità impone dunque la cura del target comune, impone cioè di confermarlo nell’immagine che ha della propria collocazione nel tessuto sociale.” E continua: “Per mantenere il bilancio in attivo è necessario convincere gli inserzionisti. Perché questo avvenga bisogna essere in grado di mettere in campo una strategia di narrazione: non si tratta di informare sul mondo, ma di costruire, con strumenti di narrazione, un mondo compatibile con l’acquisto dei prodotti che gli inserzionisti propongono.” Questa narrazione è spesso affidata agli scrittori, a quelli cosiddetti impegnati ma “la verità è che la favola del narratore impegnato” dice Luca “alimenta un pericoloso nominalismo. Personalmente credo che le parole importanti siano rese ormai inutilizzabili – per lo meno al narratore – dall’overdose di retorica che ne ha stravolto l’uso”. Così, ad esempio, se la parola Cultura una volta era usata per indicare “processi di produzione di cittadinanza” oggi è venduta come un oggetto da consumare. Cultura è tutto: un festival, un giallo, una suoneria del cellulare. Ma non ad esempio l’accesso alla formazione superiore che quindi diventa elitaria. E quella non è più cultura, è potere e quindi per niente democratica.

Un libro urgente e necessario. Per tutti.


Il ciuccio di Nina
di Christine Naumann-Villemin e Marianne Barcilon, Il Castoro 2003
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Sono alle prese con il togliere il ciuccio alla piccola e facendo un giro in libreria sono stata attratta da questo libro. Non è esattamente un libro adatto per far prendere la decisione alla piccola di abbandonare il ciuccio, ma la storia è divertente e sostituire il nome di Nina con il nome della piccola la fa ridere ancora di più quando incontra il lupo-mamma.

È libro per bambine fino ai 2/3 anni, direi. Un libro divertente e con immagini molto carine. Da comprare per una bella lettura teatrale, ma non con la speranza di far togliere il ciuccio!

Essere originali. Come gli anticonformisti cambiano il mondo di Adam Grant, Hoepli 2016
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Adam Grant è un esperto internazionale di risorse umane e tra i suoi clienti ha Google, Disney Pixar e le Nazione Unite. Di lui ho ascoltato anche una TED dal titolo Are you a giver or a taker?. Ho scelto il suo libro per il titolo e ho trovato all’interno una serie di riflessioni che avrei voluto incrociare qualche anno fa. Quello che lui dice – basandosi sempre su ricerche molto empiriche fatte sul campo – è che per avere idee originali bisogna produrne tante di idee; bisogna mettere in discussione le impostazioni predefinite e bisogna confrontarsi con mondi diversi, per creare quello che potremmo chiamare “apertura mentale”. Poi dice altre due cose interessanti sul generare e riconoscere idee originali che potrebbero essere applicate anche al gesto di prendere una decisione: 1) è preferibile procrastinare in modo strategico così che si possa adottare il pensiero divergente e lasciare alle idee (le scelte) il tempo di incubare; 2) bisogna imparare a bilanciare il portafoglio rischi: se si sta per correre un rischio in un determinato ambito, sarebbe meglio bilanciare la situazione esercitando una particolare cautela in un altro ambito.

Un libro perfetto per chi sta per compiere delle scelte rischiose o per chi vuole stimolare negli altri “l’originalità” che sia un bambino o un dipendente.

L’arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita di Alessandro D’Avenia, Mondadori 2016
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Questo è il primo libro che leggo di D’Avenia. Non è un romanzo. Non è un saggio. È una lezione narrata della vita e delle opere di Giacomo Leopardi. È un libro che vuole mostrare che la letteratura può mostrarti i passaggi della vita e spiegarteli e magari confortarti.
È un libro che ho amato per motivi molto diversi. Uno di questi è che D’Avenia scrive:
Una biografia assomiglia a una linea, ma una vita assomiglia a una spirale, il centro rimane nella stessa posizione e i minuti gli si arrotolano attorno, ora più vicini ora più lontani, in base alla fedeltà alla propria originalità.
A scuola noi studiamo la biografia di Leopardi, D’Avenia tenta (e ci riesce) di spiegarci la sua vita.

Un libro da comprare ai nostri ragazzi adolescenti e da regalare agli insegnanti che hanno voglia di entusiasmarsi ed entusiasmare.

La figlia femmina di Anna Giurickovic Dato, Fazi 2017
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Il pugno ti viene dato subito, perché si parla di abuso. Quello che succede dopo nel libro è cercare di capire, da parte di Silvia, la moglie e la mamma, come è possibile che “persone che condividono lo stesso tetto e abitano dentro comuni abitudini possano effettivamente vivere e sentire in maniera diversa, talvolta opposta, lo stesso identico attimo di vita.” Ho letto questo libro tutto d’un fiato, reprimendo lacrime e rabbia. L’autrice mi ha scaraventato nel mondo di Silvia e Maria (e Giorgio e Adele) e allo stesso modo, con forza mi ha messo alla porta chiedendo di non pensare più a loro e al loro dolore.

È un libro per chi ama scoprire qualcosa di sé attraverso la lettura, per chi crede che le storie possano essere un modo per affrontare proprie paure. È un libro che regalerei alle amiche lettrici.

Verrà il vento e ti parlerà di me di Francesca Barra, Garzanti 2015
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Un libro che racconta perfettamente l’appartenenza al Sud, alle tradizioni, ai pensieri magici, ai luoghi, alle relazioni familiari. Potrebbe ricordare La casa degli spiriti in versione lucana, sicuramente è un libro che ama le donne senza, comunque, mettere in secondo piano gli uomini; un libro che fa capire l’importanza delle origini, dell’appartenenza, non come un retaggio “meridionale” ma come un valore di cui non vergognarsi ma anzi da valorizzare perché prima o poi tutti abbiamo bisogno di sapere a “chi apparteniamo”.

È un libro da regalare a chi ama le belle storie sudamericane, a chi ama il Sud; a chi è nostalgico senza vergognarsene (come me, insomma!). Un bel libro da regalare alle amiche, magari a quelle che diversamente da noi sono rimaste lì, al Sud.

Il blu più profondo del cielo di Eric Minetto, InstarLibri 2016
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In questo libro c’è tutta la passione di Eric per la lettura (che spesso è salvifica) e per le biografie di personaggi che sono diventati scrittori, cantanti, attori noti a tutti. Ma quello che Eric fa – benissimo – nello scrivere di loro è scegliere un aneddoto, un co-protagonista o una vicenda secondaria e raccontare la loro essenza. Che goduria nel leggerlo! Tanto che ora ho voglia di leggere tutto Chatwin e vedere i film di Bruce Lee (o almeno il film sulla sua vita, suggerisce l’autore!).

È un libro per gli appassionati di biografie, ma soprattutto per chi crede che la lettura possa salvarti in alcuni momenti non proprio felici o illuminati della tua vita.

Acqua viva di Clarice Lispector, Adelphi 2017
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Clarice Lispector dipinge con le parole. Ho comprato questo libro perché credo nella grandezza di questa autrice pur non avendola mai letta. Ho letto, ho sottolineato (Ho ancora paura di allontanarmi dalla logica perché vado nell’istintivo e nel diretto, e nel futuro: l’invenzione dell’oggi è il mio unico modo di instaurare il futuro.), ma poi ho abbandonato. L’assenza di punti di riferimento (personaggi, luoghi, dialoghi) mi confonde, almeno in questo momento.

È un libro da leggere quando non si hanno molte voci in testa. È un libro da regalare sicuramente a chi ama il teatro.

Storie della buonanotte per bambine ribelli di Elena Favilli e Francesca Cavallo, Mondadori 2017
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Di questo libro se n’è già abbondantemente parlato. Dietro alla nascita del progetto c’è una storia molto bella, ovvero quella due donne che hanno raccolto soldi con il crowdfunding per realizzare un libro che potesse ispirare le “nostre” bambine con racconti di donne internazionali che hanno fatto qualcosa di speciale. È un libro interessante perché lo apri e trovi nomi sconosciuti e puoi continuare a cercare e capire di più di quella persona. Io l’ho fatto con Helen Keller e  mi sono emozionata. Non conoscevo la sua storia, e ora sì. Se io dovessi farne un appunto, non una polemica, ma solo un appunto (che poi magari è anche un suggerimento) è che avrei creato un libro anche per bambini ribelli. Non è detto che i “nostri” bambini conoscano davvero degli esempi di uomini interessanti. Anzi, probabilmente in questo momento storico sono più loro ad averne bisogno e io lo comprerei subito.

È una piccola enciclopedia da comprare per i nostri figli per scoprire insieme storie vicine e lontane, possibilità di vita e speranza di trovare il nostro posto nel mondo.

A Calais di Emmanuel Carrère, Adelphi 2016
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A partire da un unico particolare è possibile raccontare due versioni della storia completamente diverse: gli arrabbiati e gli accoglienti. Questo vuole dimostrare Carrère in questo reportage narrativo sulla “Giungla”, a Calais. Una storia che mi ha permesso di avvicinarmi a storie che penso di conoscere, ma che di fatto solo chi le vive, può capire davvero la sceneggiatura.

È un libro da leggere per chi, come me, vuole uno sguardo sulla realtà senza sensazionalismi.

Il viaggio di Lea di Guia Risari, Einaudi Ragazzi, 2016
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Lea è una bambina che cerca risposte. Lea e il suo gatto Porfirio fanno un viaggio “nella vita” per capire se si può sopravvivere al dolore e alla Morte. È una storia che ricorda atmosfere burtoniane da leggere tutto d’un fiato anche se non si è più ragazzi!

È un libro da regalare o comprare per figli, nipoti, figli di amici dai dieci anni in su. E anche a qualche adulto che ama le atmosfere dei film di Tim Burton.

Io non mi chiamoMiriam di Majguli Axelsson, Iperborea 2017
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Questo libro non l’ho finito, ma non per il libro in sé, ma perché ho trovato altro che mi ha attirato di più. È un libro però che ha molti significati: l’ho comprato perché ne ho sentito parlare da Michela Murgia e mi ha convinta; l’ho comprato in una libreria indipendente un giorno in cui veniva presentato il libro della mia amica Elena Varvello; leggo raramente i libri Iperborea e non avevo ancora notato il restyling delle copertine che è bellissimo.

La storia racconta di una donna che dopo aver vissuto una vita intera facendosi chiamare Miriam confessa alla sua famiglia che ha vissuto la vita di un’altra persona e che lei in realtà non si chiama Miriam.

Calendario civile a cura di Alessandro Portelli, Donzelli editore, 2017
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Libro acquistato perché quest’anno ho imparato che la Storia italiana è fatta da date che non sono per forza di colore rosso sul calendario. Un libro da tenere a portata di mano per poter imparare o ricordare da dove veniamo.

È un libro da regalare a tutti gli amici con anima civica.

La più amata di Teresa Ciabatti, Mondadori, 2017
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Ci sono libri che sembra siano stati scritti pensando a te. Quando incontri questi libri è difficile essere oggettivi e soprattutto fai fatica a consigliarlo ad altri. Sì, lo consigli, ma poi hai quella sensazione che un altro non può capire davvero il senso di quel libro, solo tu puoi, solo tu che hai ritrovato molto del tuo vecchio mondo. Questo libro ha una scrittura naturale che spesso è sinonimo di semplice, banale. In questo caso, la naturalezza è sinonimo di pulizia, di un gesto dello scrivere molto consapevole.

È un libro per chi ha vissuto almeno due vite, una prima e una dopo un certo evento. Io sono alla terza.

I difetti fondamentali di Luca Ricci, Rizzoli, 2017
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Io e Luca ci conosciamo da tempo. Ho sentito il suo primo racconto a Bardonecchia, anni fa. Mi piacciono tanto i suoi racconti (e anche i suoi romanzi, ma di più i racconti). Quest’ultimo libro di racconti mi è arrivato a casa e l’ho letto in treno. Ridevo sola, su quel treno. Perché tutti gli uomini descritti da Luca sono uomini che prima o poi incontri. O che già conosci. Anzi azzarderei dicendo che è un unico uomo in varie fasi della sua vita. I miei racconti preferiti sono: L’affittacamere, L’adultero e Il suggestionabile.

È un libro da regalare a uomini: marito, amico, fratello, amante. E alle amiche che ti chiedono: ma secondo te perché si comporta così?

Equazione di un amore di Simona Sparaco, Giunti, 2016
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Un romanzo rosa alla vecchia maniera. Leggendolo mi ha fatto venire in mente tutte le storie che ho letto in adolescenza di Maria Venturi: storie di amori e di conflitti. Storie di donne moderne. Quello che però ho pensato chiudendo il libro è che non conosciamo in profondità nessuno, neanche le persone più vicine per familiarità. E che andandocene è quasi sicuro che lasciamo pezzi di ricordi di noi in persone che custodiscono quei ricordi in solitudine.

È un libro da regalare o far leggere a chi ama i bei romanzi d’amore, a chi crede che “certi amori fanno dei giri immensi ma poi ritornano”.