Ex-Libris-0-5-5

Anno 0 | Numero 5 | Gennaio-febbraio 1997

Si può concepire un libro come un gioco? Si può pensare di scrivere con la manifesta intenzione di ridicolizzare i propri personaggi? Kundera con Amori ridicoli (Adelphi) risponde in modo esauriente a queste domande e a tante altre che nascono dalla lettura di questo piccolo e strano romanzo. Si avverte la sensazione di essere coinvolti in libro-gioco dove le soluzioni narrative non vengono mostrate secondo una rigida sequenza di cause ed effetti ma secondo una struttura ad incastri pilotata da equivoci ed errori di valutazione dei personaggi. All’interno delle scatole dei racconti è possibile assistere all’evoluzione contemporanea di singole storie e di una storia portante. Denominatore comune di tutti i racconti è il gioco dei personaggi: gioco che nessuno di essi sarà in grado di reggere sino in fondo; nessuno tranne il dottor Havel, figura di medico donnaiolo cara a Kundera, e Eduard, giovane insegnante, che per amore di una donna rischierà di perdere il posto di lavoro per alcuni comportamenti di ossequio a Dio palesemente compromettenti in un regime comunista. Esempio lampante delle assurde situazioni che si innescano per errori e coincidenze si ha quando l’assistente universitario protagonista del racconto Nessuno si divertirà grida opponendosi all’assurdo e al ridicolo dilaganti: “Ma che misfatto! […] Posso spiegare davanti a tutti come si sono svolte le cose. Se gli esseri umani sono esseri umani, dovranno riderne.” Il direttore dell’Università gli risponde: “Come vuole lei. Ma si accorgerà che o gli esseri umani non sono esseri umani o lei non sapeva cosa sono degli esseri umani. Non rideranno.” Accerchiato da tutte le istituzioni pensabili s’accorge di essere seriamente nei guai. Ciò che era stato valutato come una quisquilia diviene una valanga che lo travolge e lo costringe a cercare di salvare quanto una persona ha di più importante nella vita; nel caso in questione l’amore per Klàra lo porta al sacrificio di sé, ma proprio in quel momento lei decide di abbandonarlo per un altro uomo più vincente portando a compimento il carattere ridicolo e non tragico di questa storia, unica e vera consolazione per il povero assistente.

I racconti successivi rappresentano livelli ulteriori rispetto alla situazione or ora descritta: i due vitelloni del secondo episodio ci danno uno spaccato della complessa scienza della seduzione. Martin svolge la sua vita all’insegna del vessillo dell’eterna caccia alle donne, attività assoluta che richiede una dedizione totale e una conoscenza minuziosa e accurata del mondo femminile; l’altro personaggio del racconto (senza un nome come il protagonista del primo episodio) osserva nei minimi particolari Martin e realizza che egli si è innamorato del proprio gioco e non riesce più a conquistare realmente una donna. Il campo d’azione è illusorio e i due protagonisti finiranno per somigliarsi molto di più di quanto appaia all’inizio. Il terzo episodio Il falso autostop e il quinto Che i vecchi morti cedano il posto ai giovani morti presentano nuovamente personaggi che cadono nella trappola dei loro giochi quando la vita recitata muove all’attacco della vita reale. A reggere entrambe le storie è una combinazione illogica farcita di errori e fraintendimenti che nel falso autostop genera una rottura irreversibile tra i due fidanzati, nel quinto racconto genera un incontro sessuale all’insegna di volontà interne del tutto asimmetriche e casuali.

Nel quarto episodio troneggia la figura del dottor Havel, colui che è come la morte perché prende tutto; il Grande Collezionista di donne, vero interprete del proprio tempo in antitesi con Don Giovanni; il Grande Conquistatore sul quale pesava la colpa di peccare beffandosi di Dio.

Il romanzo si conclude con il sorriso di Eduard che si rende conto di quanto sia assurdo dire la verità; la sincerità non è una virtù. Discutere seriamente con i pazzi equivale a divenire pazzi. Dire la verità in faccia al mondo significa prendere sul serio qualcosa che non lo è affatto. Eduard si salverà dalla rovina grazie a questa comprensione tempestiva che risulterà naturalmente da una serie favorevole di coincidenze casuali.

Una massima ebraica recita: “L’uomo pensa, Dio ride.” Quando l’uomo pensa la verità sfugge e più pensa e più il pensiero dell’uomo si allontana dal pensiero dell’altro. L’uomo non è mai ciò che pensa di essere e questa consapevolezza costituisce l’assoluta modernità di Kundera, una modernità ridicola come gli amori di questo piccolo, perfido romanzetto.

Davide Mollica

 

“Signorina, vado dove mi pare. Sono un uomo libero e faccio quello che voglio e quello che mi piace.”

 

In libreria

kundera.jpgMilan Kundera
Amori ridicoli
Adelphi, 1994 (Collana: Gli Adelphi)
Traduzione di G. Dierna
250 p., brossura
€ 12,00

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Biografia di Milan Kundera

Scrittore ceco. Ha esordito come poeta (L’uomo è un grande giardino, 1953; Monologhi, 1957) ottenendo poi un vasto successo con le serie di novelle Amori ridicoli (1963, 1964).
Ha debuttato come drammaturgo nel 1962 con I proprietari delle chiavi, ambientato nel periodo dell’occupazione fascista.
Il suo primo romanzo, Lo scherzo (1967), è una satira violenta e dolorosa della realtà cecoslovacca negli anni del culto della personalità. A causa delle sue posizioni, i successivi romanzi di Kundera – La vita è altrove (1973), Il valzer degli addii (1975), Il libro del riso e dell’oblio (1978) – sono stati vietati in patria e pubblicati all’estero.
Storia, autobiografia e intrecci sentimentali si fondono ne L’insostenibile leggerezza dell’essere (1984).
Del 1987 anche il saggio L’arte del romanzo e L’immortalità .
Negli anni Novanta ha iniziato a scrivere in francese: a quest’ultima fase appartengono le opere La lentezza (La lenteur, 1995), L’identità (L’identité, 1997), L’ignoranza (L’ignorance, 2001) e i saggi I testamenti traditi (Les testaments trahis, 1992) e Il sipario (Le rideau, 2005).
Nel 2009 per Adelphi (il suo editore italiano di riferimento) è uscito il complesso Un incontro, sulla fisionomia del romanziere e la sua occulta, vitale, dolorosa fisiologia.
Del 2013 La festa dell’insignificanza, che può essere considerato una sintesi di tutta la sua opera. Una strana sintesi. Uno strano epilogo. Uno strano riso, ispirato dalla nostra epoca che è comica perché ha perduto ogni senso dell’umorismo.

La biografia è su wuz.it