I classici sono libri che quanto più si crede di conoscerli per sentito dire, tanto più quando si leggono davvero si trovano nuovi, inaspettati, inediti.

Le molteplici definizioni che Italo Calvino dava di «classico» sembrano calzare a pennello con The Wonderful Wizard of Oz di L. Frank Baum (George M. Hill Company, Chicago, 1900), romanzo per ragazzi conosciutissimo in tutto il mondo, ma nella maggior parte dei casi più per sentito dire, con somma fortuna di chi si riserva di leggerlo per la prima volta nelle condizioni migliori per gustarlo.

È la storia di una bambina semplice, che vive con gli zii in uno dei luoghi meno “appealling” dell’America rurale di fine Ottocento, il grigio Kansas, e un giorno si ritrova catapultata da un ciclone in una dimensione «altra», il coloratissimo Regno di Oz. Comincia allora un viaggio verso il cuore del Regno, lungo un sentiero dorato, per incontrare il mago dei maghi, Oz, l’unico che a detta di tutti può aiutarla nella sua quest… regnare su quel mondo? No, ritornare nel Kansas. A casa.

Con un linguaggio semplice e netto, come l’anima pura e determinata della protagonista, l’autore del Wizard, che si divertiva a intrattenere i bambini con un’appassionata pratica di storytelling e di teatro, ci accompagna in un mondo di magia, dove la favola tradizionale sopravvive nelle sue più ampie funzioni e nei suoi connotati più vasti di storia fantastica, ma un nuovo immaginario ci conquista.

Uno Spaventapasseri che ambisce a un Cervello per esser certo di pensare, un Boscaiolo di Latta sensibile alla necessità di avere un Cuore per amare e un Leone Codardo desideroso del Coraggio per diventare il Re della Foresta – o per lo meno sopportare l’esistenza – si uniranno a Dorothy in una ricerca di completezza che sarà resa possibile dalla solidarietà reciproca dei quattro amici.

wonderfulwizardo00baumialaIn quanto classico, Il meraviglioso Mago di Oz costituisce una ricchezza, una fonte parlante che non smette mai di dire quel che ha da dire, un bagaglio di universali che ritroviamo nella nostra umanità.

Forse è per questo motivo che una storia concepita per intrattenere i bambini senza il peso di finalità didattiche e moralistiche, trovò storicamente molte strade per farsi conoscere, dalle numerosissime traduzioni su carta stampata (una cinquantina in diverse lingue) agli adattamenti su altri media, in primis il teatro e il cinema (basti pensare al celeberrimo musical del 1939, con Judy Garland «over the Rainbow»).

In Italia la prima traduzione del capolavoro americano si deve all’attività editoriale della bravissima traduttrice Nini Agosti Castellani, che preparò per la S.A.S. di Torino la sua versione del Wizard negli anni in cui la censura fascista vigilava ancora sulla pubblicazione dei libri stranieri, finché nel 1944 vide la luce Nel Regno di Oz e negli anni immediatamente successivi le sue traduzioni di altri quattro volumi della saga. Ce lo insegna il professor Pompeo Vagliani, presidente della Fondazione Tancredi di Barolo e del MUSLI (Museo della Scuola e del Libro per l’Infanzia), che da anni studia la storia delle vicende editoriali legate al Mago di Oz in Italia e che di recente ha curato una mostra prodotta da GiustiEventi presso i MagazziniOz di Torino, per CasaOz, una casa che accoglie ogni giorno bambini e giovani che vivono in situazioni di malattia, e sostiene le loro famiglie. Una bellissima realtà dal nome ispirato non a caso a questo romanzo, i cui protagonisti cercano la felicità e percorrono la propria strada con determinazione e reciproca cura.

Illustrazioni originali, traduzioni rinnovate e nuove vesti editoriali non sarebbero credibili né significative se non attingessero a dei contenuti che ancora resistono al tempo e risuonano in noi, come la ricerca di un coraggio e di una self-confidence fondamentali per vivere e realizzarci, continuare a viaggiare e finalmente tornare.

Nadia Celeghini