Anno 1 | Numero 6 | Marzo 1998

Credo conosciate tutti la piacevole sensazione di aprire un libro e trovarlo zeppo di matitate. È un po’ come se ti servissero una coscia di pollo arrosto a cui manca un pezzo grosso come un morso, ben delimitato dal calco di una dentiera ignota. Se poi il libro in questione non è un volumetto leggero e scacciapensieri ma Filosofia dell’arte di Schelling e devi anche capirlo e spremerne del senso compiuto con cui convincere una commissione d’esame della tua preparazione, allora gli utenti della biblioteca che ti hanno preceduto su quelle pagine iniziano a starti davvero sullo stomaco. Ma tant’è… la priorità è rendere agibili gli sproloqui di Friedrich Wilhelm Joseph, dunque non re sta che armarsi di gomma (lunga, bianca, spessa, con la guaina di cartoncino) e cancellare pagina dopo pagina le sottolineature. Se le pagine sono oltre trecento e ti va di fare il pignolo, una volta tanto, be’, si tratta di spenderci tre o quattro giorni. Un bel lavoretto meccanico che impegna le mani e produce nella testa una strana sensazione di libertà e leggerezza e rende inclini ad appioppare a entità fittizie nomi, amicizie, destini, avventure, guai, professioni, pensieri… Così, dopo aver sbiancato Filosofia dell’arte a forza di sfregamenti e prodotto qualche etto di trucioli di gomma, studiare è l’ultima cosa che ti viene in mente. Ormai Silvano Biula e Mario Crono pretendono di essere scritti.

Insomma, la colpa è di chi si è accanito sul povero Schelling, altrimenti a chi sarebbe venuto in mente di raccontare di un criminale così innocuo come il Sottolineatore Solitario? A me no.

E invece eccomi quattro anni dopo a contemplare con la lacrimuccia in canna un’anticipazione di copertina con su scritto

Marco Bosonetto

IL SOTTOLINEATORE SOLITARIO

struzzo

(scusate ma disegno malissimo, non si riconoscerebbe la bestia)

A dir la verità non è che mi sia inventato tutto in tre o quattro giorni di cancellatura, anzi, sono bastati appena per il primo capitolo. Ma sapete com’è, ci ho preso gusto. Così, oltre alla coppia di bibliotecari-detective Biula-Crono e al loro inafferrabile rivale squartalibri, mi è piovuta nel disco rigido una prostituta che assiste a un omicidio e viene inseguita dalla polizia in quanto probabile colpevole, dai veri assassini perché potenziale testimone e da un magnaccia che non tollera l’assenteismo; e naturalmente, appena l’ha vista, Silvano Biula s’è offerto di aiutarla. Secondo fini? No, no. Lui è innamorato di Viola Evaga, scherziamo? E Viola Evaga non è il tipo da tirarsi indietro di fronte alla possibilità di vivere un’avventura autentica, “con tanto di fischiar di proiettili e paura in abbondanza, da rendere acquoso l’intestino”.

Presentare tutta la marmaglia che li accompagna, assiste, ospita e depista nel corso di questo complicato salvataggio sarebbe lungo, perciò non lo faccio. E poi le fughe di Silvano Biula e tribù sono solo la metà del Sottolineatore Solitario. L’altro mezzo ha come protagonisti uno scrittore le cui opere vengono inghiottite dall’immondizia a causa del “furore rassettatorio” della moglie, uno spazzino che non si dà pace per la brutta fine che è costretto a far fare ai rifiuti, un presidente della repubblica che ogni settimana visita l’immensa discarica della capitale per leggere “l’oroscopo alla patria” e una callista innamorata dei piedi sbagliati.

La mia preoccupazione è stata innanzi tutto quella di scrivere un libro che si leggesse per “veder come va a finire”, disseminando però attriti e resistenze, perché non scivoli via senza lasciare traccia: un’esperienza camuffata da passatempo, insomma. Le mie bussole in questo tentativo sono stati Daniel Pennac e Kurt Vonnegut. Spero di esserci riuscito.

“Bei tempi Silvano Biula! bei tempi! Ora i bibliotecari corrono come lepri. E chissà se potranno mai fermarsi.”

L’autobiografia nel 1998

Sono nato a Cuneo nel 1970. Nonostante o forse a causa della laurea in filosofia mi guadagno da vivere facendo il traduttore. Il Sottolineatore Solitario è il primo libro tutto mio. In volume sono apparsi finora due miei racconti su altrettante antologie: Jazzin’ Gerico (Racconti? I Quelles Nouvelles, Scriptorium, Torino 1994) e I bibliotecari correvano come lepri (Anticorpi, Einaudi, Torino 1997), che è un episodio del romanzo. Canto e suono il flauto in un gruppo che si chiama Nervitesi.

La bio nel 2018

Marco Bosonetto è uno scrittore italiano. È nato a Cuneo nel 1970, ha esordito nel 1988 con Il Sottolineatore Solitario (Einaudi). In seguito ha pubblicato altri tre romanzi e una raccolta di racconti, uno dei quali è diventato il film Due vite per caso, di Alessandro Aronadio, presentato al Festival di Berlino nel 2010. Per i lettori più giovani ha scritto Uffa, cambio genitori! (Einaudi Ragazzi, 2011) e L’economia è una bella storia (Feltrinelli Kids, 2013). Nel 2015 pubblica con Piemme il romanzo Un’ora sola.

 

Una pagina da “Il sottolineatore solitario”

N’era rimasto uno solo, unico instancabile sottolineatore giocava con noi a guardie e ladri fra le lettere, appiattendosi dietro esili tronchi di elle, nelle scollature delle u, o infrattato fra cespugli di effe. Io m’ero affezionato ormai a quel rincorrersi: aprire un libro e trovare le orme di grafite mi dava l’impressione di essere sulle tracce di un vecchio amico dall’andatura caracollante. Per Mario Crono era diverso: aveva dato la caccia ai sottolineatori per ventidue anni, dal suo primo giorno da bibliotecario; cancellando le sottolineature con gomme bianche che non lasciavano segni, s’era incallito le dita e indolenzito le braccia tenendo tese le pagine perché non si spiegazzassero.

E nel frattempo sognava una macchina perfetta per controllare ogni libro, ogni lettore, per schedare tutti i sottolineatori: gli occasionali, i recidivi, i maniaci, i seriali, i timidi dal tratto appena visibile e gli iracondi che quasi squartavano la carta, i sadici selettivi che infierivano sulla stessa parola per migliaia di pagine e i sottolineatori random che non risparmiavano nemmeno l’indice e il copyright. Sognava una Norimberga dei crimini contro i libri, un processo luculliano di cui sarebbe stato pubblico ministero, giudice, medico legale, perito di parte e giuria popolare, cancelliere, testimone e cronista, e della barbarie della sottolineatura sarebbe svanita anche la memoria.

E il suo sogno s’era avverato, in piccolo s’intende, ma s’era avverato. Mario Crono aveva conquistato in fretta la fiducia del direttore della biblioteca: un uomo dalla pigrizia oceanica, che assecondava ogni sua proposta pur di risparmiarsi la fatica di pensarci su. Ogni bibliotecario diventò un cacciatore di sottolineatori. Si iniziava con l’addestramento di cancellatura…

Il libro nel 1998

Marco Bosonetto
Il sottolineatore solitario
Einaudi 1998
pp. 159

L. 20 000

 

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