Anno 1 | Numero 4 | Dicembre 1997

In una zona dell’agro di Galtelli, nel nuorese, Grazia Deledda ambienta il suo più famoso romanzo Canne al vento. L’opera della Deledda segue la scia del verismo, allontanandosene progressivamente per sviluppare sempre più un interesse per la rappresentazione di situazioni psicologiche tormentate, basate su vicende di dolore, d’amore, di morte, situazioni dove dominano il senso religioso del peccato e la consapevolezza dell’ineluttabilità del destino.

In una Sardegna magica, al tempo stesso tetra e diffidente delle novità del continente, gli spiriti e i folletti abitano “certe grotte sui monti di Nuoro, che si erede comunichino con l’inforno. Le immagini delle feste di paese comunicano un’atmosfera surreale; col calar del sole appaiono anche strane “fate maligne ed infernali” che in virtù erano forse donne malvagie. Accanto ad esse tanti personaggi reali a partire da Efix, servo delle dame Pintor “seduto davanti alla sua capanna, sulla collina dei Colombi. Da questo primo personaggio e dal suo desiderio di espiazione per l’omicidio involontario del suo padrone Don Zame, si apre lo scenario sulla famiglia Pintore sulle sue numerevoli disgrazie. Ruth, Ester e Noemi, le tre figliole del padrone a cui Efix dedica tutto se stesso; e Lia la quarta sorella Pintor, fuggita sul continente per sottrarsi alla durezza del padre, aiutata da Efix – segretamente innamorato di lei – morta dopo essersi sposata ed aver dato alla luce il figlio Giacinto.

Ormai adulto proprio Giacinto arriva improvvisamente a turbare la malinconica tranquillità delle zie, la contemplazione del tempo passato e della giovinezza sfiorita di cui solo Lia ha assaporato le gioie.

Intorno a questi personaggi, ne ruotano altri: Grixenda, la giovane innamorata di Giacinto; e Don Pedro, cugino delle tre sorelle che le vorrebbe aiutare, ma contro il cui ostinato riserbo è costretto a scontrarsi e, solo alla fine, sposando Noemi, riuscirà a salvarle dalla rovina.

Efix non è il prototipo del protagonista intraprendente, ma di un servo che cerca di espiare le proprie colpe attraverso la totale dedizione per le sue padrone; uomo umile che cerca dì tenere in piedi quel che resta della famiglia, del patrimonio, della casa ormai in rovina – perno della vita comunitaria, segno della fragilità degli uomini. Ed eccoli dunque questi personaggi fragilissimi, vittime del loro destino e delle loro passioni: Efix che uccide Don Zame e desidera Lia; Giacinto che non sa accettare le regole dell’onestà; Noemi che prova una morbosa attrazione per suo nipote. Tutto questo in una cornice, quella della Sardegna, che altro non è che un punto di partenza per questo viaggio dell’anima – lo stesso che coinvolgerà Efix dopo aver incontrato Giacinto a Nuoro – un viaggio della coscienza per ritrovare ì segni del passato, dell’antica colpa per una rinascita spirituale.

Le canne scosse dal vento, come a mettersi in guardia vicendevolmente contro il pericolo, simboleggeranno ancora una volta la fragilità del destino umano; che può resistere ai colpi della fortuna avversa come fanno appunto, le canne al vento. Rivelano parole d’avvertimento, di preghiera, di introduzione a un mondo magico ove si mescolano mitologia e folclore, magia e religione, precarietà dell’esistenza umana.

Elvira Raimondi

“Le sembrava d’esser svenuta, come quel giorno, e che le lagrime fossero quelle di Giacinto; e le sorbiva come il succo di un frutto acre.”

Grazia Deledda nasce a Nuoro nel 1871. Non fa studi regolari ed esordisce giovanissima come narratrice su un periodico di moda. Canne al vento esce a puntate su “L’Illustrazione italiana” di Treves nel 1913. Tra le altre opere della Deledda ricordiamo Elias Portulus, Cenere, La Madre. Nel 1926 ottiene il Premio Nobel per la letteratura. Muore a Roma nel 1936.

Il 10 dicembre 2017 Google la omaggia con un doodle.