Anno 1 | Numero 4 | Dicembre 1997

La storia de Il ribelle di Veritas parte da una non improbabile città del futuro, Veritas, per arrivare al suo esatto contrario Satiriev, città sotterranea e irraggiungibile, utopica almeno quanto il suo contraltare: Veritas che, come lo stesso nome anticipa, è la città dove è assolutamente necessario dire la verità, pena il non accoglimento sociale. Verità detta a tutti i costi anche quando può “veramente” rare male. Ed è sullo sfondo apparentemente facile che James Morrow dipana i so-t-tintesi scopi del suo libro: nessun estremismo, né la verità più: amara, né la più salace menzogna è adatta al comportamento sociale, c’è sempre il bisogno di mediare tra bugia e verità, tra falsità e asprezza. Protagonista e indissolubile elemento unificatore è Jack Sperry, critico decostruzionista che si occupa della distruzione delle più grandi opere del passato contenenti assurde “falsità”. Jack Sperry, alter ego di James Morrow, compie il passaggio iniziatico e speculare da Veritas a Satiriev per cercare di salvare la vita al figlio. Figlio paradossalmente affetto da un morbo mortale in seguito al morso di un coniglio. La vita di suo figlio è in pericolo e Jack Sperry non sa comportarsi come sua moglie ben avvezza alla semplice accettazione della verità. Da questo punto del romanzo parte la deriva morale ed etica che il “decostruzionista” proverà in prima persona e poi sulla pelle dei suoi amori più vari.

Utopia negativa, contraltare alla comune morale, morale distorta in due sensi che sì ricongiungono a sottolineare il male e le difficoltà: della comunicazione, su qualsiasi piano e in qualsiasi modalità avvenga. Raccontare di utopia e antiutopia. Sincronico fluttuare di immagini evocate da parole che non nascondono il riflesso dei nostri giorni. Speculare dramma interiore che attraversa la società odierna, così attenta agli scopi della sua comunicazione, ma sostanzialmente falsa nella verità come nella bugia. James Morrow non si preoccupa di nascondere, attraverso Jack, i piccoli e grandi fraintesi evocati dalla società di massa. La posizione insostenibile dell’individualismo anche nella chiosa finale. Riflesso di preoccupazioni spontanee e attualissime, raccoglie nel suo periodare breve e conciso frasi e esemplari per chiarezza e simbologia, la naturalezza della verità e il deforme della bugia, ma sa anche dimostrare quanto entrambe siano l’una all’altra complementari per riuscire a stabilire la possibilità dell’interazione, lo scambio reciproco, senza essere né troppo falsi né troppo veri. Semplicemente se stessi. A caso sfogliamo le pagine e troviamo frammenti di discussioni sparsi a considerazione che -vale la pena citare “Lunedi: di nuovo al lavoro, la carne come piombo, il sangue come mercurio liquido. Avevo passato la settimana precedente chiuso nella piccola saletta di proiezione del Wittgenstein, a esaminare il frutto dei giorni felici di Hollywood e confermando i sospetti degli archeologi che quelle opere narrative non contenevano neppure un fotogramma di verità”. Grottesca ironia del far bene il proprio lavoro, di sfogliare la memoria collettiva un po’ come in 1984; ma qui si procede per citazioni solo per dare forza alla storia, per inquadrarla in una fascia di cultura comune: soprattutto per ironizzare sul tentativo mai riuscito a tutti quei censori di chiudere le bocche e di cucire gli occhi, di tappare i cervelli e non farli discutere. Sembrerà strano a chi non è addentro all’universo multiforme della Fantasy o della Fantascienza ritrovare allusive metafore in un genere da sempre definito di serie “h’’ o addirittura “zeta”. Non dimentichiamo quanta parte dell’universo mitologico abbia attinto a piene mani alla fonte degli scrittori che ora si preferisce chiamare “pulp” sull’onda mediatica che non condividiamo appieno o addirittura “trash”. Ebbene, è dalla spazzatura di un libro come Do the androids dream of eletric sheep? di Philip K. Dick che è nato “Blade Runner”, film culto di Ridley Scott, adorato dai maniaci del genere e non solo da loro.

Invitiamo semplicemente a leggere Il ribelle di Veritas non foss’altro che per iniziare il neofita a un discreto libro di fantascienza; facendo in modo che il lettore non si accorga di essere su quel binario e facilitando l’arduo compito di sibillare frasi appena imparate, un po’ difficili, ma non troppo, comunque adatte a una fruizione comune, libera, “veramente” divertente e al contempo piena di spunti atti alla riflessione.

Virginiano Spiniello

 

James Morrow è nato e cresciuto nei sobborghi di Filadelfia. Ha frequentato la Abington High School dedicandosi nel tempo libero a produrre, insieme ai suoi amici, diversi corti cinematografici di genere fantasy. La sua passione per il romanzo satirico e filosofico deriva in buona parte dai romanzi che ha studiato nel corso di letteratura alle scuole superiori. 
Dopo aver conseguito un BA alla University of Pennsylvania e un master all’Università di Harvard, Morrow ha trovato lavoro nel sistema scolastico dell’area di Boston come instructional materials specialist .

Pubblica il suo primo romanzo Gli orrori di Quetzalia (The Wine of Violence) nel 1981. Tra le sue opere più note si segnala la trilogia chiamata Ultimo Viaggio di Dio (Towing Jehovah). Il primo capitolo, L’ultimo viaggio di Dio (Towing Jehovah, 1994), narra di come il corpo di Dio, di razza bianca, lungo due miglia e con la barba bianca, venga ritrovato nell’Oceano Atlantico.

 

ll libro nel 1997

James Morrow
IL RIBELLE DI VERITAS
Editrice Nord 1997, pp. 151
L. 18.000

Il libro attualmente è fuori catalogo ma potete acquistarlo qui