Anno 1 | Numero 9 | Giugno 1998

È da pochi giorni in libreria (giugno 1998, ndr) la ristampa de La cugina (Avagliano, pp. 198, L. 19.000), romanzo che è considerato il capolavoro di Ercole Patti, uno degli scrittori contemporanei di maggior fascino, Dall’introduzione di Sarah Zappulla Muscarà riportiamo il seguente brano, per gentile concessione dell’Editore.

 

Ne La cugina, “un piccolo capolavoro dove come in certe pitture di Matisse e De Pisis tutto un mondo vive appena sfiorato dai pennelli” (Mario Soldati), deposto l’impietoso tono satirico che talora affiora dalle opere precedenti, Ercole Patti si fa pensoso, quasi: assorto, indugiando sull’estenuato esercizio del piacere, sulla coscienza del vuoto dopo l’esaurirsi della tensione dei sensi, sul malinconico affannarsi degli uomini. […]

L’amore nel romanzo si configura come momento totalizzante, essenza della condizione stessa dell’esistere. Ed è istinto primordiale, naturale, che si manifesta nell’intemperante sessualità, nella lussuria, nel gusto della trasgressione incestuosa, nel libertinaggio; o che si sublima nell’intellettualistico vagare in incontaminate purezze, nella delirante ma funerea bellezza della natura siciliana. “Surgit amari aliquid medio de fonte leporum” scrive Orazio. Ma è soprattutto amore per sé, egoità che esclude l’altro dopo l’amplesso vorace. […] “Non esiste modo migliore per familiarizzarsi con la morte che di legarla a un’idea libertina”, annota il marchese de Sade.

L’episodio richiama luoghi pasoliniani, dove la smodata pratica sessuale si configura: come tragedia dell’io, ricerca ed affermazione della diversità, fuga dall’omologazione che annichilisce. Pasolini lettore di Boccaccio alla cui memoria è ascrivibile l’irrinunciabile amplesso degli amanti consumato a tergo sotto gli occhi dell’ignaro marito.

Amanti da sempre Agata ed Enzo, fin dall’adolescenza, con stupefacente tenacia pur nel progressivo affievolirsi del desiderio. E fin dell’adolescenza compiuti, immobili. Agata tredicenne tra le braccia del diciassettenne cugino Enzo insegue il progetto del prestigiose matrimonio “con il piccolo e ricchissimo barone di San Leonardello”. Invidiata baronessa di San Leonardello, sensuale amante del cugino fino al punto estremo di quel pirandelliano cupio dissolvi che costituisce la cifra autentica della sua vita. Enzo, prima studente e poi aristocratico signore di campagna, sempre frequentatore assiduo di ballerine, prostitute, donne altrui, giacché il piacere si acuisce soltanto nel violare una legge morale, un costume, e dalla violazione quel gusto della morte che Georges Bataille individua quale fonte inesauribile dell’eros. Eros come risveglio dalla sonnolente, noiosa vita borghese nella piatta atmosfera di provincia catanese, ebbra di luce, “miele torpido”, ed eros come oblio della solitudine.

Il desiderio erotico dietro cui si cela la pulsione di morte, perenne bisogno di una soddisfazione infinita che la realtà non può offrire, intrinsecamente inappagato ed inappagabile, tende alla realizzazione di sé nella riproduzione ossessiva dei suoi segni, divenendo, scrive Peter Brooks, “l’ispiratore e la causa di azioni il cui significato rimarrà sempre escluso dalla coscienza, in quanto ogni interpretazione delle sue costruzioni compensatorie rimane ad essa inaccessibile.” Da tale freudiana condizione, più volte ribadita e denunciata da Patti, seppur talora nei modi di un raffinato rovesciamento parodico della tragedia dell’io, cristallizzato nella forma di una fatale inettitudine, i personaggi, a qualunque classe sodale appartengano, condannati alla coazione a ripetere, sono sospinti verso un comune destino di irrazionale sensualità. Opulenti borghesi e umili famiglie, complice il costume antropologico e sociale di un’isola che sul mito della virilità ha costruito la sua immagine passionale e luttuosa, si affaticano nell’irrinunciabile convulsione della carne che si configura come unica febbrile attestazione di vita di una variopinta umanità, circoscritta nell’ambito dì una mediocrità sofferente o incurante che, nonostante i luoghi del romanzo, Catania e la sua provincia, è riconducibile a ben più vaste coordinate storico-geografiche.

Sarah Zappulla Muscarà

 

Ercole Patti (Catania 1903 – Roma 1976), dedicatosi fin da giovanissimo al giornalismo, fu inviato speciale e collaboratore di autorevoli quotidiani (Corriere della Sera, La Stampa, Il Tempo, Il Messaggero), critico cinematografico, sceneggiatore, commediografo, Tra i suoi romanzi e racconti più noti e apprezzati: Il punto debole, Giovannino, Un amore a Roma, La cugina, Un bellissimo novembre, L’incredibile avventura di Ernesto, Graziella, Diario siciliano, Roma amara e dolce, In riva al mare, Gli ospiti di quel castello da alcuni dei quali furano tratti film di successo.

In libreria

Ercole Patti
La cugina
Avagliano, 1998
Collana: Il melograno
208 p., brossura
€ 12,00

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