Anno 1 | Numero 3 | Novembre 1997

Da molto tempo la foresta accompagna l’uomo. Prima eravamo nomadi, giravamo al seguito delle grandi mandrie su pianure ghiacciate. Ma a un certo punto ci siamo dovuti fermare: lo sviluppo inesorabile della vegetazione ha mutato la nostra storia e il nostro destino.

Nel mio romanzo ho immaginato che il passato dell’uomo – il confronto costante con una presenza vegetale che non si può controllare – sia anche il suo futuro. Alcuni indizi lasciano pensare che ciò possa essere esatto. Nonostante il disboscamento selvaggio, in molte parti del mondo la vegetazione, a causa delle mutazioni climatiche, si sta sviluppando in modo insospettabile.

Nei secoli l’immagine della foresta ha colonizzato la mente e il linguaggio degli uomini coi suoi molteplici aspetti: luogo di tenebre, pauroso, sede di streghe, di predoni, di demoni fronzuti; luogo di libertà e meraviglie, in cui trovavano rifugio i fuorilegge buoni, quelli cattivi, ma anche gli eremiti e i santi erranti; luogo in continua trasformazione, immagine naturale del labirinto, sede ideale per l’avventura e la conoscenza.

Ne La Foresta Finale una selva incontrollabile invade il pianeta, colonizza il mare e si espande oltre l’atmosfera. Provoca mutazioni traumatiche alle altre forme di vita. Le comunità, sottoposte a forti sollecitazioni, reagiscono in modo estremo: gli umani che sopravvivono si dividono tra Kamikaze, che si sacrificano pur di distruggere la foresta, e Adoratori, che invece la venerano come divinità suprema.

Le prime cento pagine del libro si svolgono sott’acqua: un vecchio e una scimmia vagano a bordo di un sommergibile, alla deriva nell’illimitato. Sperimentano un’esistenza duttile e mutevole, seguiti da tremanti cortei di plancton, simili a scie di anime in volo. L’inizio della terza parte del romanzo, invece, vede il mondo invaso dal deserto, o meglio: la foresta e il deserto lottano per il possesso del mondo. Acqua, foresta e deserto sono dunque i tre ambienti in cui si sviluppa la narrazione.

La Foresta è il luogo dell’irriducibile anomalia, la zona viva di ciò che non può essere descritto – e quindi non può essere semplificato. Per l ‘uomo che vaga tra gli alberi sacri come colonne – sia esso un eremita, un fuorilegge, o addirittura un eremita fuorilegge – o che striscia sotto i cespugli dannati, la realtà non deve essere descritta ma trasformata. Qui logiche non lineari percorrono il magnifico squilibrio della Natura.

Il Deserto è il luogo pre-umano e post-umano che sgretola i sistemi chiusi, che porta all’evaporazione la pretesa di aderire al reale circoscrivendolo. Infatti la conoscenza procede senza aderire, avanza per balzi, come i canguri sulle dune.

L’Acqua è il luogo del movimento; implica la mutazione continua della forma. Qui le figure possono, in un istante o per l’eternità, essere unificate o viceversa moltiplicarsi: e questo è il tempo. Ma l’acqua è anche un tramite per la nascita della vita: e la vita è una delle forme del movimento.

Il vecchio e la scimmia, abbandonato il mare, incontreranno una donna, due uomini e un gatto, in cammino attraverso nuvole di polvere e ruggine, sciami di plancton volante, profeti meccanici in pellegrinaggio nel deserto, fantasmi fosforescenti animati dalla tecnologia. Insieme, in una situazione di violenza universale, cercheranno di risolvere il mistero che si cela dietro la divisione degli umani, forse fittizia, tra Kamikaze e Adoratori.

Nel frattempo i quattro elementi – aria, acqua, fuoco e terra (che non a caso Empedocle chiamava ‘radici’) – diventeranno sempre più simili, quasi indistinguibili. Fino alla creazione di un unico luogo, in cui scavare, bruciare, nuotare e volare allo stesso tempo. Ma quella che sembra un’apocalisse è in realtà una genesi. Alla fine del romanzo, il mondo è sul punto di cominciare.

 

La bio del 1997

Enzo Fileno Carabba è nato a Firenze nel 1966. Presso Einaudi ha pubblicato Jakob Pesciolini (1992) e La regola del silenzio (1994).

La biografia nel 2017

Enzo Fileno Carabba (Firenze, 1º maggio 1966) è uno scrittore italiano. È autore di romanzi e racconti fantastici e noir. Ha vinto il Premio Calvino 1990 con il romanzo Jakob Pesciolini. È inoltre autore di libretti d’opera, di sceneggiature radiofoniche e di racconti per ragazzi. L’ultimo romanzo pubblicato è La zia subacquea e altri abissi famigliari, 2015, Mondadori, Milano.

Il libro nel 1997

Enzo Fileno Carabba
LA FORESTA FINALE
Einaudi 1997, pp. 359 L. 28.000

Oggi in libreria

Enzo Fileno Carabba
La foresta finale
Einaudi, 1997

Collana: I Coralli
376 p., brossura
€ 14,46

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Una pagina da “La foresta finale”

 

Prologo 1

Le astronavi transitavano in lungo e in largo attraverso la sterminata mente di Dio. Luccicavano di una linfa organica che sgorgava pigramente dai barocchi motori. Superavano tutto. Fendevano lo spazio interstellare, l’acqua e la terra senza registrare differenze significative tra gli elementi. Nuotavano, volavano e scavavano al tempo stesso.

 

Prologo 2

«Credo in una sola Pianta, Madre Onnipotente, creatrice del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in una sola Signora, la Foresta, nata dalla Madre prima di tutti i secoli: Seme da Luce, Luce dalla Linfa; generata, non creata; dalla stessa sostanza della Madre; per mezzo suo tutte le cose sono state create».

(Credo degli Adoratori)

 

Prologo 3

Credo che l’erba verde, grigia e gialla del prato, con la sua viva mitezza, con i suoi insetti inesplicabili, quel giorno attendesse noi. Io e Walter camminavamo tra gli steli e i funghi novelli – prataioli chiamati alla vita da qualche energia minore – e adoravamo l’aria che sapeva di fuochi e di terra. Avevamo quattordici anni. « […] Transitavano in lungo e in largo attraverso la sterminata mente di Dio. Superavano tutto. Fendevano lo spazio, l’acqua e la terra senza registrare differenze significative. Nuotavano, volavano escavavano al tempo stesso. Gli elementi erano perfettamente fusi, vanificati. Tutto era finito.

Il mondo stava per cominciare».