Ex-Libris-0-5-10

Anno 0 | Numero 5 | Gennaio-febbraio 1997

Esistesse la categoria, “Ritratto di signora”, di Jane Campion, si potrebbe definire a buon titolo “film per sole donne”. Esistesse un genere, si chiamerebbe: pornografia sentimentale.

L’evidenza, come è noto, è sempre oscena, quella dei sentimenti, poi, lo è a tal punto, da richiedere particolari cure nel dissimularla, nel far finta che no: non c’è. Così, dalla foglia di fico alla Regina Vittoria, tutto si tiene.

Quel che lega la foglia alla regina è un nesso oscuro, su cui continuano a scorrere fiumi di inchiostro e metri di pellicola senza che né la letteratura da sempre, né il cinema dacché c’è, riescano a dire più di tanto a chi si limita a stare al mondo e per via di tutta quell’oscurità la vita gli si ingarbuglia e sta tutto il tempo come dentro una nebbia.

Dell’omonimo romanzo di Henry James il film riproduce, come usa dire, le atmosfere, e felicemente le immagini rendono la sensualità astratta, la freddezza attenta e incolore della prosa dell’americano più inglese che c’è. Aggiungete una bella repressione sessuale (siamo in Inghilterra, e poi in Italia, nel 1872); le maglie strette delle convenzioni sociali; quelli che amano e quelli che tramano intorno a una che per comodità chiameremo eroina; giustapponete un finale che lasci le cose come stanno e non premi nessuno (perché tutti sono infelici per qualcosa e tutti in definitiva restano tali) e avrete: il ritratto fedele, che fedele non è, di una verità che come il senso di una vita, non sta da nessuna parte.

Perciò, signore care, se non gradite sentirvi messe a nudo, non lo fate: non andate a farvi ritrarre dalla Campion via James. Se invece vi garba una rinfrescatina alla memoria (ché una memoria per certe cose l’avete di sicuro, benché fingiate di non conservarne alcuna), allora, accomodatevi: avete ventitré anni, l’aria di una che ha studiato e bramate conseguire, come si consegue un diplomino, quella che si dice una generale impressione della vita. Di professione siete nipote americana di uno zio straricco, così nobile d’animo da sembrare inglese e v’ama senza speranza il vostro tubercolotico cugino il quale, in nome dell’improbabile – la speranza è “attesa dell’improbabile” -, convince papà a testare in vostro favore (ma è nobile anche il cugino e dunque, voi che siete ‘ giovane, tonta e impressionabile, venite a saperlo solo a quattro o cinque fotogrammi dalla fine, vale a dire: troppo tardi). Siete bella, sicuro, sensuale come una gatta (ma non lo sa nessuno data l’epoca), e corteggiatissima: da due superpolli che aggiunti al pollo-cugino fanno tre. Ma non volete scegliere perché temete di rinunciare a qualcosa (anche se voi non sapete esattamente: a che cosa). Voi, in altre parole, volete tutto.

Ecco, lo zio tira le cuoia e vi ritrovate immensamente ricca. Molti soldi non danno un’identità (tranquille, voialtre in sala: un lavoro ne dà una), però aiutano, e voi girate il mondo. Girate, girate ma è come se rimaneste sempre in una stanza, e vi bevete ogni cosa. Vi bevete, ad esempio, tutto quello che vi dà a bere una Madame ancora bella, per il solo fatto che vi pare impressionata dalla vita quanto basta. Così, tramite suo, vi lasciate impressionare dallo stesso arido esteta che ha impressionato lei. Sposate Osmond – uno strepitoso John Malkovic – che vi rende infelicissima. Ma voi non lo date a vedere, e coi polli di un tempo, che ancora incocciate, fate come facevate: mentite, non si capisce per quale oscura ragione. Domanda: siete poi così tonta, voi?, non è che vi piaccia, in fin dei conti l’orlo dell’abisso? D’altronde: “Adoro i fossati”, dite due volte. Ma in definitiva anche quelli che vi circondano hanno tutti una ragione, altrettanto oscura, da opporre alla loro inapparenza: Osmond per dirsi innamorato e non lo è; vostro cugino per non sembrarlo quando invece lo è; la vostra madame per odiarvi mostrandovi affetto e non ne nutre; la vostra figliastra per mostrarvene meno di quanto meritereste, ammesso che voi ne meritiate, e così via; è tutto un compiacersi l’un l’altro compiacendo alla menzogna, regista e signora dell’insieme. Chi più dissimula più seduce e chi più seduce ha più potere e il potere su un’anima dà una specie di ebbrezza. Quel che si dice: un drammone. Roba d’altri tempi: il compiacere, la reticenza, la sottomissione, non fanno più parte del vocabolario delle donne d’oggi.

Ma del loro immaginario ancora sì. Come pure: quell’ebbrezza lì.

Lo sussurrano alcune voci femminili fuori campo che la Campion, forse per pudore, sbriglia sul nero dei titoli di testa, voci sfuggite come un lapsus dal corpo del film: dicono un bacio e che si prova. Dicono amore. Seguono anonimi ritratti di signora.

Laura Mauriello

Il film

Ritratto di signora (Portrait of a Lady)
Regia: Jane Campion
Interpreti: John Malkovich, Nicole Kidman, Barbara Hershey, Valentina Cervi, Martin Donovan, Christian Bale
Paese: Stati Uniti
Anno: 1994

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Il libro

jamesHenry James
Ritratto di signora
Einaudi, 2006 (Collana: ET Classici)
Traduzione di C. e S. Linati
p.626, brossura
€ 14,50

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