Anno 1 | Numero 7 | Aprile 1998

Pubblicato nel 1987 in lingua catalana, La voce melodiosa è l’ultimo romanzo della scrittrice barcellonese Montserrat Roig, scomparsa prematuramente nel 1991.

La storia narrata è ambientata a Barcellona e si sviluppa lungo un arco di tempo che va dalla fine della guerra civile spagnola agli anni ’60, momento in cui iniziano a prodursi le prime rivolte studentesche nelle università in opposizione al regime franchista: il racconto riguarda dunque una realtà contemporanea vissuta in prima persona dall’autrice, la quale però effettua una scelta narrativa precisa che le permette di avviare una riflessione critica sul proprio tempo storico, uscendo dai confini strettamente autobiografici. La Roig si affida ad una struttura narrativa tutt’altro che semplice che riesce ad assicurare quasi costantemente una poliedricità di prospettive su un argomento ampiamente sfruttato dalla narrativa spagnola contemporanea – ossia il disagio delle giovani generazioni sotto la dittatura ed il loro modo di ribellarsi ad una realtà sociale e culturale sclerotizzata, adottando molto spesso il marxismo come ‘arma’ ideologica. Il grande merito del romanzo risiede nel ‘giocare’ con livelli narrativi sovrapponibili che tendono a contare la storia narrata in bilico tra realtà e mito, fra riferimento storico e azione simbolica, liberandola in questo modo dalla circoscritta congiuntura storico-politica a cui comunque è legata e conferendogli un respiro più ampio che non quello della stretta riflessione personale.

La narrazione sin dal principio muove verso un piano mitico, quasi fosse una favola: la nascita del protagonista- il cui vero nome il lettore non saprà mai, dato che lungo il racconto lo si chiamerà Espardenya (equivalente in catalano di ciabatta). L’atmosfera è estraniante, carica di presagi che si concretizzano con la morte di parto della madre, l’imminente vittoria delle truppe franchiste e con la conseguente decisione del nonno Malagelada a lasciare fuori dal piccolo universo domestico una realtà esterna moralmente inaccettabile. Orfano di entrambi i genitori- di fatto non esiste il minimo accenno alla figura del padre- il bambino sarà allevato dal nonno materno e da Dolors, la donna che da anni si occupa della casa dei Malagelada: l’anziano signore decide di affidare l’educazione del nipote ad una schiera di precettori scelti fra coloro che in qualche modo fanno parte dei ‘vinti’ della guerra, il cui sapere è libero da costrizioni ideologiche di regime: un poeta catalano alcolizzato che ormai ha rinunciato a scrivere, un astronomo armeno che continua a rivivere nella memoria l’eccidio del suo popolo, un’insegnante di lingue che ha perduto l’uomo che amava nella guerra, ecc. – convinto della necessità di trasmettere al nipote un sapere e degli ideali etici ormai destinati ad estinguersi, condannandolo però a vivere fra le quattro mura domestiche, ad un ‘esilio’ forzato che lo protegga dalla realtà. Questo universo in miniatura è soggetto alle leggi imposte dal suo creatore – Malagelada – che interviene su questa realtà circoscritta in maniera totale, riformulando persino i nomi di battesimo degli altri personaggi che entrano a far parte della ‘casa-mondo’ di Paseo de Gracia – cosicché Dolors si trasformerà in Leticia, i vari precettori in Alfredo. Non dobbiamo dimenticare che lo scopo ultimo di questa singolare formazione culturale è quello di risvegliare nel nipote la sensibilità del poeta e di trasmettergli un patrimonio culturale – quello catalano – destinato dalla realtà politica franchista al silenzio e all’oblio.

La situazione in cui si trova a vivere Espardenya, già di per sé fantastica, è uno dei segni più palesi dello scarto mitico della narrazione – e che solo nel mito può essere accettato come ‘reale’ – che rimanda a tutto un complesso mondo di echi e di risonanze che attingono da tempi e culture diverse: la vita circoscritta alla casa del Paseo de Gracia prospettata dal nonno del protagonista ricorda la storia del Principe Siddharta a cui fu vietato dal Re suo padre di uscire dal Palazzo affinché non conoscesse del mondo se non la felicità; così come sembra rimandare ‘all’educazione’ imposta a Segismundo da suo padre ne La vida es sueño di Calderón de la Barca. Senza volersi però soffermare troppo su questo voluto coinvolgimento del mito nella struttura narrativa – ricordiamo comunque i passi tratti dal Libro di Giobbe che aprono le varie parti in cui è diviso il romanzo, che segnalano l’estraniazione dalla realtà storica che viene narrata-, ci sembra importante ribadire come questa scelta sia funzionale ai fini del vero argomento che la Roig ci e si propone: un modo differente per parlare del proprio tempo e del modo in cui una generazione ha pensato di superare un lungo periodo di disagi – politico, culturale, perfino di identità nazionale -, ma attraverso una disamina a posteriori di quel tempo, storicizzandolo – quindi guardandolo con il dovuto distacco – e mettendo in luce le proprie responsabilità. La storia fin qui è infatti preparatoria al momento in cui ci sarà il confronto fra il protagonista e la realtà esterna: la sua ripugnanza fisica è simbolo della diversità che esiste fra Espardenya ed i suoi compagni di università, fra il suo modo di ‘sentire’ il mondo, il suo modo di ‘compromettersi’ con esso e di ‘contribuire’ nella militanza politica nel collettivo universitario. Il divario fra giovani ribelli universitari ed il giovane non è solo di ordine culturale ma si estende anche nel modo di agire nel mondo: mentre i primi si dibattono fra le proprie convinzioni ideologiche ed i comportamenti sociali che dovrebbero seguire, fra il dire ed il fare, Espardenya accetta la sfida della realtà con grande coerenza, supportato non tanto dal credo politico quanto dalla sua naturale propensione al bene, a veder realizzato quel mondo ‘da poeta’ che ha conosciuto tramite la cultura. Per questo la sua azione ‘politica’ -insegna a leggere e scrivere ai profughi dell’alluvione, ridotti a vivere in condizioni subumane nelle periferia della grande e ricca Barcellona. Innamorarsi di una ragazza che subisce in questa realtà bestiale le violenze ed i soprusi del padre incide davvero sulla realtà più di qualunque collettivo universitario e per questo sarà lui e non gli altri studenti ad essere arrestato e sbattuto in carcere come comunista.

Il romanzo di Montserrat Roig rappresenta in ultima analisi un tentativo assai ben riuscito di proporre delle tematiche inerenti al presente, spostando però il discorso su un piano letterario che ne assicura la distanza e ricerca la qualità estetica.

Alessandra Giovannini

 

Per approfondire: https://it.wikipedia.org/wiki/Montserrat_Roig_i_Fransitorra

In libreria

Montserrat Roig
La voce melodiosa
Jaca Book, 1997
Collana: Mondi letterari
A cura di: P. Rigobon
160 p., brossura
€ 10,33

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