Anno 1 | Numero 7 | Aprile 1998

Parliamo del libro di Joan Salvat-Papasseit, Poesie futuriste, a cura di Anna Maria Saludes, Belforte Editore Libraio, 1990 (105 pp.), pubblicato in 500 copie. Si tratta di un libretto agile ed elegante anche per le riproduzioni del Ritratto di J. Salvat-Papasseit del 1918 e de La ballerina (disegno futurista) del 1917 di R.P. Barradas, in copertina e a p. 2. Esso raccoglie una scelta di testi (per l’esattezza 16, con la traduzione a fronte, pp. 5-55) che possono interessare il lettore italiano perché fanno parte del contesto di quella grande fiducia inventiva, alla base del nostro Novecento, che furono le avanguardie dei primi anni del secolo. Testi come Les formigues, come Plànol o come la stessa Lletra de l’Italia ci propongono la figura di un poeta di volta in volta in dialettico confronto con la cultura francese (Apollinaire), con l’italiana (Soffici, Marinetti, Folgore, Govone, il primo Palazzeschi) e con le più significative personalità di artisti e critici di tutta un’epoca. Per usare una bella immagine della Saludes, la traiettoria esistenziale di Joan Salvat-Papasseit (1894-1924) potrebbe paragonarsi a quella di un meteorite che attraversa lo spazio temporale delle avanguardie europee dell’inizio del secolo a gran velocità, mentre consuma se stesso. Come altri artisti morti giovani, egli è diventato una figura leggendaria, a cui hanno contribuito censure politiche ed emarginazioni ufficiali. Solo con l’allentarsi della censura franchista, l’editoria catalana ne iniziò il recupero. Ma già prima in Italia qualcuno lo presentava in una veste riduttiva di attardato romanticismo popolare, ad esempio nell’Antologia della poesia catalana (1845-1935) Milano, Garzanti, 1950, a cura di Cesare Giardini, e poi anche in Poeti catalani, Rodolfo J. Wilcock, Milano, Mondadori, 1962. Solo relativamente di recente Giuseppe Grilli e la stessa Saludes hanno proposto una nuova lettura di Salvat-Papasseit (La poesia sperimentale in Catalogna, in “Carte segrete” n.36, aprile/giugno 1977) accanto alla versione italiana di Marxa nupcial, da L’irradiador del port…, fusione di diverse tecniche avanguardiste (cubismo, futurismo e dada). Egli veniva da una famiglia proletaria. Il padre, fuochista di una nave, muore bruciato durante la navigazione, quando lui ha solo sette anni e questo segnerà in modo ossessivo la sua esistenza. Una situazione familiare precaria lo porta a lavorare ben presto come apprendista, fra l’altro in un atelier di scultore. Poi si lancia in una vita di contestazione, di bohème e di intense e disordinate letture, tra l’altro quelle della tradizione anarchica, specie di origine russa: con lo pseudonimo di “Gorkiano” egli firmerà la sua collaborazione alla rivista “Los Miserables”. Ma quel confuso amalgama di dottrine e ideologie di diversa provenienza si esprime compiutamente nella prima rivista da lui fondata, dal titolo, d’ibseniana memoria, “Un enemic del poble”, la cui data di pubblicazione (1° marzo 1917) rappresenta una svolta e un netto miglioramento di status rispetto all’epoca precedente. Egli pone in luce la potenzialità rivoluzionaria delle ricerche espressive delle avanguardie, e soprattutto rivela come attraverso l’immagine visiva l’artista riesca ad attirare in modo più immediato e coinvolgente il pubblico. La sua esperienza poetica esordisce col calligramma riprodotto in quarta di copertina, in cui le forme del verso libero e la giustapposizione dei termini proclamano le ascendenze di un Mallarmé, le filigrane di Apollinaire (nuova visione e utilizzazione dello spazio) e le sollecitazioni del futurismo (rifiuto del passato e culto della velocità): il tutto saldamente legato alla sua ideologia liberatoria. Questa è la lettura proposta dalla Saludes e sintetizzata dal titolo della sua post-fazione (pp. 57-103): “Tra anarchia anche visiva e avanguardia: la poesia di Joan Salvat-Papasseit”.

Nuria Puigdevall Bafaluy

 

“(Se, per averla, la ferivo al cuore
– era l’ortica
                                               che esalava bruciore.)”

Joan Salvat-Papasseit è un poeta catalano. Di famiglia umile, segnato da un’infanzia e da un’adolescenza dolorose, fu socialista per umanitarismo. Si autodefinì scrittore «d’immaginazione scarsa o meglio elementare» e militò nelle avanguardie con atteggiamento provocatorio, facendosi assertore di una poesia «inutile», «che serva di consolazione agli uomini ricchi». Il suo sperimentalismo estroso, teso a rimescolare con giocosa ironia tópoi letterari e miti della società contemporanea, si articola in varie raccolte poetiche, tutte in lingua catalana: Poemi su onde hertziane (Poemes en ondes hertzianes, 1919), L’irradiatore del porto e i gabbiani (L’irradiador del port i les gavines, 1921), La rosa alle labbra (La rosa als llavis, 1923), Orsa minore (Ossa menor, postumo, 1925). L’intera sua produzione è ora riunita nel volume Poesie (Poesies, 1962).

I libri di Salvat-Papasseit tradotti in italiano attualmente sono fuori catalogo