Anno 1 | Numero 1 | Settembre 1997

“Come noto gli stati di Praga sono tre: solido, liquido e gassoso. Il primo lo riconoscono anche i pensatori deboli. È una sfilza di figure accovacciate, erette, scentrate, bitorzolute, scorticate, sinuose, che i dotti chiamano gotiche, barocche, liberty. Il gassoso lo puoi trovare solo se sei vivo. Sono sciami di esistenze che vagano dal cimitero ebraico a quel cortile sulla Anenské námĕstí, alle anime di pietra del ponte Carlo. Sono temerarie, bisbigliando del passato spesso cianciano del futuro. Lo stato liquido è più insolente perché sa di non essere una reliquia. Se uno è stato iniziato ai misteri della praghità allora gli omini delle acque, i vodnik della Moldava, non avranno remore a svelare i godimenti che ancora vi attendono. Se no, l’iniziazione dovrà avvenire attraverso i lavacri della “pivo”, bevanda che si ottiene dalla fermentazione alcolica dei mosti, preparati con malto d’orzo torrefatto e acqua, amaricati con luppolo; volgarmente è chiamata “birra”.

Quando una città ti incanta è soprattutto l’invisibile che guardi, quella topografia immaginaria che ti fermenta dentro e che non ti abbandona più. Se vi è stato un viaggio della mente e non solo spostamento di sostanze organiche. Nel listino delle città dell’anima ognuno ha le sue preferenze e i suoi tornaconti.

A me Praga ha fatto girare la testa fin dalla più tenera – si fa per dire – età. Così l’ho nominata protettrice delle mie anemie spirituali. Gli ho dedicato un libretto di devozioni che si è poi diffuso tra adepte e confratelli in carenza. Si era nel 1987.

Praga, “la mammina con gli artigli” come dice Franz K., si metteva al lavoro e uno stuolo di praticanti ne subiva il contagio. Una toponomastica sonora – hradciani malà strana vazlaavsche namiesti nerudova ulice – si installava nel riverbero uditivo dei neofiti mettendo in subbuglio il loro auditel interiore. La campagna acquisti sembrava a questo punto conclusa. Succedeva invece che molti lettori del libercolo e della sua revisione del 1992 si incamminavano in un andirivieni di parole destinate a me. In modo del tutto inconsapevole sono diventato il sito umano di una connessione on line di confidenze boeme. Lettere e biglietti che affermano la precedenza e si infilano perpendicolarmente nella mia anima.

C’è chi la città gli ha rivelato periferie dell’io mai esplorate. Chi in certi luoghi fumosi e saccaromiceti ci ha tracannato il dolore nascosto della sua vita. Altri che nei pressi di un Ponte si sono fatti una risonanza magnetica ai loro sacri cuori e ne sono rimasti ammutoliti.

Un tafferuglio di sensazioni e di verità che cincischiano la mia esistenza lasciandomi in bilico tra il dire e il non dire. Il libretto si trasforma in most, in ponte-libro tra i novizi della città del Ponte. A questo punto mi piacerebbe, alla terza edizione, 1997, sostituire al racconto della città la narrativa ordinaria delle vite che si sono virtualmente incontrate nella Città d’Oro. Scendere nel dimenticatoio e far luce, sbrinare le anime di gente che per me spesso è rimasta una scrittura e una evocazione. Un inserto d’umanità che in nome di una città si è incontrata, senza saperlo. Ma una chimera più impegnativa mi tenta. Risponde alla semplice domanda: “Cosa hanno in comune?” Una città e la sua traccia – diciamolo pure – turistica smuovono l’opulento esilio urbano in cui tutti stiamo e spingono a fuori uscire da sé per raccontare un’emozione. Ripeto: “Cosa hanno [abbiamo] in comune?” Perché non dare il via a un rondò di reciproche incertazioni? Attraversamenti di moldave italiane per vedere cosa è rimasto del maldipraga. Sessantaduenne con ventiquattrenne. Tramviere con sociologa. Trevigiana con salernitano. Pragofoli pragomani praganti. O ex. È rimasto un segno o è tornato il limbo? Questo mi piacerebbe frugare. È un sogno di infantile onnipotenza che si innesca in certe mie impalpabili insonnie.

Claudio Canal

 

Claudio Canal, nato e cresciuto in provincia, a Pinerolo, vive a Torino e si interessa di musica e di guerre, non sapendo bene neppure lui come mettere assieme le due cose. Crede che Gerolamo Frescobaldi, Thelonius Monk e Paolo Conte siano i più grandi musicisti di tutti i tempi. Vive a Praga col desiderio. Sta lavorando alla III edizione del volume su Praga. In questa stessa collana ha già pubblicato Amsterdam.

 

Il libro nel 1997

Claudio Canal
Praga

Ed. Clup guide “Le città”
p. 320
L. 27.000