Ex-Libris-0-8-131

Anno 0 | Numero 8 | Maggio 1997

Spira l’aria dei quartieri del sud di Buenos Aires in molti degli articoli scritti per i giornali da Osvaldo Soriano. L’aria della Boca o di Barracas, il loro vento, la loro strana bellezza che mescola luce e decadenza e anche la loro povertà. Un mondo popolato di illusioni e di rimpianti, di bugie raccontate a se stessi per affrontare le giornate. Un mondo permeato da un profondo sentimento di oblio, abitato dalla perdita di ogni importanza personale, dove la storia individuale, vissuta come unica e irripetibile, si mostra invece indistinta e qualunque, pronta ad essere cancellata e subito dimenticata. Eppure, nonostante questo, anche nelle immagini di Soriano, mai tenero con il proprio paese, Buenos Aires e l’Argentina sembrano continuare ad essere gli unici mondi abitabili, forse perché, nonostante lo snervante immobilismo, restano gli unici posti in cui tutto continua ad accadere. Si sente, leggendo Soriano, quello che si avverte leggendo altri scrittori argentini, una domanda sempre sottintesa e mai espressa con chiarezza perché richiederebbe una risposta troppo difficile. La domanda è: “perché amo e continuo ad amare questo paese?” Domanda che allude, ovviamente, a un amore malriposto, perché l’oggetto d’amore è, se non indegno, quanto meno difficile da accettare. Un oggetto d’amore che non risponde mai alle attese, che è deludente, sfuggente, scoraggiante. Quel che è peggio, periodicamente preda di barbarie. Amaro e calmo, Soriano tratta questa materia incandescente con humour, a momenti con rassegnazione. Il “popolo” di Soriano vive una perenne attesa di grandezza e di riscatto, alla quale ha da tempo smesso di credere, e che nasconde sotto una cortina di indolenza o di fatalismo. Emblematico, il personaggio di Don Salvatore, originario di Cosenza, pianista al Colon, ma prima ancora guerriero in Siberia, arbitro di calcio in Ucraina, interprete di Miracolo a Milano, amico di Marcello Mastroianni e di qualsiasi altro italiano celebre, cugino di Vittorio Gassman (ramo tedesco della famiglia). Il vecchio Don Salvatore, in realtà mai uscito dal quartiere della Boca, e “che nessuno ha mai visto in piedi”, vive con· una pensione da calzolaio, sta seduto dall’alba al tramonto davanti a una baracca di legno e di latta ascoltando la radio, pensando a un’Italia lontana e a un’Argentina che lo ignora. Aspetta. E, come i poveri di Miracolo a Milano, spera che spunti il sole.

Maria Luisa Magagnoli