Anno 1 | Numero 2 | Ottobre 1997

Sul capo di Salman Rushdie, presente all’ultimo Festival di Mantova, sembra pendere una doppia condanna: da un lato quella a morte lanciatagli dallo Ayatollah Khomeini nel febbraio dell’89, dall’altro quella di essere noto al grande pubblico soprattutto per la sua peculiare condizione.

Eppure Rushdie è senz’altro uno dei migliori autori viventi di lingua inglese.

Nato a Bombay nel giugno del ’47, nel ’61 si trasferisce in Gran Bretagna, dove si laurea in storia moderna. Dopo un periodo trascorso in Pakistan, nel ’70 torna in Inghilterra, ultimo domicilio conosciuto dopo la sua condanna a morte.

Questa pur breve biografia, ben focalizza i temi fondamentali della sua opera: da un lato la sua anima indo-pakistana, la storia, la cultura del subcontinente indiano, che costituiscono l’ordito sul quale si intrecciano tutti i suoi racconti, dall’altro il tema dell’emigrazione vissuta come lacerazione, come perdita di identità: “Normalmente, un emigrato vero e proprio patisce un triplice sconvolgimento: perde il proprio luogo, si immerge in un linguaggio alieno e si trova circondato da individui che posseggono codici e comportamenti sociali molto diversi dai propri, talvolta persino offensivi. Ed è proprio ciò che rende gli emigrati delle figure così importanti, perché le radici, la lingua e le norme sociali sono stati gli elementi più importanti nella definizione di cosa significa essere un uomo. L’emigrato, negati tutti e tre, è obbligato a trovare nuovi modi di descriversi, nuovi modi di essere uomo.” (Patrie immaginarie, 1991).

Accanto a questi temi, costante è l’attenzione per i più scottanti problemi sociali e ciò convalida la convinzione che la letteratura non debba mai trascurare il compito educativo che le è proprio: quello di attivare e rafforzare la coscienza critica del lettore.

Queste tematiche confluiscono in una pagina in cui i tratti dello sperimentalismo modernista e post-modernista (l’incerto statuto del narratore, il coinvolgimento del lettore nel processo creativo, la preferenza per il fantastico, l’onirico, il grottesco, la presenza di punti di vista plurimi, dilazione di spazio e di tempo, etc…) convivono con la realtà contingente.

Nei suoi romanzi emerge una solida competenza letteraria: accanto ai classici della letteratura inglese ed europea è evidente l’influenza di scrittori quali Grass, Márquez, Calvino; in particolare le affinità con questi autori sono la non linearità del racconto, lo sfruttare tutte le potenzialità del linguaggio, la presenza di toni ironici satirici, il ricorso al fiabesco, la dialettica tra contingenza storica e una scrittura aspirante ad autonomi moti mito-poetici.

Per il modo in cui tratta la materia, Rushdie può essere definito un umorista in quanto artefice di testi il cui substrato ironico-satirico ha il compito di mostrare la distanza tra la verità superficiale di un fatto e quella di fondo in una continua dislocazione di significati dati o all’interno del testo, attraverso interventi dei personaggi o dell’autore empirico, o all’estremo da deduzioni che il lettore può cogliere da allusioni, spazi vuoti, confronti legati alla contingenza storica.

Da qui un percorso di lettura quasi obbligato, in cui l’ironizzazione dei personaggi e della storia contemporanea non ha finalità allegorica: i riferimenti alle vicende indiane, pakistane o quelli al mondo islamico hanno il compito di ricondurre ogni volta il lettore nell’alveo di una storia concreta, reale, ben installata al di qua di ogni creazione narratologica.

Rossella Santoro

“Come intontito, si acquattò nel suo piccolo mondo nella speranza di riuscire col tempo a sparire del tutto e a ritrovare quindi la libertà.”

I libri di Rushdie

Grimus (Grimus, 1975) – Mondadori, 2004

I figli della mezzanotte (Midnight’s Children, 1981) – Garzanti, 1987, Mondadori, 2003

La vergogna (Shame, 1983) – Garzanti, 1991, Mondadori, 1999

Il sorriso del giaguaro. Viaggio in Nicaragua (The Jaguar Smile: A Nicaraguan Journey, 1987) – Garzanti, 1989

I versi satanici (The Satanic Verses, 1989) – Mondadori, 1994

Harun e il mar delle storie (Haroun and the Sea of Stories, 1990) – Mondadori, 1991

Il Mago di Oz (The wizard of Oz, 1992) – Mondadori 2000

Patrie immaginarie (Imaginary Homelands: Essays and Criticism, 1981-1991, 1991) – Mondadori, 1991

Est, Ovest (East, West, 1994) – Mondadori, 1997

L’ultimo sospiro del Moro (The Moor’s Last Sigh, 1995) – Mondadori, 1997

La terra sotto i suoi piedi (The Ground Beneath Her Feet, 1999) – Mondadori, 1999

Furia (Fury, 2001) – Mondadori, 2003

Superate questa linea (Step Across This Line: Collected Nonfiction 1992-2002, 2002) – Mondadori, 2002

Shalimar il clown (Shalimar The Clown, 2005) – Mondadori, 2006

L’incantatrice di Firenze (The enchantress of Florence, 2008) – Mondadori, 2009

Luka e il fuoco della vita (Luka and the fire of life, 2010) – Mondadori, 2010

Joseph Anton (Joseph Anton – A memoir, 2012) – Mondadori, 2012

Due anni, otto mesi & ventotto notti (Two Years Eight Months and Twenty-Eight Nights, 2015) – Mondadori, 2015

La caduta dei Golden (The Golden House, 2017) – Mondadori, 2017