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Anno 0 | Numero 5 | Gennaio-febbraio 1997

Un capolavoro. Si chiude il libro, si prende fiato. Ci vuole un po’ di tempo per riprendersi dallo stupore: ventisei pagine di assoluta perfezione, più un colpo di scena finale da mettere i brividi. Enciclopedia dei Morti, di Danilo Kiš (Adelphi) è un racconto ricco, ricchissimo, in cui l’autore profonde idee, quasi spreca invenzioni che sarebbero state sufficienti per più romanzi. Qui opera quello che Cortazar chiama il “bisogno barocco dell’intelligenza che la spinge a colmare i vuoti”, e ne vediamo i due lati allo stesso tempo: la smania catalogatoria dell’illuminista e l’horror vacui dell’alchimista.

Come volevano Diderot e D’Alembert, un’enciclopedia è il catalogo ragionato del mondo. L’Enciclopedia dei Morti che dà il titolo alla raccolta di racconti è il catalogo, ragionato e commentato, delle vite scorse senza lasciare traccia di sé, di tutte le esistenze apparentemente insignificanti che si sono susseguite su questa terra. E che, senza saperlo né volerlo, hanno scritto la Storia: la Seconda guerra mondiale, l’inflazione in vertiginosa ascesa, l’avvento del regime comunista in Jugoslavia non esistono se non in una dimensione singola ed irripetibile, quella di Djuro M., come quella di ognuno degli individui registrati nell’Enciclopedia. Danilo Kiš immagina una biblioteca universale composta d’infiniti tomi di un solo libro, in cui una donna – la protagonista, ma quanto protagonista? – si smarrisce. E trova la storia della vita di suo padre, il quale – non a caso – è un geometra, dunque una persona che, a sua volta, misura e cataloga il mondo. (Questa figura, sotto diverse spoglie, compare spesso nella produzione letteraria dello scrittore ex-jugoslavo. In Giardino, Cenere e poi in Clessidra troviamo ad esempio Eduard Sam, ispettore delle ferrovie a riposo ed autore di un Orario delle Comunicazioni tranviarie, navali, ferroviarie e aeree che si fa di edizione in edizione sempre più ricco e diventa, da strumento della razionalità, segno di un crescente disordine mentale).

Del padre la donna dell’Enciclopedia dei morti conosce l’infanzia, la scuola, le sigarette fumate di nascosto, il primo impiego, gli amori importanti e le avventure passeggere. Il nome del piccolo villaggio dove si era sposato e quello delle strade dove aveva abitato. Legge – trascritti – i discorsi che ha ascoltato per radio e ai comizi politici: nulla è omesso, perfino il nome degli operai che hanno dipinto la casa e la sua marca di acquavite preferita. E infine ritrova anche se stessa bambina e poi ragazza, le sue malattie, i suoi abitini. “Nulla si ripete mai nella storia degli esseri umani, tutto ciò che a prima vista sembra identico è tutt’al più solo simile; ogni uomo è un mondo a sé, tutto accade sempre e mai, tutto si ripete all’infinito e irrepetibilmente. (Perciò i compilatori dell’Enciclopedia dei morti, questo grandioso monumento alla diversità, insistono sul particolare, perché per loro ogni creatura umana è cosa sacra).”

Se nel racconto scopriamo alla fine che la donna sogna, nella postfazione al volume l’autore ci dice che la sua invenzione narrativa esiste anche nella realtà: a Salt Lake City, nello Utah, i Mormoni hanno creato un archivio in cui sono registrati su microfilm i dati di miliardi di persone. Questo perché ognuno degli appartenenti alla setta, percorrendo a ritroso il proprio albero genealogico, possa impartire retroattivamente il battesimo ai propri antenati, farli adepti della Chiesa dei Santi degli ultimi giorni e così salvarli.

E tra realtà e fantasia si muove tutta la novella di Danilo Kiš, che solo alla fine si rivela per quello che è veramente: un’utopia, l’utopia di un’esistenza in cui ognuno è uguale all’altro perché ognuno contribuisce allo stesso modo a costruire la Storia. “Per il Libro dei morti la storia è una somma di avvenimenti effimeri. Perciò vi è annotato ogni atto, ogni pensiero, ogni soffio creatore, riportata ogni quota, ogni palata di fango, indicato ogni movimento che ha fatto cadere un mattone dai muri in rovina”.

Bruno Ruffilli

Di Danilo Kiš (Subotica 1935 – Parigi 1989) sono stati pubblicati in italiano:

Giardino, Cenere, Adelphi 1986

Enciclopedia dei morti, Adelphi 1988

Clessidra, Adelphi 1990

I leoni meccanici, Feltrinelli 1990

Dolori precoci, Adelphi 1993

Una tomba per Boris Davidovic. Sette capitoli di una stessa storia, Adelphi 2005

Il liuto e le cicatrici, Adelphi 2014