Un lutto insolito di Yewande Omotoso è il terzo romanzo della scrittrice multietnica, nata alle Barbados, trasferitasi da piccola in Nigeria e successivamente in Sud Africa pubblicato da 66thand2nd nel maggio del 2022 con la traduzione di Emilia Benghi.

Non è facile trattare il tema della morte e quando a morire di propria mano è una figlia di ventiquattro anni, va da sé che l’argomento diventa più doloroso e delicato. Se poi si aggiunge al lutto anche il rapporto tra madre e figlia, ecco che il romanzo di Yewande Omotoso diventa un lavoro di maestria letteraria con un ritmo narrativo che oscilla tra l’introspezione e il giallo.

Omotoso sceglie di non raccontare gli avvenimenti in una classica linea temporale ma lascia ai ricordi di emergere in modo sparso, esattamente come ci si immagina debba accadere nella vita reale.

Quando la protagonista Mojisola, con una telefonata, scopre che la figlia Yinka è stata trovata morta nel suo appartamento a Johannesburg esce di casa e inizia a camminare senza meta, come per stancarsi, per sfinirsi, per annientarsi da un dolore devastante. Ma non si muore di dolore e ai vivi spetta il compito di affrontare il presente, relazionandosi con il passato, con i sensi di colpa e con il dito puntato contro di chi domanda come sia stato possibile non intercettare le intenzioni suicide di un familiare.

Se Mojisola ha imparato sin da bambina a mordersi la lingua e per tutta la vita è stata silenziosa, alla morte di Yinka sente la necessità di alzare la testa e di scoprire chi fosse davvero sua figlia e di comprendere, finalmente, chi sia lei.

Così decide di trasferirsi da Città del Capo a Johannesburg lasciando il marito Titus a casa. Un viaggio che da fisico diventa catartico per colmare quel distacco che già provava verso Yinka perché «la spaventa il fatto che era il suo opposto. L’intento della figlia di scoperchiare tutto evidenziava, per contrasto, il suo modo di essere: la timidezza, la grafia destrimane, minuta e contorta. Accanto ai disegni grezzi di Yinka, gli accurati schizzi di foglie e stami di Mojisola sembravano severi e troppo precisi per esprimere passione. Per cui Mojosola era orgogliosa della figlia, ma provava una punta di invidia talmente fuori luogo tra madre e figlia da stordirla» e da vergognarsene.

Così, camminando e ricercando il quotidiano nella vita di Yinka, la figlia che appena nata si rivelò bizzarra, come stroppicciata, sgualcita  e a lei sconosciuta, ecco che Moijsola riscopre sé stessa, le proprie pulsioni sessuali represse, la capacità di relazionarsi con degli sconosciuti, di fidarsi di una vicina quasi a considerarla amica, di fumarsi uno spinello e di avventurarsi nel suo passato.

E sì, perché se da un lato la storia cammina in avanti per scoprire chi sia davvero Yinka, dall’altro Moijsola torna indietro alla sua infanzia, alla presenza insolita e massiccia della zia materna Modupe, alla figura del marito Titus e al suo essersi nascosta, repressa e dimenticata come donna, come moglie e come madre.

Cresciuta in un una realtà familiare rigida e anaffettiva, Moijsola ha educato Yinka esattamente come è stata educata lei. Non conosce altro modo, non ha avuto il coraggio di cambiare le cose e non ha trovato le forze neanche quando la sua bambina le ha confessato  «Sono triste, sempre».

Ed è con l’eventualità che la tristezza possa essere ereditata quasi fosse un marchio di fabbrica, che appare la figura del marito Titus, anche lui colpevole a suo modo di questo non comunicare, di non dimostrare affetto, di vivere in un mondo tutto suo, in una solitudine che ha sempre tenuto distanti tutti i membri della sua famiglia. Sarà proprio lui a dichiarare «Siamo così. Persone che non sanno dove mettere la tristezza. Ci proviamo, tutti, cerchiamo di riporla da qualche parte. Ma la tristezza non si piega come un fazzoletto

Un lutto insolito di Omotoso è un libro duro, forte, che non si fa scrupoli a dichiarare come siamo tutti responsabili delle conseguenze delle nostre non azioni visto che nessuno ha una seconda possibilità se non ci si accetta per ciò che siamo, pregi e difetti compresi.

Alcuni stralci nello stile narrativo di Omotoso risultano come ripetizioni che non inficiano il lavoro ma, anzi, innescano quel perfido meccanismo umano di ossessionarsi dietro alle insicurezze, alle paure, alla solitudine come fossero un tarlo, un mantra, un vicolo cieco. Ma è proprio nel rigirarsi e chiudersi in sé stessi che si perde di vista la vita stessa, gli affetti e ciò che siamo rendendoci miopi e responsabili delle occasioni perdute.

Perché se è vero che «I frammenti di una vita, seppur assemblati, non corrispondono mai alla vita intera» è anche vero che ciò che ci salva è «la capacità di fallire ma anche di fare magieUn lutto insolito è un libro coraggioso che merita di essere letto non solo per i temi delicati di cui tratta ma, anche, per potersi immergere in una cultura diversa, con tradizioni, usi e costumi lontani da quelli europei dove si beve l’ógógóró (distillato di palme del Ghana), si va dal parrucchiere per farsi le treccine e si parla l’Afrikaans (Lingua dei Boeri della Repubblica Sudafricana).

Stefania Piumarta

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