Chi dice che non si possa viaggiare restando fermi?

San Pietroburgo, insieme a Mosca, sono da molti anni i due luoghi che desidero ardentemente visitare. Tuttavia, come ogni cosa straordinaria che si rispetti, è necessario pazientare e coltivare la speranza che, un giorno, questo desiderio si realizzi davvero.

A San Pietroburgo con Vladimir Nabokov. L’infanzia dorata è un biglietto di prima classe per un viaggio narrativo proprio nel luogo dei miei sogni: San Pietroburgo, Pietrogrado, Leningrado, o in qualsiasi modo vogliate chiamarla.

Fabrizio Pasanisi, con la sua penna leggera e saggia, mi ha preso per mano e mi ha condotto tra le strade di questa città, tanto simile ad una capitale, ma che capitale non è.
Luoghi legati ai nomi di scrittori, da Gogol’ a Dostoevskij, diventati meta di pellegrinaggio per chi si mette alla ricerca, in questa città d’arte, di quel bene illusorio e intangibile legato alla parola, trasmissibile oralmente o attraverso i libri, che risponde al termine di poesia, di letteratura, e sa innalzarsi e innalzarci sopra ogni altra creazione dell’uomo.

La parola letteraria non è soltanto il fine di questo viaggio, ma anche il mezzo attraverso cui esso è possibile. A guidarci, infatti, è Vladimir Nabokov, uno degli autori più discussi e meno apprezzati nel panorama culturale russo.
Ma perché proprio Nabokov è stato scelto come guida e, allo stesso tempo, compagno di viaggio di ciascuno di noi?

La risposta non viene espressa a chiare lettere dall’autore, ma è raggiungibile tra le righe.

Sembra che la penna dell’autore non si sia limitata a costruire un semplice viaggio tra le strade di Pietroburgo, ma abbia voluto rendere gli stessi lettori protagonisti di un percorso di formazione e di conoscenza.  

Nabokov non ci conduce soltanto per le strade della città, ma ci invita anche ad entrare nei luoghi della sua infanzia, affinché attraverso essi possiamo leggergli dentro per meglio comprendere chi è stato e chi ancora, attraverso il ricordo, vorrebbe essere per noi.

Nabokov ha vissuto i suoi primi 18 anni a San Pietroburgo ma, nel 1917, all’alba della Rivoluzione d’Ottobre, fu costretto a lasciare la città «sebbene non avesse commesso alcun reato, sebbene la sua sola colpa fosse quella di appartenere a una famiglia illustre, ricca, ricchissima».

Da qui prendono avvio le peregrinazioni della sua vita che lo condurranno in molti luoghi, nei quali il senso di estraneità e incompletezza sarà sempre vivo.

La sua fervida attività letteraria, dunque, non prende avvio in Russia, ma altrove, ed è caratterizzata da un continuo e perturbante confronto con la nostalgia.

La nostalgia che ho serbato nel cuore in tutti questi anni è un senso di ipertrofizzato dell’infanzia perduta e non il dolore per le perdute banconote.

Credo che la chiave per comprendere e leggere Nabokov sia proprio la nostalgia e tutto ciò che da qui si origina, come la passione per l’entomologia e l’utilizzo dell’ironia nei suoi scritti.

Entrambe le cose presuppongono una presa di distanza del soggetto rispetto alla realtà.

La farfalla – candida messaggera della natura – viene ignorata dalla società frenetica e, per questo, fugge. Nella costruzione del libro, sembra che lo stesso Nabokov sia stato misconosciuto dalla città, sin dall’intervento della Storia nel ’17, fino ad essere completamente dimenticato oggi.

Di strade lunghe e ventilate, ce ne sono almeno tre che ci riportano a Nabokov, o conducono lui verso di noi.

[…] La seconda strada è una traversa nella Nevskij Prospekt, la Bolsaja Morskaja, al numero 47 della quale c’era, c’è ancora, la casa natale di Nabokov. Oggi è, in piccola parte, un delicato e un po’ pretenzioso museo in suo onore, ed è l’unico luogo della città in cui la traccia di Nabokov sia ancora palpabile, seppure posticcia, leggermente artificiosa.

E la statua di Nabokov? Non è in città: per chi voglia vederla, la direzione è un’altra, Montreux, Svizzera. A San Pietroburgo, si sono dimenticati di lui. Si è dovuto attendere i 1989 e l’arrivo della perestrojka perché Lolita fosse pubblicato in Russia; per la statua ci vorrà ancora qualche tempo.

La Russia non lo ha scelto ed è per questo che Nabokov, nonostante la sua autorevolezza in quanto scrittore, sembra vestire i panni di un anonimo turista in questo viaggio e, insieme a noi, guardare con passione, ammirazione e nostalgia le statue dei grandi letterati russi che incarnano la cultura, la storia e l’identità russa, quella stessa a cui Nabokov ha anelato per tutta la vita e che, purtroppo, non ha mai raggiunto.

Questa sofferta disappartenenza si riverbera inevitabilmente nei suoi scritti e si esprime attraverso la figura retorica dell’ironia e il poslost gogoliano, ossia quella tendenza ad andare oltre il plausibile per sfociare quasi nell’assurdo.

Per Nabokov, infatti, la letteratura deve essere concepita come sola narrativa e non come realtà.

E soltanto in questa prospettiva, ricostruita da Pasanisi attraverso il confronto tra Nabokov e i grandi autori russi, è possibile, forse, concedere una lettura diversa a quel romanzo così tanto conturbante che è Lolita.

Solo separando la letteratura dalla realtà, è possibile valutare i personaggi del romanzo seguendo le sole norme dell’arte, e non quelle dell’etica.

Così, Humbert Humbert, l’annoiato insegnante di francese può essere inquadrato come un uomo malato, rimasto bloccato nella sua infanzia, la cui intelligenza emotiva è stata congelata dalla perdita.

Forse ora concederò un’altra chance a questo romanzo, tanto biasimato e, forse, mai davvero compreso.

Anna Rita Ambrosone

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