È un romanzo di formazione, scritto a quattro mani, da Ilaria Santambrogio, coach e consulente aziendale, e da Marina Gellona, giornalista e autrice.

La storia è ambientata a Gessate, un paesino a 30 chilometri da Milano.

Il libro inizia con Ilaria, la protagonista, quarantaquattrenne che si guarda nello specchio, parla a sé stessa e si pone delle domande, subito dopo siamo catapultati con un flashback nell’estate del 1983. Ilaria ha 9 anni e trascorre le sue vacanze giocando in cortile con i cugini e aiutando nell’azienda floricola della sua famiglia.

Potrebbe, a primo acchito, apparire come la storia di una persona ordinaria, ma ben presto ci si rende conto che, non è così, la protagonista, infatti, soffre di una malattia autoimmune: l’alopecia universale.

“Nascondo, camuffo, simulo una testa normale, e a undici anni normale vuol dire:
come quelle delle ragazzine della mia età.
E certe mattine i capelli sembrano proprio non volere stare al loro posto,
e ci metto più tempo a uscire di casa sentendomi carina.
Una volta, mentre aspetto che mamma finisca di prepararsi prima di portarmi a scuola,
 l’occhio mi cade sul vaso dei gladioli strani che papà ha salvato anche stavolta.
Non si sono ancora aperti.
Il puntino viola mi svela di quale colore sarà il fiore, oggi, mi fa solo rabbia.
Io non voglio essere così … Non voglio essere un fiore strano.”

Pagina dopo pagina, seguiamo la bambina che diventa adolescente, con tutte le difficoltà del passaggio, e poi donna, con l’ingresso nel mondo del lavoro e l’avvio ad una carriera invidiabile e, infine, la creazione di una famiglia.

La narrazione è scorrevole, il punto di vista è in prima persona ed è semplice immedesimarsi in Ilaria.

Siamo con lei quando perde la prima ciocca di capelli, quando si vergogna di non avere un corpo femminile conforme, ma anche quando prende la propria malattia per mano e comincia a volersi bene e a prendersi cura di sé. La seguiamo nello studio del dott. Alessandro Solerio, ascoltando i prodigi della medicina dolce e pure nelle meditazioni, nel vivere qui e ora, appreso grazie a Eckhart Tolle.

È un libro che regala una miriadi di emozioni.

“Quanto pesa una ciglia?
Quanto è grande?
Quanto conta nel disegno del mondo?
Niente.
Nella mia vita? Un po’ di più, anzi, ancora tanto. Ho accettato di aver perso tutti i capelli,
sono passata dal nascondere il peso dell’assenza al lasciar fiorire sul mio capo uno
splendido elleboro, ma quando trovo una ciglia su un dischetto di cotone, la sera, soffro sempre.”

Il riscatto di Ilaria avviene quando acquisisce la consapevolezza che l’essere umano non è la sua malattia, messaggio di cui far tesoro, e decide di farsi fare un tatuaggio da Gilberta Vita.

I personaggi sono ben caratterizzati e ciò aiuta il lettore a comprendere meglio le relazioni interpersonali e intrapersonali.

La grafica è stupenda, in copertina troviamo una foto di Ilaria e del suo elleboro. L’impaginazione e la divisione in capitoli è ben pulita e strutturata.

Ho apprezzato molto questa lettura per il tema trattato, mi ha fatto riflettere sul tema della malattia, il lasciare andare e l’accettazione del sé. Lo consiglio vivamente.

Assunta Totaro