Da una finestra una donna, di spalle, guarda il mare. La penombra della stanza abbraccia la sua figura e trasforma la sfumatura semitrasparente delle tende in un azzurro d’acciaio. Una sottile striscia di terra divide a metà la veduta incorniciata dalle imposte: sotto, un mare appena increspato, quasi violetto; sopra, un cielo ambiguo, insieme sereno e uggioso. È una scena dipinta da Salvador Dalí (Ragazza alla finestra, del 1925), scelta per la copertina della prima edizione de La villa del venerdì e altri racconti, raccolta di prose narrative di Alberto Moravia e sua ultima fatica letteraria pubblicata prima della morte, avvenuta nel settembre del 1990.

L’immagine della donna e del mare richiama il racconto che dà il nome all’opera e che viene posto in apertura: anche in questo caso, davanti a un’ambientazione costiera, si staglia una figura femminile, Alina, la prima (e più memorabile) delle donne sensuali ma insondabili che popolano le pagine della raccolta. Suo marito, lo sceneggiatore Stefano, ha affittato una casa in una località marina per lavorare con un regista che trascorre lì le vacanze. Tuttavia, così come nel dipinto di Dalí la scena è resa enigmatica dal cielo smorto ma placido e dalla malinconia dolce della ragazza, nel racconto di Moravia una contraddizione turba l’oziosa apparenza da borghesi in vacanza dei protagonisti: «Stefano ama appassionatamente la moglie e Alina afferma invariabilmente di amarlo. Ma ambedue si tradiscono a vicenda». Questa situazione deriva da un’ulteriore incoerenza, riguardante soprattutto l’uomo, che «ama la moglie ma non la desidera […]. Il suo desiderio è in qualche modo deviato verso la contemplazione disinteressata e inappagabile della bellezza di lei». Per Alina, invece, amore e desiderio sessuale coincidono e, per questo motivo, tra i coniugi viene stipulato un patto segreto e scandaloso: ogni venerdì sera la moglie si reca nella villa del proprio amante, sullo stesso litorale, e vi trascorre l’intero fine settimana. Con l’altro uomo la donna scopre lentamente una passione sado-masochista – molto diversa da quella contemplativa del marito – nella quale violenza e amore si compenetrano in modo conturbante e inquietante.

Stefano, nonostante la natura concordata dell’adulterio, soffre della situazione ed è tormentato dall’inconciliabilità fra la gelosia e la mancanza di desiderio per la moglie, tanto che decide di ucciderla. Un venerdì notte, dunque, si reca alla villa del rivale per compiere il gesto estremo ma, giunto lì, scorge Alina che inaspettatamente se ne va: il delitto è sventato, la relazione extraconiugale si è conclusa perché l’amore torbido su cui si basava si era ormai ribaltato in avversione e risentimento. L’apparente ritorno finale alla normalità è però percorso da un’ultima vibrazione oscura, impressa dalla riflessione di Stefano che si chiede se egli stesso non sia giunto «fuori dalla verità dell’amore, tra i sofismi oscuri dell’odio».

Fin dall’inizio, quindi, La villa del venerdì e altri racconti si pone sul binario tracciato da Moravia a partire da Gli indifferenti, il primo, lontano romanzo – uscito nel 1929, all’altro capo della sua carriera letteraria – nel quale sono già contenuti lo stile e i temi dell’autore, e in particolare il rapporto (interrotto) tra l’uomo e la realtà. I suoi personaggi non agiscono, ma meditano sulla propria condizione, e anche quando decidono di entrare in azione, i loro tentativi sono impacciati, ridicoli, inutili. Una condizione propria della classe borghese, che dietro alla scintillante parvenza mondana nasconde “indifferenza” e “noia” (per rievocare alcuni titoli dei romanzi moraviani). Questo discorso si ripete – con alcune variazioni – per tutta la produzione dell’autore, fino a questi ultimi testi. Il critico e scrittore Enzo Siciliano, a proposito di quest’ultima raccolta, nota che la scrittura diretta, quasi austera, di Moravia si trova ancora una volta ad affrontare «il mistero dell’esistenza, i disguidi imprevedibili dell’essere che l’apparenza riesce a dissimulare».

Rispetto ai risultati precedenti, che contenevano una severa denuncia, in questi racconti tardi lo sguardo del narratore assume una lente ironica. Un esempio si vede in Pensa!, che esce dall’ambito tematico principale della raccolta – il tradimento e la gelosia coniugali – e si concentra sull’ambiguità della parola, che è poi l’ambiguità del reale.

Al centro si trova un ente parastatale addetto ad assistere alle vittime di disastri naturali, la cui ricchezza si basa sull’oscurità di un testo di legge: è stabilito, infatti, che le sovvenzioni dello Stato vadano ai dipendenti dell’istituzione stessa affinché pensino alle zone devastate. Un pensare che potrebbe essere inteso come un astratto “riflettere” o come un “provvedere” concreto. Naturalmente l’ente si aggrappa al primo significato, ottenendo per sé il denaro senza agire, ma un giorno un impiegato applica il secondo, usando i fondi come sarebbe giusto; ciò suscita lo sdegno del presidente dell’istituzione, che intende insabbiare la vicenda per mantenere il «buon nome dell’Ente», facendo passare il dipendente onesto per pazzo: un rovesciamento paradossale e ironico tra scandalo e normalità, che ha l’effetto, chiarissimo, di sottolineare l’incertezza della comunicazione e le incongruenze concrete della nostra realtà.

L’interesse principale di Moravia è svelare la trama precaria dei rapporti delle persone con il mondo e con gli altri, e sottolineare l’incapacità di cogliere un senso e una sicurezza in questi legami. La realtà borghese, in particolare, è inquinata dalla falsità e si scioglie nel miraggio; è una fata morgana (titolo di un altro racconto), un effetto ottico ingannevole che deforma gli oggetti all’orizzonte: nel caso specifico, le relazioni umane. In queste condizioni, anche quando si trova un frammento di verità il dubbio non si risolve e continua inevitabilmente a pesare con la domanda – semplice, ma minacciosa – che conclude una di queste ultime prose (Un angelo m’annuncia ogni giorno la verità): «come si fa a credere ai propri occhi?».

Dario Giolito

[Edizione di riferimento: Alberto Moravia, La villa del venerdì e altri racconti, Bompiani, Milano, 1990]

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