Con un registro espositivo in continuo transito tra stile saggistico e divagazione narrativa tra biografia ed immaginazione, Marco Malvestio introduce al lettore l’oggetto del suo amore impossibile, incondizionato e a tratti vagamente romantico: Annette. Precoce divoratore di porno, l’incontro virtuale con la donna, inserisce un elemento ossessivo nella sua monotona e insoddisfatta vita di stagista contabile presso la Marsilio Editore.

Il sesso lo annoia, spesso lo sorprende inadeguato, ma la visione di un porno con Annette protagonista ha il potere di appagare, anche se solo per pochi minuti, il suo bisogno di fuggire la monotonia della sua condizione di trentenne perennemente alla ricerca di se stesso. Il primo incontro con Annette non è “incastonato come un diamante nella memoria”, ma finisce col diventare una sorta di amore di lungo corso, parte della vita del narratore, parte, in fondo, dell’uomo che crede di essere, un uomo che non ha problemi nel socializzare ma che ben presto, durante i suoi incontri occasionali e non solo con le donne, sentirà il bisogno di alimentare la sua libido con le immagini delle performance di Annette sullo schermo.

La sua ossessione è tale che avverte la necessità di plasmarla, di inventarsi per lei una vita, dei genitori, un fratello, un lavoro. E allora Annette diventa un’infermiera a cui il sesso piace così tanto da entrare a far parte delle premure che riserva con professionale trasporto ai degenti. Classe 1984, alta un metro e ottanta, sessantacinque chili, seno piccolo, con un leggero strato di adipe sulla fascia addominale. Labbra sottili, naso porcino, occhi lievemente esoftalmici. Eccola, Annette. Non un’icona pop, non una star della pornografia mainstream. “Meno aggressiva, meno apodittica, meno disturbante, meno innaturale”, più vera, più sua. Figura dell’impossibile, la donna si trasforma in un ossimoro fatto di falsità e realtà: “in fondo amare significa desiderare di essere ingannati”.

Eccola Annette, che si aggira tra le sale di un Museo, assorta davanti alla Pietà del Beato Angelico, davanti alla Danae di Jan Gossaert, tra un ciak e l’altro, mentre esibisce il suo sesso tenero e tondo e si esprime in performance fantasiose ed estreme che la rendono ai suoi occhi diversa da ogni altra porno star. Annette, come l’Elena di Euripide è solo “un fantasma dotato di respiro”, un pezzo di cielo, un miraggio, una proiezione “frutto di un amore che non conosce confini”.

La lettura di Annette costringe a continui cambi di registro, induce ad attraversare i più oscuri meandri delle nostre ossessioni più recondite e a tratti epidermiche, a confrontarci con i simulacri di un’esistenza in cui il continuo alternarsi di intimità e socialità è la cifra stessa della vita.

Tina Marie D’Elia