🔗Bestie in fuga, opera prima di Daniele Kong edita da Coconino, si distingue tra i titoli in concorso al Premio Strega 2025 come unico graphic novel in lizza. La proposta, sostenuta da Simonetta Sciandivasci, porta Kong, al suo esordio, nella ristretta cerchia di fumettisti candidati al premio, accanto a nomi come Gipi e Zerocalcare.
Al centro della narrazione c’è Dieci, un’isola assolata e sperduta nel Tirreno, frutto dell’immaginazione dell’autore. Il paesaggio, pur inventato, richiama la Sicilia degli anni ’50: povera e ben distante da quel boom che inizia ad affacciarsi sulla Penisola.
Qui vive Zenobia, figlia di ricchi possidenti e madre di tre figli adottivi, che cresce con tenacia e visione, affinché studino e possano aspirare a un futuro diverso dalla fatica del lavoro in mare. Tra loro c’è Franco, scrittore in erba, il cui talento viene notato da Augusto Campagnoli, regista romano che arriva sull’isola in cerca di rilancio, deciso a girare una nuova vita di Gesù. L’iniziativa è sostenuta da Tito, imprenditore locale deciso a trasformare Dieci in una nuova Capri.
Il film si rivela al tempo stesso la fortuna e la rovina di Dieci: distribuito nei cinema di tutta Italia, ottiene un successo inaspettato e trasforma l’isola, fino ad allora sconosciuta, in meta di un turismo selvaggio, fatto di souvenir, tour in barca, campi da tennis e altre promesse di modernità.
Ma l’isola non è il campo da gioco di nessuno: all’invasione turistica si oppone gran parte degli abitanti, e la famiglia di Zenobia guida un’operazione di sabotaggio che coinvolge tutti i pescatori, i quali solo nella parte conclusiva del racconto, nel momento di riprendersi la propria terra, assumono un volto.
Sul piano stilistico, spiccano l’uso dei dialetti, che aggiungono profondità e realismo alla narrazione, e il bianco e nero delle tavole, che rafforza la sensazione di un racconto d’altri tempi.
Bestie in fuga è il ritratto, a tratti fantasioso, di quella parte di popolazione (ben radicata in una certa classe sociale) che preferisce la propria quotidianità ai lussi apparenti, e che non è disposta a venderla nemmeno al miglior offerente. Le “bestie in fuga” sono coloro che inseguono altrove la promessa di una vita migliore, ma il cuore del racconto batte per chi sceglie di resistere e custodire la propria terra. L’opera è una critica diretta e potente al turismo di massa e alla mercificazione di territori e culture, un processo con cui oggi ci confrontiamo in modo sempre più urgente: città ridotte a set, luoghi svuotati della loro autenticità, comunità locali ridotte a comparse. L’isola di Dieci diventa così un microcosmo che riflette questioni e tensioni attualissime, e che invita a chiedersi: qual è il prezzo dello sviluppo?
Beatrice Bosco
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