«Qualche volta il peso dei segreti è così grande che non si sa neppure più come liberarsene, salvo sparire con loro.»
Blizzard è un vento polare che indica una tempesta di neve con raffiche di vento fortissime e scarsissima visibilità, ed è il titolo del primo romanzo della scrittrice francese Marie Vingtras edito da Edizioni Clichy nel 2023 con la traduzione di Fabrizio Di Majo.
Blizzard è un romanzo corale di quattro voci narranti rifugiati, ciascuno per motivazioni diverse, nelle gelide terre dell’Alaska dove «c’è soltanto acqua dolce, ettolitri di acqua dolce, laghi, torrenti, fiumi, ruscelli, cascate. Acqua dappertutto, tutto il tempo, in tutte le forme. Ghiacciata, fissa limpida come l’acqua di sorgente, oppure fangosa, in primavera.»
La trama si snoda da Bess che si inoltra, impavida, nella tempesta tenendo per mano un bambino che però sfugge al suo controllo e entrambi si perdono nella burrascosa e violenta tempesta.
Benedict, Cole e Freeman tenteranno di rintracciarli chi cercando le tracce nella neve e chi restando al caldo davanti al fuoco nella propria baita.
Ciascuno di loro ha un motivo ben preciso che lo ha spinto ad allontanarsi da luoghi caldi e accoglienti per rifugiarsi nella natura selvaggia e ingenerosa dell’Alaska tentando di trovare misericordia ai propri errori, alle proprie sviste e alle proprie scelte, ma sarà davvero possibile allontanarsi dai mostri del passato rifugiandosi lontano da tutti o quei mostri torneranno incuranti del vento polare?
Lungi da me svelarvi il finale che lentamente ma inesorabilmente arriva soprattutto grazie alla prosa di Vingtras che riesce a ben sviluppare i quattro diversi protagonisti dando a ciascuno un proprio respiro e avvinghiando il lettore alle pagine con adeguata raffinatezza.
Fuggire dai propri errori non è mai possibile. La letteratura ce lo insegna e ancor di più la vita. Ad ogni azione corrisponde sempre una conseguenza e nella vita facciamo delle scelte a volte sbagliate ma spesso sono vie a senso unico ed entra in gioco quel lancio dei dadi imprevedibile che non ci permette altra via d’uscita se non quello di subirne le conseguenze.
La Vingtras non condanna, non si erige a giudice ma lascia parlare l’anima più intima di ciascun personaggio per dipanare una caccia esteriore, alla ricerca di Bess e del bambino, e una interiore per tentare di dare un significato all’esistenza quando si arriva «a un’età in cui il tempo è un lusso che viene a mancare», quando si pensa che «sarebbe meglio fermarsi in questo preciso istante, appena prima di sapere, quando si è ancora nell’ignoranza, anche se non è che un’illusione», per tentare di fare i conti con il passato dimostrando come l’essere umano sia, nonostante tutto, in grado di sopravvivere ai dolori, alle sventure e alla malvagità e, a volte, anche alla furia di Blizzard.
Stefania Piumarta
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