“Ma cento euri al mese in più non erano sufficienti per realizzare il dream, consistente nell’andare a vivere da solo, in una monocamera purché con cesso e doccia, in qualunque zona della città o ai bordi della medesima”.

Margherita Oggero con Brava Gente, edito da HarperCollins, ci dona non solo un romanzo, ma un insieme di microrealtà conviventi e che si incrociano, personaggi con nomi e vite di cui è nessuno veramente secondario né rispetto all’altro e né rispetto alla trama.

Luogo principe è Barriera di Milano, zona periferica di Torino, che qui come nella realtà, paga le conseguenze di una promessa non mantenuta. Quella dell’integrazione sociale, della possibilità di uguaglianza effettiva, economica e morale.

C’è Linda, una madre, che viene da una famiglia benestante che ha sposato un camionista, Oreste, sicuramente innamorato, altrettanto sicuramente incasinato e causa dell’impoverimento economico della famiglia per colpa di un debito pericoloso. La figlia adolescente dei due, Debora detta Debbie, un po’ teppistella ma che cambia approccio alle cose dopo aver letto un articolo sull’attrice Lana Turner e sulla misteriosa fine del suo compagno, il gangster Johnny Stompanato.

Perché la lettura cambia la vita anche se non leggi Proust. Leggere e incrociare storie e parole ha un valore intrinseco a prescindere dalla provenienza, perché conoscere nuove parole e storie esterne a te, comunque sia, è esperienza e crescita.

Pure se leggi Chi?

Sì, pure se leggi Chi probabilmente.

Poi c’è Caterina (mio personaggio preferito, non lo nego) 92 anni, vedova, madre di un figlio unico, Edmondo, professore universitario in Svizzera e stronzo, tanto stronzo.

Ho incontrato Margherita Oggero qualche giorno fa, moderandola durante la presentazione di questo romanzo e la cosa che mi porto dentro come bagaglio prezioso e irripetibile, è la sua schiettezza nelle parole, nelle definizioni, la purezza del suo vocabolario che non lascia mai intendere con sotterfugi o mezze cose. No, lei dice chiaramente, lei scrive chiaramante e sottolinea (anche in quello “stronzo” da me sopra scritto) la necessità di dire sempre le cose come stanno.

Quando si parla di romanzi e, in generale, quando si vive ecco.

Ci sono altri personaggi, da Albachiara, titolare di una cartoleria-edicola a Giuseppina Borgone alias Vanessa Delice, manicurista al soldo del parrucchiere Alexander The Best. Ci sono Florian e il suo sogno, il suo dream.

Ci sono la povertà e la voglia di rivalsa, il piccolo furto e la ‘ndrangheta.

Ho chiesto a Margherita per quale motivo ci fosse sempre un po’ di crimine nella sua penna e lei mi ha risposto “Ma chi se lo leggerebbe un libro fatto solo di preghiere, suore e esseri perfetti?”.

In effetti.

Tornando a casa, dopo aver bevuto un bicchiere, mi sono chiesta con onestà cosa mi spinga, dopo tanti anni, ad avere ancora questo ardore giovanile verso i libri e gli incontri con gli autori.

E mi sono risposta che la ricchezza ancora no, ma di cose alla fine, questi fogli rilegati, me ne danno a palate. E finché sarà così, non mollo.

L’ho detto a Margherita. Lei ha sorriso con gli occhi arguti.

E va bene così.

È dura, Cate”
“Sì. Ci siamo sopravvalutati”
“Sarebbe stato bello invecchiare insieme e non accorgerci dei cambiamenti”.

Natalia Ceravolo

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