Nel 1977 Toni Morrison pubblica un romanzo completamente diverso da quelli precedenti: Canto di Salomone, un romanzo corale e di formazione in cui per la prima volta l’autrice esplora il mondo maschile mettendolo al centro del racconto.
Il libro si divide in due parti: nella prima la scrittrice illustra la vita del giovane Macon Dead III detto Milkman, in Michigan. Nella seconda l’azione si svolge a Sud, prima in Pennsylvania e poi a Shalimar, in Virginia. Il giovane viene spinto dal padre a compiere un viaggio per cercare l’oro perduto della sua famiglia. Il romanzo copre un lasso di tempo che va dal 1931, anno di nascita del protagonista, al 1963, anno della sua presunta morte e ha come sfondo storico le battaglie per i diritti civili.
Attorno al protagonista maschile ruotano una serie di personaggi che servono a far emergere la sua vera personalità: i genitori, le sorelle, il suo miglior amico, i suoi amori e la zia Pilate, sorella di suo padre e coprotagonista del romanzo, mentore del giovane Milkman nella scoperta di un mondo a lui sconosciuto. L’opera è ontologicamente afroamericana perché Morrison dà priorità ai valori delle leggende, del mito e dei racconti tradizionali dei neri d’America, risalenti a loro volta ai più arcaici miti africani. Forse in nessun altro romanzo Morrison è riuscita a realizzare in modo altrettanto compiuto il suo obiettivo: fondere l’accettazione del sovrannaturale, della magia, della superstizione, con la storia e il mondo reale fino a esprimere perfettamente la visione della vita degli afroamericani: la magia è un ingrediente di base dell’esistenza e crea con essa un equilibrio in cui nessuno dei due prevale.
La consapevolezza del personaggio è frutto, dunque, di un viaggio fisico e spirituale: Milkman deve allontanarsi dalla sua famiglia per poter comprendere appieno se stesso e il suo ruolo nel mondo. Le tappe del viaggio lo avvicinano ad una scoperta per lui essenziale, il punto di arrivo coincide con un punto di partenza: la schiavitù, un evento il cui più grande danno è stato quello di frantumare l’identità di un popolo.
Un’identità che Milkman riscoprirà attraverso la figura dell’antenato, intesa come personificazione del patrimonio culturale e della memoria nera. Per gli afroamericani, strappati alla loro terra d’origine, l’antenato, uomo o donna che sia, è una presenza senza tempo. Non si tratta necessariamente di un genitore o parente, ma semplicemente di una persona anziana che aiuta i protagonisti a ricostruire il loro passato, è grazie alla loro saggezza, protezione, fiducia che si determinano la consapevolezza e l’identità del personaggio attraverso il mito ed il folclore, attingendo all’immaginario fantastico di leggende e magie. I personaggi volano, anticipano catastrofi, fanno strane magie, sono tutt’uno con gli elementi naturali. Grazie all’uso dell’immaginazione anche gli eventi più dolorosi vengono mitigati e grazie a un finale aperto i personaggi continuano a fluttuare e ad avere altre possibilità.
Nell’universo di Morrison, Milkman rappresenta l’eroe africano che combatte accanto all’antenato prestando i suoi servigi alla comunità, proseguendo sul suo stesso sentiero, decifrando le canzoni del passato, tra cui spicca il canto che celebra il mito degli africani volanti, diffusosi tra gli schiavi delle piantagioni lungo la costa atlantica degli stati meridionali, di cui esistono più versioni. In una di esse, uno schiavo, stanco delle angherie del padrone, vola via dalla piantagione per fare ritorno in Africa. Il volo, in questo caso, coincide con la fuga (in inglese flight significa sia volo che fuga). In un’altra, un vecchio schiavo fuggito insegna alla comunità a volare permettendo a tutti di scappare. In un’altra ancora è una giovane schiava a volare via con il suo bambino, o ancora gli schiavi arrivati dall’Africa, dopo aver compreso come sarebbe stata la vita in America, decidono di volare indietro.
Nel romanzo si opta per la prima versione: Solomon, uno schiavo fuggito dalla piantagione, spicca il volo verso la grande Madre Africa, invertendo la rotta voluta dalla storia e compiendo un gesto che gli permetterà di spezzare le catene della schiavitù e di ritrovare la libertà. Esso esprime un messaggio fondamentale: se si percorrono dentro di sé le tappe del proprio passato e si giunge ad accettarle senza più negarle, se si conosce la propria storia, allora si può volare “Jake l’unico figlio di Salomone… Turbinando sfiorò il solleone”. (Cfr., Canto di Salomone, op.cit., p. 306).
Quando Milkman scopre la verità sui suoi antenati, rischia però, preso dall’entusiasmo, di commettere lo stesso errore del suo bisnonno, cioè lasciare indietro gli altri. La nota triste del Canto di Salomone, infatti, è il destino di sua moglie Ryna, il cui pianto e il cui dolore sono il simbolo della disperazione di tutti coloro che vengono abbandonati. Hagar, cugina di Milkman, è l’incarnazione della sua antenata Ryna ed è il prezzo che egli deve pagare per riuscire a comprendere se stesso, come lo sono stati per Salomone Ryna e i suoi ventuno bambini. Milkman accetta la responsabilità della morte di Hagar e ritornando verso Sud a Shalimar, porta con sé una ciocca dei suoi capelli, simbolo di colei che è rimasta indietro.
Milkman, che per buona parte del romanzo ci appare vanesio ed egoista, al termine del viaggio approda ad una nuova consapevolezza, quella della sua identità e di un passato straordinariamente ricco di valori in cui storia e mito si fondono. Alla fine spiccherà il volo verso l’impegno al quale sino ad allora si era sempre sottratto. E volare – riuscire a dominare l’aria, abbandonandosi al soffio vitale – significherà accettare la vita stessa e le proprie responsabilità verso di essa.
Nell’ultima parte del romanzo il viaggio si conclude nella grotta dove Pilate seppellisce le ossa di suo padre e dove Milkman si scontra con il suo doppio, il suo amico Guitar, che lo aspetta per vendicarsi uccidendo Pilate. La morte di sua zia non è però un evento tragico, ma di condivisione, poiché trasferisce la bellezza interiore di Pilate a suo nipote, trasformandolo in un uomo pronto a prendere il suo posto come forza vitale della famiglia e della comunità.
Elvira Raimondi
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