Mi precipito, con piacere, a rileggere il romanzo At Swim-Two-Birds (Una Pinta d’Inchiostro Irlandese, Adelphi, 1993, tr. J.R. Wilcock) non appena apprendo della sua rappresentazione al Peacock Theatre di Dublino. Mi chiedo come quella che è a mio parere la più nota e complessa opera dello scrittore irlandese Brian O’Nolan – meglio noto con lo pseudonimo Flann O’Brien – possa essere resa in teatro. Come dar prova del fitto intreccio narrativo con tutte le sue ragnatele tematiche in cui si muovono e si mescolano molteplici personaggi? E la curiosità torna quando, in occasione del Dublin Film Festival, viene mostrata la pellicola di un regista austriaco (Kurt Palm, Austria 1997; sottotitoli in inglese, 93 minuti) che porta il titolo del romanzo. Due esempi interessanti (e di adattamenti teatrali ce ne sono stati anche altri in passato) di come questo scrittore prolifico, che non amava affatto parlare di sé, nascondendosi dietro vari pseudonimi, venga ri-letto e re-interpretato in modo originale.
Ambientato in una Dublino descritta con precisione pari a quella joyciana (forse, si potrebbe dire, eccessiva), il romanzo è il racconto in prima persona di uno studente dell’UCD (University College Dublin) che trascorre il suo tempo poltrendo a letto, andando di tanto in tanto all’Università, e impegnandosi in attività letterarie che prendono la forma di un romanzo riguardante il proprietario di un bar di nome Trellis. Al pari del suo creatore, anche questi svolge raramente il proprio dovere, nutre un grande amore per il proprio letto, ha una propensione naturale per la scrittura e per l’alcool. E mentre Trellis prende in prestito alcuni personaggi dalla leggenda irlandese, dai racconti western e dalle storie di Dublino, altri li crea già a crescita avvenuta grazie ad un curioso marchingegno scientifico-letterario chiamato esto-autogamia: La nascita di Furriskey… Abbiamo il piacere di annunciare un lieto evento avvenuto nell’albergo del Cigno Rosso, il cui proprietario, Mr Dermot Trellis, è riuscito a dare alla luce un uomo chiamato Furriskey. «In eccellente stato di salute», come ci è stato informato, il neonato misura all’incirca un metro e settantacinque; è di corpo robusto, bruno e ben rasato. Gli occhi sono azzurri e i denti regolari e sani, benché leggermente oscurati dal tabacco». Ma ben presto gli stessi personaggi, stanchi di essere alla mercé di Trellis, si ribellano e scrivono – mentre quello dorme – un altro romanzo che lo ha per protagonista.
Abbiamo, così, in tutto, tre libri: il libro del narratore su Trellis, il libro scritto dallo stesso Trellis e il libro su Trellis scritto dai personaggi. E se aggiungiamo il libro di O’Brien sul narratore e sui suoi pensieri avremo quattro narrazioni, una dentro l’altra. L’intenzione di O’Brien sembra dunque essere quella di allontanarsi quanto più possibile dal genere del romanzo tradizionale, realista, includendo quanti più possibili stili diversi, e di lingua parlata e di lingua scritta, all’interno delle 292 pagine del libro. Cosicché, alla fine del libro, facendo un inventario ci ritroviamo con circa trentasei stili diversi e quarantadue brani tratti da fonti di vario genere, secondo un criterio assolutamente democratico che non risparmia neanche l’autonomia degli stessi personaggi: «È antidemocratico costringere i personaggi a essere uniformemente buoni o cattivi o poveri o ricchi. A ciascuno di essi deve essere concessa la possibilità di una vita privata, di prendere decisioni proprie, e un livello di vita decente». Antiromanzo o metaromanzo, come lo si voglia definire, sempre che si possa trovare una definizione adatta al caso, quest’opera appare, con le sue forme e temi della letteratura tradizionale, con le sue innovazioni contenutistiche e formali, il frutto puro e semplice di un gioco letterario, un gioco popolato da creazioni del racconto epico e del racconto popolare, fate e diavoli, antichi re, cowboys e poeti; insomma la quintessenza dell’immaginazione, dove non esistono regole o limiti di tempo o spazio. Un mondo, tuttavia, dove si avverte distintamente e costantemente l’odore tipico, così caratteristico, dell’Irlanda e del suo popolo». tale essenza, quella delle proprie radici culturali, dell’Irishness, che rende le opere di Flann O’Brien inconfondibilmente particolari e universali allo stesso tempo. E al lettore lascio il piacere di scoprire il finale di quest’opera, così come l’intreccio delle seguenti: L’Archivio di Dalkry (Adelphi, 1995, pp. 246); Faust Kelly-Arsura (Bonacci, 1984, pp. 196), Il Terzo Poliziotto (Adelphi, 1992, pp. 248); La Miseria in Bocca (Feltrinelli, 2000, pp. 248).
Chiara Sciarrino
In libreria
Flann O’Brien
Una pinta d’inchiostro irlandese
Adelphi, 1993
Collana: Biblioteca Adelphi
Traduttore: J. Rodolfo Wilcock
292 p., brossura
€ 25,00
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