Certe autrici non solo riescono a rivelare verità dimenticate, scrivendo dei loro personaggi del passato come di creature vive, ma si muovono loro stesse tra le pagine, lasciando un’impronta ben visibile, seppur discreta.
A Torino, una di loro è Marina Rota che, con la sua scrittura delicata ma incisiva, ci conduce in un viaggio affascinante attraverso le vite di donne che hanno lasciato un segno indelebile nella storia della città, e non solo. Certe donne, a Torino.
Incontri ravvicinati con figure straordinarie è un mosaico di storie femminili, ognuna con le sue sfumature e le sue contraddizioni, che ci mostra la complessità dell’essere donna tra Otto e Novecento per farci amaramente constatare che poco è cambiato nella società contemporanea.
Marina Rota ha reso vive le sue “fantastiche otto” – dalla prima avvocata italiana alla fondatrice del Corriere dei piccoli all’”amante di” e alla bambina prodigio della musica – attraverso conferenze stampa e interviste immaginarie, apparizioni visionarie in biblioteca e incontri quasi onirici in palazzi ottocenteschi, in un’alternanza tra passato e presente senza bruschi salti temporali ma prendendoci per mano e guidandoci in un mondo che vorrebbe fosse il suo e al quale – non lo nasconde mai – guarda con ammirazione e nostalgia.
Le sue donne, diverse e simili, sono accomunate dall’essere adombrate da figure maschili imponenti, inevitabilmente più in vista di loro in campi del sapere tradizionalmente considerati “maschili”. Destinate a superare gli stessi ostacoli che ancora oggi molte bambine, ragazze e donne si trovano a dover schivare, Teresina, Gemma, Isa, Amalia, Lidia, Bella, Helen e Paola (doveroso nominarle tutte) non sono considerate eroine, ma rese da Rota delle donne assolutamente ordinarie in quanto persone capaci, talentuose, competenti, intelligenti.
Ciò che è straordinaria è la scelta stilistica dell’autrice che, grazie alla sua dote di “medium”, ci permette di ascoltare direttamente la voce di queste protagoniste, offrendoci una prospettiva unica sulla loro vita e sui loro sogni: la ricerca storica e la documentazione sono ineccepibili (nulla è inventato!) e tuttavia ben integrate in una forma narrativa che riesce a sorprendere e coinvolgere.
E poi c’è Torino, indiscutibilmente la nona protagonista: sullo sfondo, un po’ malinconica e austera, ma vivace e presente, con le sue strade e i suoi palazzi, non può che diventare testimone dell’intrecciarsi della storia personale con la storia collettiva, custode della memoria nella costruzione dell’identità delle donne.
Annalisa Menin
Teste di Medusa

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