Ho preso il libro quasi al buio, incuriosita da questo esordiente, Dario Levantino, pubblicato da Fazi.

Mi sono ritrovata il libro Di niente e di nessuno tra le mani e ho letto la sinossi:

Brancaccio, periferia di Palermo. Rosario è un adolescente solitario con la passione per la mitologia classica e il mare. Il padre, cinico e bugiardo, ha un negozio di integratori per sportivi in cui gestisce lo smercio illecito di sostanze stupefacenti; la madre, accudente e remissiva, dedica tutto il proprio tempo alla cura della casa e della famiglia. Solo di tanto in tanto, la donna si concede una pausa per lucidare il trofeo vinto come miglior portiere da nonno Rosario, morto prematuramente nel terremoto del Belice del 1968. Quando, per accontentare un inconfessato desiderio della madre, il ragazzo decide di giocare in quello stesso ruolo con la squadra di quartiere, il percorso che lo condurrà all’età adulta ha inizio: tra i pestaggi, la scoperta dell’amore e il disincanto, Rosario troverà la forza di emanciparsi dalla violenza e dalla menzogna che da sempre hanno oppresso la sua vita.

Un’intensa storia di formazione condotta con la voce, spietata e dolcissima, di un adolescente che lotta per sovvertire i morbosi equilibri di una famiglia infelice. Un giovane autore dalla scrittura agile e peculiare capace di raccontare la paura e l’audacia di un ragazzo che, nel Sud passionale e violento delle periferie, ha il coraggio di diventare un uomo.

Ho pensato… che palle! Eppure il libro restava tra le mie mani. Non l’ho riposto.

E ho iniziato questo viaggio per la Sicilia (terra che amo) insieme al protagonista, Rosario. Che adora sua madre, debole e sottomessa, che ha rinunciato ai propri sogni per la famiglia, e per lei si sacrifica. Vede le nefandezze che il padre combina e lo tiene a distanza. Anzi lo odia (e ne ha ben donde). Protegge la madre in modo encomiabile. Paga per gli errori altrui ma cerca allo steso tempo giustizia. Si prende le sue responsabilità. Porta avanti le sue battaglie, dentro e fuori le mura di casa. Sperimenta. Cresce. Osserva. “Un si scanta di nenti e di nuddu” (non si spaventa di niente e di nessuno, da qui il bellissimo titolo).  Trova le sue vie di fuga – o di salvezza – nella mitologia, nel calcio e in Anna.

Mi sono ritrovata a odiare profondamente il padre di Rosario, a fare il tifo per il cane Jonathan e provare pietà per la mamma di Rosario.

Ci sono alcuni passaggi molto crudi. È una lotta costante e senza tregua. Eppure l’autore è incredibilmente bravo a prenderci per mano e a farceli attraversare. In fondo è quello che succede tutti i giorni. Mica ci si può voltare dall’altra parte o chiudere gli occhi. Lo stile narrativo non è delicato o lezioso. È una scrittura magnetica, che ti porta a voltare pagina, e poi quella dopo ancora. Nonostante il mondo che racconta sia un mondo difficile, di sopravvivenza, di lotta, di sconfitte e di dolore, dannazione non vedevo l’ora di tornare a leggerlo! Non è mai un racconto fine a se stesso. Ti immerge in questo mondo sotterraneo ma ti dota di scafandro. Non hai paura ad immergerti. Anche se ciò che vedi non è bellezza.

È un romanzo tosto, che lascia il segno. Sembra autobiografico ma non credo lo sia. Io sono arrivata alla scena finale e all’ultima pagina con la pelle d’oca. Stupendo. Non mi succedeva da tempo.

Questo romanzo è per i lottatori; per chi si infila le scarpe da tennis sedendosi sul pavimento; per chi non ama i riff ripetuti all’infinito delle canzoni; per chi salta le sigle delle serie tv.

Patrizia Carrozza