Delle opere di José Saramago, Premio Nobel per la Letteratura 1998, una in particolare è difficile a definirsi, per genere e contenuto: il Manuale di pittura e calligrafia (Bompiani, 1998, nel 2000 ndr), scritto e pubblicato in Portogallo nel 1973, tutt’oggi riproposto da Bompiani all’attenzione dei lettori italiani.

Si può tentare una definizione: è il racconto autobiografico del pittore portoghese H. che, ritrovatosi un giorno dinanzi alla possibilità di ritrarre un potente committente partendo dal proprio punto di vista e non più da quello dei clienti, è tentato e vinto da un folgorante scrupolo di onestà, sicché comincia ad annodare lungo la trama di una confessione, meditata dipinta e scritta in segreto nel proprio atelier, alcuni esercizi di un’autobiografia intesa ad affinare uno stile personale di audacia e di sincerità.

Il Manuale di pittura e calligrafia di José Saramago continua da vent’anni
a imporsi all’attenzione del publico, perché ancora capace di porre dubbi ed aprire squarci profondi sui valori reconditi della rappresentazione poetica e sulla funzione gnoseologica dell’arte in generale. È nel Manuale in verità filtrato e deposto il ritratto delle città odierne e dei loro circuiti solitari, delle compagnie di amici che fanno focolare intorno agli affari e alle passioni ideologiche; alla fine del libro, resta tra le pagine, come un segnalibro, la nitida fotografia della condizione comune a tanti sognatori di libertà: nell’impero dei segni, raccolti e stesi su una tela e su un foglio bianco, il pittore-scrittore H. penetra lentamente una realtà diversa da quella allestita dal regime salazarista, tingendo il pennello nel magma rovente di una sincerità fino ad allora repressa, lasciando colare dalla propria penna le stille di verità che coi giorni comporranno uno scenario calligrafico del mondo.

Storia d’amore o saggio di estetica, il libro di Saramago e anche esperimento analitico in forma narrativa, una miscellanea di annotazioni sull’artificio artistico e sulle possibili ricostruzioni del mondo, un’indagine condotta con un terzo occhio tra la molteplicità delle parole che possono dirsi e l’unicità di una verità che basta da sola a ritrovarsi.

Si è detto altrove del Manuale come di un romanzo di crisi, quale kafkiana denuncia del malessere post-moderno di un’Europa afflitta perché popolata dai fantasmi del Potere. Non è stato soltanto questo. Rileggendo oggi quelle pagine si riscopre piuttosto la sorgente di una ribellione che, sebbene ancora in atto, si nasconde in questi anni di un intimismo sì extra urbano, forse più appartato, ma non meno turbolento. Il lettore può oggi riabilitare, di esercizio in esercizio, il fondamento estetico della più moderna delle rivalse, quella dell’individualità laica, da difendere in ogni tempo contro il monopolio di una retorica sempre insidiosa.

«Mi chino su di te, è il tuo corpo che respira, falda di montagna e sorgente.»


Elogio della nudità spietata che scopre e riscrive tutto senza timore, perché spoglia finanche delle convenzioni morali che la ragione politica ha assimilato e indotto, il Manuale di pittura e calligrafia di Saramago prova che la libertà, quella personale che dona pace e respiro e che rende godibile ogni singola esistenza, è sempre, inesorabilmente, una questione di stile.

Giuseppe Falanga

In libreria

José Saramago
Manuale di pittura e calligrafia

Feltrinelli, 2011
Collana: Universale economica
Traduzione di R. Desti
235 p., brossura
€ 9,50

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