Quello di Max Mazzoli è senza dubbio un libro eccezionale; col che non intendo soltanto, banalmente, l’alta caratura stilistica o la capacità di costruire nello spazio tutto sommato ridotto di un racconto dei perfetti meccanismi narrativi; la qualità a cui alludo è la capacità di tessere, all’interno di strutture complesse e perfettamente calibrate, temi portanti quali l’ambiguità della vita e la necessità di una letteratura che la rifletta.

Narratore e poeta con grande esperienza internazionale e accademica in corsi di scrittura, critical thinking e filosofia, Mazzoli parla delle fragili consonanze che collegano vita e letteratura; le quattro sezioni tematiche in cui è suddiviso il libro, ciascuna composta di cinque racconti, si imperniano sulle quattro skills (abilità) che ogni insegnante ben conosce: ascoltare, parlare, leggere e scrivere. Ognuno dei venti racconti, con sorprendente varietà, modula i temi della “morte, vita, amore, speranza, riscatto, conflitto, memoria e riscatto” come recita la quarta di copertina, sempre lasciando intravedere, in filigrana, l’ambiguità e l’inafferrabilità della vita, attraverso uno sguardo disincantato e alieno da false certezze che è ben rappresentato dai vari protagonisti.

Così (scegliendo come esempio un racconto per sezione), la prima storia (Ascolto 1 – La voce della torre) è il dramma interiore di chi ha perso nell’attentato dell’11 settembre la moglie e si confronta ossessivamente con l’ultimo messaggio, in cui ci si dava appuntamento alla sera; il protagonista sa che nulla potrà cambiare il passato e che dovrà semplicemente resistere, cancellando infine quella traccia registrata – ma non la memoria: “Non ho vizi, non ho voci: credo nel vivere, nell’amare, nel morire e possibilmente nel vivere di nuovo” (p. 17).

Nella seconda sezione, Parlato 2 – Hai notato che il 14 è il nostro numero?, ci racconta di un’altra perdita, ma anche della malignità del caso che si fa beffe della sicumera di trovare coincidenze positive, programmare e avere certezze: “Coincidenza, ricorrenza, casualità, destino. Segni, avvertimenti, superstizione. Simboli e logica. Follia e isteria. Ossessione o realtà. Leggi di natura o capriccio. Quattordici e quattordici e ancora 14, e io e te. Quattordici lettere nel tuo nome. Quattordici lettere nel mio nome. Quattordici versi in un sonetto. Quattordici battiti in un verso alessandrino latino-americano, così profumato di Mar dei Caraibi, di acqua, di sole, di sabbia bianca e di fuoco. Quattordici giorni e quattordici notti nella tua ultima assenza” (p. 73).

Nella terza sezione, Lettura 3 – I convergenti sentieri della separazione mette in scena, già dall’ossimoro nel titolo, il livello metanarrativo che sottende tutta la poetica di Mazzoli: il racconto, di straordinaria inventiva e notevole spessore speculativo, è centrato proprio sul rispecchiamento fra l’ambiguità del mondo e quella della letteratura: “Il potere principale di noi esseri umani, il nostro dono più prezioso e sacro è creare storie e credere nell’astratto: quell’entità sottile e sublime che ci fa ipotizzare su ciò che il mondo potrebbe essere, e non solo definire ciò che è. Perché non appena cerchiamo di definire e proclamare categoricamente la verità, non facciamo altro che sparare nel buio” (p. 160).

Il terzo racconto, nella sezione Scrittura (Alan e il sinistro Signor Benson), porta l’ambiguità all’interno della mente umana, in lotta con un Doppelgänger inafferrabile che rimanda a grandi esempi come il William Wilson di Poe o L’Horla di Maupassant: presunta normalità e follia si rispecchiano l’una nell’altra, così come il caso e la necessità: l’ambigua meraviglia della vita e della parola scritta.

Libro di lettura sempre coinvolgente, a tratti intriso di un’amara vena ironica, Fragili consonanze mette in scena la vita intera, nella sua irriducibile complessità.

Mauro Ferrari