Che peso hanno i ricordi quando escono dal baule della memoria e diventano narrazione?
Un peso che si distribuisce tra letteratura, la storia e la sociologia di un tempo: Fringuella, scritta dal giornalista e scrittore tarantino Michele Tursi, edito da Altrimedia Edizioni, è esattamente questo, un romanzo che si legge a passo svelto e lei, la protagonista di questa storia, la immagini subito, è esile e resistente, siamo di fronte a un titolo di romanzo tattile e visivo.
Il climax del romanzo, il suo nodo, è un evento storico culminante e scolpito nella memoria della città di Taranto e nella storia d’Italia, l’11 novembre del 1940, quando nella notte tra l’11 ed il 12 novembre ci fu l’attacco contro la flotta navale della Regia Marina dislocata nel porto di Taranto, da parte di aerosiluranti della Royal Navy britannica. Ma quello che si snoda intorno a questo evento sono numerosi altri fatti storici del Ventennio e non solo. Una sostanza che attraversa tutte le pagine di questo romanzo, tra salti nel passato della “raccontatrice” e di quello che suo figlio Michele apprende, appunta, custodisce.
Fringuella nasce come “cunto” , ovvero evocazione di ricordi e storie passate: l’autore, abile cronista da anni, ascoltando la madre improvvisare “una delle sue solite scorribande a ritroso nel tempo”, decide di mettere insieme i tasselli e far diventare un romanzo la storia di una bimba che nel 1934 aveva sette anni. E che attraversa la storia con un pizzico di incoscienza, insieme agli altri personaggi che abitano Fringuella, ma al contempo di grande perseveranza, anche nelle condizioni più difficili.
“La povertà o ti ammazza o ti rinforza, diceva zia Catarì, ma alla guerra non ci si abituava mai, da poveri e da ricchi”. Questo passaggio è affidato alla nonna dell’autore e quindi madre di Fringuella, un personaggio centrale del romanzo ricostruito dall’ordito di episodi ammantati talvolta di allegria, altre di grande amarezza.
«Michè, Michè» disse «su ‘ste cose non si scherza. Che ne sai tu. La guerra è brutta. C’era fame e miseria pure dopo che sbarcarono gli alleati. E non ti dico sotto al fascismo. Con quelli non si poteva manco parlare…». Tra chi combatte e chi si nasconde, chi deve obbedire e chi deve arrangiarsi tra corredi improvvisati e lavori stentati, il Fascismo entra come un virus nelle vite di tutti, attraversa luoghi che sono descritti con maestria, cartoline di una Taranto che le nuove generazioni non rammentano più con quelle connotazioni.
“La rada di Mar Grande custodiva le navi della Regia Marina. Gli scafi nazzicavano come perdoni della Settimana Santa sul mare azzurro. Il cielo era appena punteggiato di nuvole che all’orizzonte sfioravano l’acqua. Sul pennone del Castello Aragonese il Tricolore aspettava un alito di vento per dispiegarsi. Era il 10 giugno e il caldo già non dava tregua. Fringuella indossò una gonna blu e una camicetta bianca abbottonata fino in cima. Aveva 13 anni; la bambina paffuta era diventata una signorinella che già attirava gli sguardi quando camminava a passo svelto su via D’Aquino“.
I luoghi in Fringuella hanno un ruolo centrale: sono il set delle storie di Vincenzo, il padre dell’autore, di Nicola e Caterina, Annina e Teresa, cumpà Peppe. E poi i suoni. Quelli che non si dimenticano. Quelli delle bombe maledette di cui anche noi, nel 2022, abbiamo ripreso a parlare.
“Zia Catarì pensò che era finita. Il cuore le esplodeva nel petto come le bombe che finivano in Mar Piccolo. Erano in trappola. Strinse il rosario nella tasca del gonnone in tela così forte da spezzarlo. Anche Dio si era rotto”.
Uno dei passaggi più intensi del libro che emoziona e incuriosisce è quella del taglio delle trecce, che Fringuella racconta a Michele. “Frequentava la seconda elementare. Entrarono in classe due uomini in camice bianco e uno con la divisa da fascista. La maestra spiegò che il Duce si preoccupava della loro salute, del decoro e dell’igiene personale. Dopo cinque minuti furono chiamati a uno a uno secondo l’ordine del registro di classe. Arrivò il suo turno. Fringuella si avvicinò ai due uomini col camice: il primo impugnava le forbici e le tagliò le trecce, l’altro le rasò la testa con una macchinetta che faceva il solletico”. Emozioni e fotografie di una vita vera.
La storia delle ricostruzioni famigliari è sempre affascinante, perché fatta di vita vera, come Tursi anche Marta Barone in Città sommersa in cui vengono a galla persone, volti, fatti, storie, prendono vita fotografie, testi e testimonianze: lì l’autrice incentra la storia su una memoria difensiva e dal richiamo alla mente del periodo che il padre passa in carcere durante gli anni Settanta. Viene spontaneo pensare anche a Una Donna di Annie Ernaux, in cui l’autrice parla della vita di sua madre, consegnando importanti tessere di storia collettiva francese. Fringuella ha quasi 94 anni. E una memoria che è diventata letteratura.
Antonella De Biasi
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