La Napoli Vicereale fa da sfondo a Il canto del castrato, romanzo di Giovanna Mozzillo pubblicato da Marlin Editore. Nella tenuta di una famiglia ducale si consumano le vicende di due donne, legate dallo stesso sangue e dallo stesso destino.

Ippolita è la consorte del Duca, a lui devota anima e corpo così come richiede il vincolo del matrimonio. Giace al suo fianco sin da quando era una bambina e, pur patendo la brutalità di un uomo indifferente alle sue sorti e ai suoi sentimenti, prosegue nella sua esistenza come vittima di un destino ineluttabile. Lucrezia, sua figlia, conserva ancora la vitalità e l’innocenza proprie della giovane età, e – pur promessa in sposa ad un uomo che, dal solo aspetto, rivela un’anima triste – cerca di godere delle sue giornate di libertà finché ne avrà modo.

A scombinare la vita all’interno della loro dimora, un fattore esterno, che l’autrice affida alla voce soave e angelica del Caffarello, un canterino che allieta corti di re e regine in tutto il mondo regalando loro una parvenza di paradiso grazie al suo canto. Caffarello, che dà il nome al romanzo, è il fattore scatenante degli accadimenti, che porteranno ad una reazione a catena nelle due donne. La giovane Lucrezia, ammaliata da quella voce, scopre di provare per quel ragazzo un’attrazione fatale, e ben consapevole delle conseguenze di tale infatuazione, sceglie di dar loro sfogo, di non privarsi di quella promessa di felicità.

Ma la società che fa da sfondo alla storia è gretta, bigotta, invasa da credenze e convinzioni che si sono ben radicate nella mentalità dei suoi abitanti: come potrebbe mai una donna, di nobile famiglia, unirsi ad un uomo di umilissime origini, per di più menomato? Sarebbe un sacrilegio. Il dramma interiore della giovane donna, vissuto nell’intimità del proprio amore, si consuma allo stesso modo di quello di sua madre, che si scopre innamorata a sua volta di chi mai avrebbe potuto amare: il precettore della sua prole, nonché un prelato, intoccabile per sua stessa natura.

Le vicende riportate dall’autrice raccontano di amori negati e corrisposti, di sottomissione, di credenze popolari spesso risultati di affabulamenti religiosi. Raccontano di rivalsa e coraggio, di un percorso di consapevolezza che deve necessariamente giungere al suo apice di tragicità per sortire l’effetto desiderato. È indispensabile che le sorti di Ippolita e Lucrezia siano travagliate affinché l’insegnamento sia in qualche modo funzionale alla loro crescita.

Per sviscerare una trama che presenta momenti di tensione alternati ad altri un po’ più lenti, quasi oziosi, uno stile narrativo che inizialmente spiazza. La scelta, sicuramente audace, di ricorrere a un linguaggio quanto più vicino ai protagonisti, può sembrare di primo acchito poco efficace. Ma le impressioni iniziali del lettore sono subito smentite man mano che la trama incalza e le pagine scorrono. Fatta eccezione per alcune espressioni, che risentono del nostro linguaggio quotidiano e quindi stonano nell’orchestra stilistica del libro, il ritmo è incalzante fino alla conclusione della storia.

Giovanna Nappi

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