Poniamo il caso che volessimo, per allontanare il continuo stordimento procuratoci da un’enormità di libri bislacchi iperbolicamente vantati e garantiti in seconda, terza o quarta di copertina procurarci una volta tanto un libro semplicemente sano, in cui si racconti una bella storia, non sofìsticata o adulterata per compiacere la moda del momento, ma proposta, piuttosto, con una certa complice raffinatezza. E poniamo il caso che in questo libro lo stile dell’autore, già maturo e definito, non accusi sbavature né appesantimenti, benché non di rado debba poggiarsi sull’ampio bagaglio di costrutti e sull’ancor più ampio repertorio di immagini e di concetti della cultura popolare e dialettale.
Un libro, insomma, in cui la leggerezza, la lucidità dello sguardo, il tratto lieve del pennello che l’esce ad evocare e a suggerire più che a dire espressamente, si pongano come segni di sicura qualità e manifestazioni convincenti di una coinvolgente capacità espressiva, che srotola sotto i nostri occhi la tela preziosa di una storia delicata e, a tratti, commovente. E tutto questo senza eccedere, anzi dominando e proponendo la materia con misura e pacatezza, nel rispetto, innanzitutto, delle sfumature, dei particolari, delle grandi verità sull’esistenza che passano attraverso la cruna degli aghi più sottili.
Un libro, ancora, in cui il gusto per il colore, l’abbandono alle sensazioni, l’amore per gli oggetti e per i resti di oggetti sparsi per il mondo non possono essere frutto della sola passione, per quanto abilmente assecondata, quanto piuttosto di una grande, acuta sensibilità, di un profondo rispetto per i luoghi e per le umanissime vicende narrate, di una voglia di raccontare che sembra risalire indietro nel tempo fino a toccare quelle storie del tutto prive di colpevole e voluto artificio in cui non vi era possibile distinzione fra il narrato e la vita allo stato puro, in tutta la sua bellezza e in tutta l’assolutezza del Suo dramma.
E poniamo infine il caso che si possa ritrovare nei meandri di questo libro pieno di tracce, richiami, accenni, possibilità, suggerimenti, pieno di esistenze e di oggetti perfetti o slabbrati, il richiamo di una letteratura estremamente stratificata e levigata, ricca e sapiente. Libri nei quali è possibile avvertire gli stessi profumi, gli stessi echi lussureggianti, gli stessi paesaggi densi e incantati che il nostro libro ipotetico naturalmente contiene… Il bello, arrivati a questo punto del gioco, è che questo libro non è poi così ipotetico, che qualcuno lo ha già scritto e che, con un po’ d’impegno, lo si può acquistare in libreria. Il nostro sogno, il sogno volenteroso di chi vuole ancora leggere libri fatti quasi su misura, con tutti gli ingredienti giusti sapientemente dosati, si materializza infatti nelle pagine di Domenico Notari, che di professione fa l’architetto a Salerno.
Per garantire a ciascuno un piacevolissimo soggiorno nel paradiso del lettore, Notari inventa personaggi di essenziale vivezza, ispirandosi alle vicende note e meno note del popolo di ceramisti di Vietri sul Mare. Nella prima parte (I toni cangianti del mare) l’autore comincia a tessere, in terza persona, la tela della vita del ceramista Michele Procida e del suo rapporto con un gruppo di artisti tedeschi, trasferitisi a Vietri per fornire un personale contributo all’evoluzione della ceramica locale e costretti poi a tornare in Germania per l’avvento delle leggi razziali durante il regime hitleriano. In questo rapporto è incastonata la storia del sentimento sempre più coinvolgente che lega Michele alla giovane Gertrud Hohler, sentimento che non avrà sbocchi duraturi a causa della traduzione in Germania della ragazza (che Michele scoprirà essere ebrea) con l’aiuto della polizia fascista. Nella seconda parte (La promessa) la narrazione è condotta in prima persona dallo stesso Procida, che ci fa assistere in presa diretta alla sua prima adolescenza: al lavoro di apprendista nella faenzera paterna, all’amicizia con il quasi coetaneo Aniello Cimino, al tentativo frustrato di fidanzarsi con la bella Tommasina, figlia di un operaio della fabbrica di ceramiche e destinata a trasferirsi negli Stati Uniti, proprio sul più bello, con tutta la famiglia. La terza parte del libro è costituita da una specie di dossier che raccoglie racconti minimi e notizie su una serie di riferimenti obbligati, storici e iconografici, tanto per le vicende narrate nelle prime due parti quanto per l’epopea degli abitanti di Vietri che fa loro da sfondo. Il libro si chiude con un dizionarietto dei termini ceramici che apporta una ulteriore nota di colore e di grazia, che passa per la freschezza delle voci repertoriate, in gran parte vocaboli tecnici di chiara origine dialettale.Un libro che non ha bisogno di essere etichettato come un capolavoro per segnarsi nell’animo di chi legge e per purificarlo, anche, da tanta zavorra inutile. Il libro dei sogni materializzatosi sotto i nostri occhi a ricordarci che i migliori desideri conducono in realtà lontano dallo strepitio e dalle esagerazioni, in una normalità luminosa nella quale tutte le storie, senza far rumore e senza prepotenze, assomigliano alle nostre.
Giacomo Leronni
Per scoprire la casa editrice Marlin, qui è possibile leggere l’intervista presente nel nostro Catalogo.
In libreria

Domenico Notari
L’isola di terracotta. Ediz. ampliata
Marlin, 2019
Collana: Il Portico
196 p., brossura
€ 14,00
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