Con Heartbeats. Il segreto del cuore meccanico di Peter Bunzl veniamo catapultati in un mondo steampunk popolato da automi meccanici, costruiti con le regole minuziose di un orologio e destinati a rispondere alle tre leggi della robotica dettate da Asimov.
Tutto comincia con una volpe meccanica, Melkin, e il suo padrone e inventore, John. Sono inseguiti da un sommergibile e, mentre tentano di fuggire, l’uomo consegna alla volpe un messaggio per la figlia. Il meccanimale scappa con il messaggio, ma viene inseguito dagli uomini che hanno colpito il sommergibile del suo padrone: per fortuna riesce a nascondersi, ma viene ferito e la sua batteria – ricaricata con una chiave – si scarica.
Viene ritrovato da Robert, un ragazzino che lavora proprio come apprendista di suo padre, che è un abilissimo orologiaio che scopriremo aver conosciuto John, il papà di Lily.
Lei è la protagonista, il cuore di tutto: in un doppio senso perché come recita il messaggio “il segreto è il cuore”.
La bambina si vede crollare il mondo addosso: il papà disperso viene dato per morto, la sua governante si rivela essere malvagia, prendendo possesso della casa come fosse sua e cacciando tutti gli automi con cui Lily è cresciuta e che lei considera la sua famiglia.
Riuscirà peró a fuggire, si riunirà a Malkin e con loro ci sarà anche Robert, in un continuo fuggire dall’uomo che ha seminato morte e distruzione per avere il segreto del cuore meccanico.
Un cuore che non ha bisogno di energia per funzionare, un motore inesauribile. Una scoperta che vale miliardi e che potrebbe valere l’immortalità, o la salvezza dell’umanità.
Invece la verità è molto diversa da così e chiama in causa proprio Lily, ignara di una parte importante della sua storia perché il padre gliel’ha sempre tenuta nascosta per paura. Lo scopriamo essere un uomo debole, incerto, profondamente umano che non fa la scelta più etica o morale come un eroe. Anzi, fa una scelta essenzialmente umana; sceglie l’amore e la vita della sua bambina, che è il suo tutto, il suo cuore.
E così, Lily rimane la tenutaria di un enorme e potente segreto, un dono di vita e un fardello, che lei ascolta battere dentro di sé, grata per la vita che le è stata data.
Continuo a pensare alle scelte di mio padre. Al fatto che la mamma è morta per quelle scelte. E non so se io merito di essere qui o se sarò mai abbastanza in gamba da far sí che il suo sacrificio non sia stato vano.
– Sai, – le disse Robert, – una volta in negozio lavoravo alla riparazione di un carillon e stava andando tutto storto.
Mio padre mi ha preso da parte e mi ha detto: «Sembra complicato se guardi i singoli pezzi, ma lo scopo del carillon è suonare musica allegra. Perciò devi solo imparare come metterli insieme in modo che possa farlo. Lo stesso accade nella vita. L’importante è vivere al meglio. È tutto quello che hai e tutto quello che puoi fare: vivere ed essere felice.
È un racconto veramente umano, in cui è l’amore che tira le fila di tutto, che governa le scelte dei protagonisti e li porta, alla fine, a rendere giustizia e a vincere sull’uomo malvagio che voleva tutto il potere per sé. Una storia che ci pone anche un quesito profondamente attuale: un automa ha un’anima?
Chiara Rotundo
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