RISALENDO L’ARNO DA PISA
È piccolo, con la pelle che luccica, in mezzo:
un troppo caldo, con la pelle che ci batte
dentro, la lingua, come il bambino petit
in tous les enfants du monde.
Al momento di spegnere,
le onde saranno cadute, e Rimbaud, evidente, e
la Gioia in lui tutta voluta, e l’Apparenza sciolta… – Impara:
appare, viene, il punto che Interpreta
un’azione con un’altra; viene, è,
un ricciolo su «a» e «la», nella musica: il dono richiama
dono, il dono
assiste un dono, dono consuona con «un dono».

L’«ADORABILE»
Non è ancora la «fisionomia». Sono particulae; la maestà
la fronte, le guance, il naso, (il vento) – che tocca
la propria voce, sfiorando: e si dilata la voce: anche.
«il proprio cuore» – e parlarne – si dilata, anche.
Cristo era il Santo Volto: [ora] Cristo «calca» il torcular, latino.

da Sul Bianco, Genova 1999

il testo che figliasse sarebbe una madre:
la persona materna e una donna vera, già matura.
l’autore, o il figlio, appenderebbe
due mani alla sua gonna
e uscirebbe sano dal paragone:
vivo come un cucciolo, vòlto tutto a questo – dunque «ti costringo».
la punizione non esiste più: qui il battito sulla terra
(la larghezza del battito; felicità di donare) alzava
l’Aria fino ai polmoni, e li gonfiava,
arrossava le guance, dava il meglio
alle sue punte – e ai ricci (…): infine si adagiava qui, dormiva (dorme),
e dormiva (dorme ora; ora «dorme»), circo-scrive, si rende fragile.
o è disarmonia: ora il visage è il viso poco
aspro, un suo arbitro capace, ora applicato bene
ai proprî simili – i tuoi viventi – sottile sempre, molto
arnato: item, la mente è salva.
Dopo un abbandono reale ci si abbandona;
tutti gli altri tentativi portano fuori,
e pure cresce la dolcezza – e cresce.
Tutti i tentativi sono

Fiore di rosa
Ogni lavoro prende la dolcezza –

la dolcezza è un centro vero e verde,
parlato basso.

da Nove Monologhi, Genova 1999

Difficile tentare la strada verso la poesia di Massimo Sanelli.

Difficile, leggendo parola e testo in una estrema, quasi intimidita cautela; non cautela ma Attenzione che sia rispetto. Poiché la parola è qui così intrecciata al corpo, alla vita nel suo misterioso sviluppo, al gesto, da riuscire impresa ardua separarla, il parlarne come pura lingua e parola. È lingua-vita. Per questo «viene un punto in cui interpretare è piccolo».

Ma è raro incontrare tale bellezza di verso – e la bellezza vive nell’inesprimibile. Bellezza di una poesia densa, veramente un testo che sa figliare, un testo che tenta l’impresa di accudire il mondo di essere protettivo e dolce poiché «la dolcezza è un centro vero e verde, parlato basso.» Una parola che nasce nella spogliazione (la spogliazione è anche nell’accumulo, nell’iterazione) e nell’estrema cura, e che, a tratti, in piena metamorfosi, nel paradosso della spogliazione, cresce fino a divenire mano che desidera toccare, piede che desidera camminare, labbro piegato nel bacio, ciocca di capelli, voce.

Qui parola e densità del mondo s’accompagnano, sono insieme, e la poesia diviene la tavola bianca dell’incontro. Ma la bellezza è così misteriosa. Difficilmente la sua lettura sa farsi chiara comprensione, poiché essa si mostra e si vela insieme, ci spinge lungo una tortuosissima strada, un parco, il giardino molto intricato dove essa dimora. Voglio dire: la poesia di Sanelli è un giardino «con parti di lavanda blu», il Parco dei cervi di Cristina Campo, uno spazio in cui «tutti i tentativi sono fiore di rosa, ogni lavoro prende la dolcezza», e tutto ciò che è nel giardino è pieno ed odoroso. E, nel giardino, le poesie: cespugli, piccoli fiori, piccole perle.

Qui, ancora, la poesia rimane, pur seguendo vie misteriose, cerimonia e dono: il «verbo dolce», «felicità di donare». Costruzione meticolosa, degna di un compositore di mosaici che sa ottenere inaspettati effetti di luminosità. Custodia del segreto della bellezza.

Elena Varvello

Massimo Sanelli è nato nel 1973. Vive ad Albenga. Scrive poesie e monologhi che stampa in casa. Ha tradotto e commentato Boezio di Dacia Sui Sogni ed Anonimo di Erfut Sulla Gelosia per i tipi de Il Melograno.