In cerca di Pan è un viaggio che desidera raggiungere il mito, lontano nel tempo più che nello spazio. È un confluire di ricordi e sensazioni di viaggi passati. È una contaminazione tra passato e presente.
Una lettura immersiva in un mondo che non è il nostro ma solo in apparenza; non abbiamo, mai, realmente, visto un satiro e una ninfa che si rincorrono. Non abbiamo mai avuto esperienza diretta con una dea, un dio o un semidio, tutti più o meno crudeli e bellissimi. Li abbiamo immaginati, leggendo o ascoltando le loro storie, magari narrate e scritte da poeti scomparsi.

Tanto tempo fa, in un viaggio che andava nella direzione inversa di quella che faremo con In cerca di Pan, si annunciava la morte del dio Pan, e tutti, equipaggio e viaggiatori, sembrano ricordare… con trepidazione ma anche inquietudine. E se percorrendo la rotta al contrario, ossia verso le origini dei Miti, li ritrovassimo in vita?
Del resto, la realtà che ci circonda è plasmata dai nostri pensieri, una rete fittissima di pensieri, consci e inconsci, nostri e degli altri, che ignoriamo. Allora, potremmo benissimo trovarli, toccarli con mano, o solo con lo sguardo se decidessimo di non scendere dalla nave. Oppure, non sarà tutta una messa in scena? Un viaggio che muta e si trasforma, trasfigurando i viaggiatori “contenitori di pensieri” (contaminati dai ricordi), in attori non protagonisti.

«La messa in scena
Garantisce l’artificio letterario
La meraviglia dello spettatore
Coincide con l’esperienza personale
Ovidio fa questo
Mette in versi
Il nascondiglio e gli occhi dell’osservatore
In posizione opposta al palco»

Si legge tra la prosa e i versi che si alternano, sospendendo il lettore e i turisti stessi da una «epoca infelice, privata dei miti e della narrazione, destinata unicamente a nutrirsi degli scarti del passato.»
La crociera permette al lettore di fare delle soste importanti, di vivere le emozioni che i viaggiatori sentono, di realizzare desideri, come quello mio da sempre di incontrare la sacerdotessa di Apollo, incuriosita dalle sue rivelazioni ambigue (e magari conoscere lo scopo di questo viaggio), o la feroce di lui sorella: Artemide.

«Ci si domanda cosa avrebbe
Reso differente Artemide
E reso avvertito
Atteone a non ammirarla
A evitare l’incrocio di sguardi.»

Il poeta Ovidio che pare sia tra gli ospiti della nave, ci ammalia e ci confonde, ci trastulla in questo suo tempo prima di giungere nella terra del suo esilio.
Ci si ritrova ad un certo punto dietro la porta di una cabina a proclamare versi, parole che giungono ad una donna che si presta al gioco (magari è solo una pedina), e nuda nella Jacuzzi ascolta. Sente.

Poi se ne va, sembra un’altra: «Dev’essere stato il piede equino dell’uomo che ha suscitato fantasie irrefrenabili nella donna, forse ricordi di amplessi con Pan o con i satiri dei boschi e delle isole.» Il fascino di questa lettura è un po’ come il responso della Pizia, un modo non diretto di dare risposte. È una rivelazione che si fa strada tra quel che è stato e quel che sarà, che dovrà accadere.
Una partita a scacchi che non termina mai, che ci rimanda ai tempi dei viaggi nel Nuovo Mondo insieme a Shakespeare.
«È verso il nostro passato che gli occhi sono indirizzati. E con essi l’olfatto e il gusto e il tatto. Tutto procede verso il recupero di qualcosa di personale, un ricordo una sensazione che ci prendono e ci trascinano lontano dal ponte della nave.»

Un romanzo che ho riletto subito dopo averlo terminato, per recuperare quei pezzi che sembrano “innocui” ma, come nei responsi sibillini, sono essenziali per il nostro destino. Lo consiglio non solo a chi ama l’arte e la mitologia ma a tutti gli appassionati di storie.

Alessandra De Angelis