Anno 1 | Numero 1 | Settembre 1997

Come Dario Voltolini a proposito del suo Forme d’onda, anch’io pensavo che, una volta uscito e ormai adulto, Incantesimi avrebbe preso la strada e che ci saremmo separati senza complicazioni. Ancora adesso sono certa che, se fosse dipeso da lui, le cose sarebbero andate così. E invece no: no, perché c’ero di mezzo io, e perché, dal 7 febbraio di quest’anno, data in cui è arrivato in libreria, non c’è stata mattina in cui mi sia svegliata senza pensarlo, senza sentire di dovermene occupare, di dover fare qualcosa per lui, un po’ come per un bambino appena nato. Cosa, di preciso, non avrei saputo dire. Per cui mi sono agitata un bel po’ senza costrutto. Al tempo stesso, però, mi accorgevo di una cosa strana, strana e piacevole: più m’interessavo al mio libro, più cresceva l’affetto per lui, e più riuscivo a vederlo così com’era, con i suoi pregi e difetti. In altre parole, e contrariamente a quel che viene detto di solito, mi accorgevo di quanto sia stretto il legame tra il giudicare e l’amare. Partendo da questa constatazione – dal fatto che ho cominciato ad amarlo davvero quando è uscito, e che, amandolo di più, me ne sono anche formata un’idea più chiara – cercherò di dire cosa mi piace di lui e cosa no.

Incantesimi racconta un’infanzia, ma non è un libro di memorie, perché dà voce non all’adulto che ricorda, ma alla bambina protagonista, mettendo il suo punto di vista al centro della narrazione. Così il lavoro è consistito soprattutto nel restituire la spontaneità dell’universo infantile, l’immediatezza del suo sguardo sul mondo.

Il romanzo è scritto in parte al passato, in parte al presente. L’io narrante adulto parla al passato, e il suo intervento si limita a dare il contesto, le coordinate in cui si svolgerà il racconto in tempo reale della bambina. Forse la tecnica ricorda l’operare del fotografo, quando cambia obiettivo alla macchina e, da un grande angolare, passa al teleobiettivo che avvicina, rende presenti le cose, quasi accessibili al tatto.

A proposito di quest’immediatezza vorrei ricordare un libro che mi sta molto a cuore: Età d’uomo di Michel Leiris. Un libro meraviglioso sull’infanzia e l’adolescenza che ho scoperto dopo aver scritto Incantesimi e che mi ha fatto capire molte cose sul mio romanzo e sulla scrittura in generale.

Nella “Letteratura considerata come tauromachia”, un breve saggio che accompagna Età d’uomo, Leiris parla di un problema che non gli lasciava tranquilla la coscienza e gli impediva di scrivere: «Forse ciò che avviene nel campo letterario è senza valore se rimane ‘estetico’, anodino, esente da sanzioni, se non c’è nulla, nello scrivere un’opera, di equivalente a quello che per il torero è il corno aguzzo del toro […] In realtà soltanto questo, per la minaccia materiale che presenta, conferisce un valore umano alla tauromachia, le impedisce di essere grazie vane da ballerini».

In altre parole Leiris si chiedeva se il fatto di scrivere può comportare, per chi lo fa, un pericolo – pericolo che, ai suoi occhi, traccia la linea di demarcazione tra scrittori e letterati.

Credo che scrivendo Incantesimi condividessi inconsapevolmente tale preoccupazione, e credo di aver cercato la garanzia della presenza di questo pericolo, «almeno l’ombra di un corno di toro» direbbe ancora Leiris, sforzandomi di riconquistare l’immediatezza cui accennavo prima. Di riconquistarla, però, attraverso la scrittura, e non attraverso il ricordo, evitando il più possibile la mediazione dell’ottica adulta, la sua rivisitazione del passato.

Immediatezza come esposizione, dunque: esporsi con sincerità, con crudeltà talvolta, consegnarsi agli altri, al lettore, affidando il racconto a quella voce di bimba in presa diretta con la vita.

Ecco: credo di non esserci sempre riuscita. Per citare di nuovo Leiris, mi sembra che alcuni capitoli del mio libro sfiorino «quella densità particolare, quella toccante pienezza, in altri termini: la qualità propria di ciò che viene detto autentico», ma ce ne sono altri, ah, altri in cui avverto censure che opacizzano tutto, i suoni colori ed emozioni, e che finiscono per pesare sulla pagina come macigni.

Linda Ferri

 

“Mio padre ha un’amica strega, se ci rinchiudiamo nel buio di una stanza, fa piovere caramelle.”

Una pagina da “Incantesimi”

Ecco la culla rivestita di mussolina bianca che veleggia nella mia stanza, c’è un momento di estinzione, poi l’ancora viene gettata proprio nel centro, così che il poco che ho di mondo si mette d’un tratto a vorticare intorno a quel sole appena nato.

Quando mia sorella arrivò, eravamo già in tre: i miei fratelli di sette e nove anni e io, che ne avevo due. E della preistoria in cui lei non c’era ancora non mi resta alcuna immagine: tutto è buio, come prima che sia giorno.

Vedo invece mia sorella nella culla, e una sedia lì vicino sulla quale m’inginocchio, i gomiti sulla spalliera. Rimango a osservare per un po’ le sue manine trasparenti che volteggiano nell’aria. Poi scendo e me ne torno a giocare per conto mio in attesa che diventi grande.

Più tardi vedo tutto un viavai confuso in casa, e mobili, bauli e valige che se ne vanno in processione giù per le scale. Anche il mio lettino se n’è andato e nella stanza resto io, seduta per terra, e accanto a me la culla urlante, che ha paura di rimanere sola. C’è questo vuoto spaventoso e l’urlo della culla che vi rimbomba dentro, allora mi tappo le orecchie con le mani aperte e piango.

Con la Carolina, la nostra Plymouth anni cinquanta dalle ali d’oro piena zeppa di bagagli, traslocammo in Francia, a Parigi, a cominciare una uova vita: mio padre al volante, mio fratello grande accanto a lui e, dietro, io, Pietro e la mamma con Clara in braccio. La nostra casa era al pianterreno, buia, e mia madre vestiva me e mia sorella di colori chiari per tenerci d’occhio facilmente. Poi, quando fummo un po’ cresciute, prese a vestirci uguali e anche di colori scuri.

 

L’autobiografia del 1997

Linda Ferri è nata Roma dove attualmente vive e lavora nel campo dell’editoria. In passato ha vissuto e studiato a Parigi.

Il libro nel 1997

Linda Ferri
INCANTESIMI
Feltrinelli 1997, pp. 115
£ 18.000

Il libro oggi

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