Lisa Ginzburg, per la collana Mosche d’oro della Giulio Perrone editore, ci racconta Jeanne Moreau, «una donna che risplende, si afferma, e che lo fa senza seguire modelli; qualcuno che non deve conquistare, perché la prima conquista è sé stessa, ed è già avvenuta». Dea del cinema francese e non, Jeanne ammalia il suo pubblico e registi come Truffaut, Fassbinder, Buñuel, Welles.
Jeanne dirà di sé stessa di essere «seria come un papa», una professionista disciplinata, dedita al suo lavoro, alla fibra della sua esistenza. Centotrenta film e cinquanta pièce teatrali, un’attrice magmatica e malleabile, in grado di impersonare le donne con la stessa autorevolezza, sempre presente a sé stessa, sempre vera.
Jeanne nasce nella città dell’arte, Parigi, nel 1928, il padre è un ristoratore, la madre è inglese ed è una ballerina del Folies – Bergère. «Devo tutto a mia madre e a mio padre: a lei perché mi ha sempre sostenuto, a lui perché mi ha sempre contrastato, a quanta forza mi ha dato avere un padre avversario del mio lavoro, del mio talento». La madre, artista interrotta proprio a causa della gravidanza, le insegna la forza, il controllo di sé, la volontà di proseguire quello che ha fallito. Il padre, irruento e irascibile, la osteggia, ma è l’innesto per quella fiducia in sé assoluta che la porterà sempre a sostenersi per tutta la sua carriera.
La vita di Jeanne cambia quando nel 1944 si reca al Théâtre de l’Atelier a vedere l’Antigone. La dedizione del personaggio, la sua potenza, le fanno capire qual è la sua strada. Da allora Jeanne si dedicherà sempre con tutta la prorompenza del suo animo alla recitazione.
Lisa Ginzburg indaga la vita della Moreau, ce ne racconta l’anima, il suo talento naturale per stare dentro le cose, la sua luce e le sue ombre. Le sfaccettature, la sua autorevolezza dinanzi alla camera, i silenzi, i sogni, le ferite. Da Catherine in Jules e Jim, la Ginzburg ne rimane folgorata, e attraverso la sua scrittura precisa e impetuosa, ci racconta il suo amore per Jeanne e il desiderio di indagarne le mille increspature.
«I veri registi non provano a trasformarti, piuttosto ti sostengono nel tuo cammino verso un personaggio, una natura», racconta Jeanne e la Ginzburg aggiunge, «Ciascuno dei due è libero di esprimere sé stesso, e di riporre nell’amicizia anche quel che desidererebbe dall’amore: mescolare il proprio lato maschile e quello femminile, farli dialogare con i rispettivi lati nell’altro, regalarsi mutuo spazio e respiro». Jeanne non è solo un’attrice, ma è una musa per i professionisti con cui lavora. È pura arte di saper vivere il personaggio, ma mantenerne il giusto distacco per non perdersi.
Jeanne è una donna libera, «accogliente, arrendevole, con la stessa morbidezza autorevole e ferma, […], duttilità di una donna che si conosce a fondo e sa bene cosa significano il proprio talento, l’intelligenza, la propria unicità. Lei che si lascia dirigere e che può farlo perché sa di essere lei a condurre il gioco».
Lisa Ginzburg ci plasma un’artista, una donna che ama sé stessa e ama coltivarsi. Ci apre un percorso che ci conduce dalla Jeanne adolescente, alla Jeanne che si scopre e cresce, impara ad amarsi e a vivere la sua professionalità con passione, sino alla Jeanne alla fine dei suoi anni, consapevole e silenziosa.
«Rainer Werner Fassbinder coglie nel segno quando, nel commentare il personaggio di Lysiane in Querelle, dice quanto Jeanne Moreau rappresenti la donna: quella che più di ogni altra è stata in grado di incarnare l’archetipo della potenza femminile. Un femminile che ha assunto il maschile e lo ha fatto suo, femminilmente suo. Questo tra molte cose è Jeanne Moreau, straordinaria attrice».
Ilaria Amoruso
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