Introduzione
Questo articolo è un riepilogo della ricostruzione linguistica e culturale avvenuta nella Catalogna postfranchista, durante il periodo della Transizione, dal 1975 al 1982, volto a fornire uno stimolo per coloro i quali desiderano avvicinarsi al pensiero catalano, a partire dalla sua rappresentazione ovvero dalla sua lingua. Ho fatto, in particolare, riferimento al libro La cultura catalana di Aisa F. Pazos M.L. e Sobrequés i Callicó J., Barcelona, Editorial base, 2012. Si tratta di un semplice testo divulgativo, di sintesi della cultura catalana a partire dal suo inizio in età medievale per arrivare all’attualità, che tuttavia offre una panoramica esaustiva per un pubblico medio. Mi sono soffermata sulle notizie relative al periodo e all’argomento prescelto.
Libri, rose e libertà
I catalani credono molto nel libro. Barcellona ha una realtà editoriale importante, certamente in crescita. I catalani sono i creatori della celebre Festa del libro e della rosa che si svolge il 23 aprile, nel giorno di Sant Jordi, il patrono della Catalogna. Un’antica leggenda narra che il santo, dopo aver liberato un villaggio da un drago, avrebbe colto delle rose, generate dal sangue della bestia e le avrebbe regalate alla sua principessa. La giovane, in cambio, gli avrebbe, a sua volta, donato un libro. Così è rimasta l’usanza che, il 23 aprile, gli uomini regalino delle rose alle donne e che queste ricambino donando loro un libro.
Il catalano è una lingua neolatina, diffusa in Catalogna, nella Comunità Valenciana, nelle Isole Baleari, nella zona del Rossillon della Francia meridionale e in Andorra, ma anche in Italia, nella città sarda di Alghero. La culla dell’idioma è indubbiamente la Catalogna e, nello Statuto di Autonomia della Catalogna, si stabilisce che la llengua propia de Catalunya és el català! Lo Statuto di Autonomia fa seguito all’approvazione della Costituzione spagnola del 1978, avvenuta tre anni dopo la morte del dittatore Francisco Franco. Lo Statuto è stato sancito da un referendum nel 1979, entrando in vigore nel 1980.
La società catalana, durante gli ultimi decenni del franchismo e, soprattutto, dopo la morte di Franco, nel 1975, sperimenta profonde trasformazioni. L’economia si espande, e questo permette una sostanziale modernizzazione della società. Tuttavia, il regime franchista mantiene la sua linea repressiva, dittatoriale e anticatalana fino alla fine e la riaffermazione catalanista deve operare con fermezza per risollevare la cultura e la lingua catalane ferocemente represse. Lo fa innanzitutto, da una parte, con la fondazione nel 1961 di Òmnium cultural, che si dedica ad organizzare lezioni di lingua catalana e che, a partire dal 1969, promuove il Premi d’Honor de les Lletres Catalanes e, d’altra parte, con la costituzione della compagnia discografica Edigsa, che produce l’opera dei cantautori della Nova Cançó, come ad esempio Lluís Llach.
L’opposizione al franchismo cresce in Catalogna a tutti i livelli e in tutti i settori: nella scuola primaria, con campagne a favore del catalano, nei movimenti di contestazione giovanili, nei settori ecclesiastici persino, da ricordare la campagna Volem bisbes catalans, e nel nuovo movimento operaio, capeggiato da Comisiones Obreras. Per coordinare i distinti gruppi politici di opposizione al regime, viene creata, nel 1971, l’Assemblea de Catalunya, un organismo che diventa popolare attraverso lo slogan Llibertat, amnistia i Estatut d’Autonomia. Vale a dire che, la maggioranza dei catalani reclama l’amnistia per i prigionieri politici, la fine definitiva del regime franchista e il recupero delle istituzioni catalane. Il regime franchista risponde all’opposizione democratica con detenzioni, multe, ritiro di riviste, censura, proibizioni e con l’esecuzione di giovani militanti antifranchisti come l’anarchico Salvador Puig Antich che viene giustiziato il 2 marzo 1974 attraverso il supplizio della garrota, e di altri tre militanti del Frap, Frente Revolucionario Antifascista y Patriota e due dell’Eta, Euskadi Ta Askatasuna, che vuol dire Paese basco e libertà, i quali vengono giustiziati il 27 settembre 1975.
Dopo la morte di Franco, in Catalogna si intensificano le mobilitazioni popolari. Sono coinvolti tutti i settori della società: dai lavoratori agli studenti, dagli intellettuali alle donne. Prima di arrivare alle elezioni del giugno 1977, la Catalogna vive in uno stato di mobilitazione permanente, con azioni concrete, come ad esempio i recital di Lluís Llach nel gennaio del 1976, con un’eccezionale partecipazione emotiva di pubblico e di forze politiche antifranchiste. Il passo seguente è la concessione dell’amnistia, la legalizzazione dei partiti politici e dei sindacati catalani sorti durante il franchismo, escluso l’Erc, il partito Esquerra Republicana de Catalunya, che deve attendere le elezioni del 1979 per essere legalizzato.
Il 15 giugno 1977 si celebrano le prime elezioni democratiche in Spagna dopo il 1936, data di inizio della Guerra Civile, alla quale fanno seguito quarant’anni di dittatura franchista. La vittoria in Spagna è del nuovo partito creato da Adolfo Suárez, la Ucd, Unión de Centro Democrático, mentre in Catalogna trionfano i socialisti del Psc-Psoe. I catalani continuano a rivendicare l’autonomia della Catalogna durante i mesi successivi e la rivendicazione culmina nella grande manifestazione di piazza dell’11 settembre 1977, avvenuta nel Paseo de Gracia di Barcellona. In essa, circa un milione di cittadini catalani reclamano il diritto all’autogoverno. Un mese più tardi viene restaurata a Barcellona la Generalitat de Catalunya: Josep Tarradellas, 125º presidente della Generalitat de Catalunya, esiliato in Francia dal 1939 e presidente della Generalitat in esilio dal 1954 al 1977, torna finalmente a Barcellona e prosegue il suo incarico di President della restaurata Generalitat in patria, dal 1977 al 1980. Così, si arriva alla Costituzione spagnola e allo Statuto di Autonomia. Lo Statuto di Autonomia, oltre a indicare il catalano come la lingua propria della Catalogna, definisce la Catalogna come “nacionalitat” e la Generalitat come l’istituzione nella quale si organizza politicamente l’autogoverno della Catalogna. Lo Statuto stabilisce, inoltre, le istituzioni fondamentali della Catalogna, ossia il Parlament, il president de la Generalitat e il Consell Executiu. Il castigliano viene riconosciuto come lingua coufficiale al catalano.
Con il nuovo respiro che porta la incipiente democrazia si comincia ad agire nel senso del ripristino della lingua e della cultura catalane. Nel 1976 viene fondato il giornale Avui, il primo in lingua catalana dopo la Guerra Civile, seguono Punt Diari, El 9 Nou e Regió 7. Si pubblicano anche riviste come Arreu ed El món, di attualità; L’Avenç di storia e El Correu de la Unesco. Un altro evento che mobilita migliaia di persone è il Congrés de la Cultura Catalana del 1977. Poco a poco si recuperano numerosi segni d’identità, tra essi la coufficialità della senyera, la bandiera catalana e l’inno di Catalunya, Els Segadors. Vengono ripristinati alcuni dei monumenti ritirati dal franchismo a Barcellona, come quelli del dottor Robert, di Francesc Layret, di Rafael Casanova e di Pau Claris, tra gli altri. D’altra parte, si eliminano nomi di vie e simboli franchisti, mentre si recuperano gli antichi nomi della Gran Via de les Cortes Catalanes e della Diagonal, sostituiti a quelli franchisti di Avenida de José Antonio e del Generalísimo Franco. La lingua catalana comincia ad avere sempre più presenza nella vita pubblica e soprattutto culturale. Alla fine del 1976, Ràdio 4 inizia ad emettere in catalano, per la prima volta dal 1939.
La promozione delle lingue agevola la consapevolezza delle differenze e la comprensione delle ragioni delle diversità. La repressione delle lingue, rappresentative di una cultura, invece, è indubbiamente segno di scarsa democrazia. Ed è importante ricordare che il catalano ha corso il serissimo rischio di scomparire durante la dittatura franchista (1939 – 1975), ma anche, in tempi più antichi, nel 1714, a seguito della Guerra di Successione: dopo la morte di Carlo II, l’ultimo Asburgo, la vittoria dei Borboni, attuale casa regnante, con Filippo V, comporta una totale castiglianizzazione in Catalogna.
In Catalogna il mercato editoriale è in ascesa; siamo ancora distanti dal raggiungere la potenza linguistica dello spagnolo, che ormai insidia per tirature anche l’inglese, da qui si può dedurre anche l’assurdità di certe posizioni politiche che temono per le sorti dello spagnolo in Catalogna, ma siamo a livelli buoni, se consideriamo l’implacabile repressione subita. Se la Catalogna divenisse uno Stato indipendente, guardo in positivo al futuro, con l’ingresso nell’Unione Europea, potrebbe portare la propria lingua tra quelle ufficiali, che attualmente sono 24 e quindi essere trattata come altre lingue minoritarie che dispongono di questo rango, pur avendo un numero inferiore di parlanti.
…E così Sant Jordi uccise il drago e salvò la principessa e il suo villaggio. Il sangue versato si trasformò in un campo di rose. Egli ne raccolse una e la donò alla principessa, che ricambiò regalandogli un libro, che raccontava la storia del suo villaggio!
Stefania Buosi Moncunill
Stefania Buosi Moncunill è italocatalana. È nata a Udine, in Friuli Venezia Giulia. Si è formata all’Università degli Studi di Trieste, dove ha conseguito il titolo di Dottore Magistrale in Filologia Moderna. Ha lavorato come insegnante nelle scuole secondarie italiane e spagnole per più di dieci anni. Ora lavora come dottoranda in Filologia Catalana presso l’Universitat de Barcelona. Frattanto, porta avanti la mia passione per la scrittura, affinata alla Scuola Holden di Torino, collaborando con la stampa; cura presentazioni di libri, reading letterari e conferenze.
E tu cosa ne pensi?