La linea del corpo non si confonde con quella del cuore, più frastagliata. Sono davvero stata una ragazzina innamorata? I ragazzi, oggetto di curiosità, imprescindibili compagni di fantasticherie, hanno un nome e un volto? Molti me li invento prendendo spunto dai libri.

Ho qui tra le mani l’ultimo libro di Annie Ernaux, edito da L’Orma editore, uscito i primi di febbraio. Ho tra le mani un ritratto spietato e una lucida osservazione della società, che fa della donna un personaggio secondario, a tratti debole e, in ogni caso, sempre rivolto alla risoluzione o assorbimento dei problemi altrui, come se per una donna non ci fosse nulla, proprio nulla, di più importante, di personale, di ego riferito.

Ho riscritto l’incipit di questa recensione più volte. Mi capita così quando l’emozione e l’indignazione mi attanagliano. Sono una che vive di passioni. Spero possiate perdonarmi.

Sono giorni in cui volti noti dell’intellighenzia italiana e televisiva confondono femminismo e maschilismo, dimenticando che nel primo caso trattasi di movimento sociale e culturale e nel secondo solo di una aberrante, inutile e sterile supremazia e presa di potere.

La Ernaux lo sa bene. La Ernaux lo sa da sempre. Lo sa prima di tutte noi.

Stiamo parlando di una scrittrice che negli anni Settanta ha militato nel movimento femminista e scriveva articoli politici su Le Monde; stiamo parlando di una donna che chiese alla casa editrice Gallimard di rimuovere dalla copertina dei suoi libri qualsiasi riferimento a un particolare genere letterario.

Quindi no, La donna gelata non è solo un romanzo dal sapore di flusso di coscienza in cui si descrive l’educazione sentimentale, sessuale e i tabù di una ragazza di quella generazione lì. No.

È un’opera completamente innovativa, una scrittura senza giudizio, senza metafore. Uno studio sociologico e intergenerazionale. Chi non si è messa una volta in disparte per evitare di far troppa luce su di sé? Chi non ha congelato la carriera per la paura che non si potesse integrare con la vita privata? Chi tra noi non ha sofferto di sensi di colpa, almeno una volta, per una riunione durata oltre il consueto, con i figli a casa? E di desiderio sessuale senza amore? E di tradimento? E di fatica? E di rapporti matrimoniali finiti ma trascinati perché una donna non deve sfasciare una famiglia? E di “sei nervosa, Hai il ciclo?” Di non riuscire a conciliare tutto? Di sentirci inadeguate perché si è nate per essere mogli, madri e tuttecose insieme?

 Mi sembrava di non avere più un corpo, solo uno sguardo posato sulle facciate dei palazzi, sul cancello della scuola Saint-François, sul cinema Savoy dove davano ho dimenticato il titolo.  Sono finiti senza che me ne accorgessi i miei anni di apprendistato. Dopo arriva l’abitudine. Una somma di intimi rumori, macinacaffè, pentole, una professoressa sobria, la moglie di un quadro che per uscire si veste Cacharel o Rodier. Una donna gelata.

Quanto ho goduto con questa lettura. Quanto mi sono sentita capita, incazzata, ferita e riconoscente di non essere sola, mai, nel processo di scoperta di sé, e di emancipazione e di liberazione dalla paura. In queste eterne e faticose salite di ritorno costante a noi stesse, alla fine, c’è l’aria buona, il panorama, le gambe muscolose.

E i libri belli sul cuore.

Sono già io, quel volto.

Natalia Ceravolo

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