La macelleria di Bastien Vivès è un viaggio attraverso l’amore di coppia in tutte le sue sfaccettature. 

Si assiste all’evoluzione e all’involuzione del rapporto di coppia come guardandolo dal finestrino di un treno in corsa. Ogni pagina è un paesaggio che puoi osservare uscendo da una galleria, poi ancora il buio di un’altra galleria… e così scorre via, veloce, questa graphic novel.

Le pagine non sono quasi mai piene, dando spazio al lettore di annotare, anche solo mentalmente, i propri appunti, le proprie sensazioni. Lo spazio bianco concede a ciascuno di riconoscersi, immaginando dettagli della propria storia che l’autore non ha disegnato. Un comodino, un ombrello, una finestra, un muro, un giardino, una luce… Come se l’ambiente circostante non potesse in alcun modo condizionare ciò che sta per accadere.

Ti ritrovi a sentire tutte le emozioni che prepotentemente escono da queste pagine. I disegni, quasi bozze non ben definiti, ti trascinano in un vortice da cui non puoi uscire.

L’attesa, la gioia, la felicità, si alternano all’angoscia, la rabbia, l’impotenza. Non si ha il tempo di metabolizzare un’emozione che, come un pugno nello stomaco, ne arriva un’altra. Le immagini si susseguono molto velocemente, e da spettatore vorresti entrare nella storia per vedere come va a finire, per aiutare, per dare consigli. Ma sei paralizzato, immobile perché non puoi far altro che pensare alla tua di storia, e guardarti da fuori come uno spettatore. All’improvviso si interrompe la visione ed inizia una nuova storia.

Lo spettatore non può diventare protagonista: lo è stato in un tempo non ben definito, e, come un cliché che si ripete, ha fatto gli stessi errori e preso le stesse decisioni. Vorresti fermare tutto e ricominciare, provare a cambiare qualche dettaglio, una parola, un gesto. Ma, rimani intrappolato nelle immagini e, quando ti senti pronto a continuare la tua storia e a cambiarne il corso, ecco che le scene cambiano e tu ricominci d’accapo.

È un continuo alternarsi di quello che potresti fare e quello che hai scelto di fare: quasi una danza infinita sul ciglio di un burrone, in bilico, cerchi un equilibrio ma sai che non sarà per molto.

La parte che più mi ha colpita è quella del dolore che possiamo infliggere o ricevere o, peggio ancora, fare a noi stessi durante una relazione. L’innamoramento è raffigurato anche come un soldato che deve lanciarsi per la prima volta e sa che sarà una macelleria, a nulla serviranno le raccomandazioni. Ecco che l’esperienza, le storie già passate, le scelte già fatte non contano proprio nulla. Ogni volta un nuovo inizio, su una strada già percorsa e, al bivio, sempre le stesse scelte.

Quante volte avremmo voluto aprire la porta di casa e trovare l’altro che ci chiede scusa per l’ennesimo litigio; quante altre abbiamo ballato in estasi fino allo sfinimento sperando che il tempo si fermasse. Ogni volta che c’è una rottura, poi, cerchiamo le parole giuste e le cose sbagliate, e poi ci convinciamo che doveva andare così, che non avremmo potuto fare diversamente, che era tutto già scritto e deciso.

Un libro senza tempo, sospeso tra la realtà e il desiderio di cambiamento che c’è in tutti noi. Ma quanto è rassicurante sapere il finale? Non doversi far prendere dall’ansia del “e se non dovesse funzionare?” Tutto sommato, grazie a questo autore, abbiamo un manuale a cui fare riferimento, possiamo riconoscere che il nostro dolore e la nostra felicità sono un pezzo di qualcosa più grande che ci accumuna proprio tutti. Così, forse, non dovremmo sentirci più soli, né quando siamo in alto cullati dalla beatitudine e dall’eccitazione, né quando cadiamo nel baratro del dolore più profondo. Una catarsi dell’anima, che ci consola e ci perdona, che ci accoglie e ci ristora per le fatiche e gli sforzi che ciascuno compie per rendere felice l’altro, ma forse non troppo sé stesso.

Tutti possono ritrovare un pezzo della propria storia in questo libro, e osservarsi da lontano per provare a capire. Ultima sfumatura, che forse non si nota subito, è che l’autore ha scelta di scrivere il titolo tutto in minuscolo: ancora una volta un dettaglio che passa inosservato ma che ti colpisce senza che te ne accorga. Sembra che l’autore voglia equilibrare il peso del significato della parola, allegerendolo con la scrittura in minuscolo.

Giovanna Bimonte

Per sapere qualcosa in più su Diabolo Edizioni, leggi l’intervista di Marco Grasso.