Paul è un bambino che vive insieme al papà e alla sorella Laura in una città non ben definita: una città come tante, né troppo grande né troppo piccola; una città dove è possibile girovagare da soli e dove i ragazzi più grandi si trovano, la notte, ai margini del bosco; dove i palazzi sembrano disabitati ma senza inquietudine, solo a rendere palpabile la solitudine dell’esistenza delle persone.
La storia de La radura di Antonia Kühn inizia con un ricordo e non è un caso: c’è infatti un ricordo che aleggia, un ricordo che si intuisce essere denso e pesante ma che non si conosce per intero; un non detto che da subito guida lo sviluppo del racconto e che si svelerà piano piano, accompagnando il lettore attraverso tutti i disegni.
Ciascuno dei tre personaggi, Paul, Laura e il padre, è avvolto da una propria personale solitudine, un sentimento palpabile che si esprime attraverso lo snocciolarsi delle loro azioni quotidiane, semplici ma intensamente narrative.
Paul, che trascorre una normalità fatta di scuola e casa, è spesso da solo: cucina, studia, passa il tempo nella stanza di Laura o del padre, sospeso in un silenzio nel quale affiorano i ricordi vividi di un passato felice che lui non ha ancora compreso appieno.
Laura, invece, adolescente inquieta, non è mai a casa: esce spesso, non torna la notte e cerca una ribellione alla sua sofferenza di adolescente, profonda e radicata, buia come solo quell’età sa essere. Laura conosce il senso del segreto e proprio per questo ne soffre più di Paul: sa cosa è successo, ne porta il peso ma non riesce ad accettarlo. Per lei è più semplice fuggire piuttosto che restare. Allontana volontariamente Paul nel tentativo di lasciarsi alle spalle il dolore ma non ci riesce: anche quando i due si accapigliano è evidente che si vogliano bene e, quando alla fine della storia, un episodio li riporterà indietro nel loro vissuto, ritroveranno il reciproco affetto attorno al quale ricostruire un nuovo capitolo della loro vita.
Tra queste due giovani figure, in bilico si muove il padre, circondato dal suo dolore composto, fragile nel tentativo di proteggere i figli e di stringerli a sé ma incapace di trovare un linguaggio per comunicare. Una solitudine amara ed adulta che troverà un senso solo quando potrà stringersi, finalmente, attorno ai figli.
Tre figure, tre vite intrecciate ma distanti che sapranno alla fine riunirsi intorno al loro doloroso fardello.
Una piccola storia intima, raccontata con dolcezza da una serie molto bella di disegni minimali ed evocativi, in bianco e nero. Un racconto dove la solitudine è palpabile, incarnata dai pochissimi dialoghi, che metta in scena senza fronzoli un dolore importante.
La narrazione si sposta tra il presente ed un passato evidentemente felice che coinvolge tutta la famiglia: un passato filtrato quasi sempre attraverso gli occhi di Paul che non ne fornisce alcuna interpretazione e lascia sospeso il lettore fino alla fine.
Un racconto che riesce a ricomporre tanti frammenti in un unico, salvifico abbraccio.
Elisa Campra
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