La signora della porta accanto di Yewande Omotoso è la storia di due ottantenni, Hortensia e Marion.
Hortensia è una designer originaria di Barbados, di colore, rimasta vedova, senza figli, molto scontrosa.
Marion è una architetto di origine lituana, madre di quattro figli, snob ed “educatamente razzista”.
Due donne all’avanguardia e di successo, antesignane, proiettate in avanti e allo stesso tempo incredibilmente zavorrate da se stesse e dai propri errori.

Le due donne, dispotiche e con qualche pregiudizio di troppo, si ritrovano ad abitare vicine (una al civico 10, l’altra al 12) a Katterijn, un quartiere residenziale di Città del Capo, e spendono anni a detestarsi.
Le riunioni del comitato di quartiere sono caratterizzate dai loro dispetti e dai loro accesi diverbi.

Il marito di Marion le lascia debiti in eredità, il marito di Hortensia ben altro, con cui fare i conti.
Ma un incidente le porta a convivere per un certo periodo di tempo, tra quattro mura, costringendole a fare di necessità virtù e ad aiutarsi. Ad ascoltarsi. Ed a riconoscersi più simili di quanto potessero immaginare.

È una storia complessa e allo stesso tempo semplice. È la storia di due donne forti, arroccate, che hanno abdicato alla vita e che trovano nell’odio prima e nell’amicizia poi, una ragione di vita. Entrambe portano dentro amarezze e fallimenti che la frequentazione forzata tra quattro mura le porta ad ammettere con se stesse e reciprocamente, avvicinandosi.

È un caleidoscopio di sentimenti, quello mostrato in questo romanzo, delicato e forte.
Impariamo a conoscere queste due donne, i loro percorsi, le loro vite, i loro sogni, le loro sconfitte. La storia iniziale viene via via arricchita di tanti particolari, con salti temporali nel passato di ciascuna, si aprono tanti rivoli che spesso si torna alle prime pagine per ricordarsi chi è chi: chi è bianca, e chi è nera, chi ha figli e chi no. Le due donne nell’avanzare del racconto finiscono infatti sempre più per assomigliarsi. È come se l’antagonismo iniziale fosse alimentato dagli antagonismi singoli delle protagoniste con se stesse e che, una volta smorzati questi, l’inimicizia si ritrovasse senza linfa vitale e quindi libera di trasformarsi in amicizia.

Questa è una storia sull’invecchiare e fare pace con i fantasmi del passato, sull’amicizia, sui compromessi, sull’orgoglio e le sue conseguenze, sulla forza e la debolezza delle donne. Le stesse da secoli.

Potrebbe essere ambientato, che ne so, a Caronno Pertusella: forse risulterebbe meno poetico, ma continuerebbe a trattare di temi universali e mai come oggi attuali, con estrema delicatezza e leggera ironia.

Questo libro è per chi sta facendo un bilancio, per chi ha convinzioni granitiche, per chi pensa di non essere più in tempo, per chi ha un’armatura appesa nell’armadio.

Patrizia Carrozza

 

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