In tempi bui come quelli che stiamo vivendo, è facile trovare racconti e romanzi distopici che prevedono la descrizione, sulla base di un presente preoccupante, di un futuro indesiderabile. Se l’utopia ci sembra lontana e quasi irrealizzabile, è facile immedesimarsi in queste distopie, soprattutto quelle che nascono dall’osservazione della crisi ambientale e la fanno evolvere in maniera drammatica, al limite di una visione dove il confine tar reale e fantastico si sposta sempre più in là. Non è un grande salto di immaginazione, infatti, per un lettore attento e sensibile alla quotidianità, credere che lo stravolgimento dei ritmi e delle condizioni naturali che vengono narrati sia sì uno scenario apocalittico ma pur sempre uno scenario non così fantasioso e, ahimè, non poi così lontano. La sensazione di trovarsi in un racconto che narra una realtà possibile o, peggio, probabile è quella che accompagna la lettura delle prime pagine questo racconto lungo.
In una città imprecisata, in un paese indefinito, in un anno indeterminato ma prossimo la terra è caldissima: il sole è talmente scottante che gli esseri umani devono spalmarsi strati abbondanti di creme protettive ed innalzare degli scudi fisici che si frappongano tra la pelle ed i raggi solari, ormai bollenti, ustionanti, dal potere disseccante mortale.
In questo scenario si muove Daki, una giovane donna che, contrariamente a quanto parrebbe suggerire la logica dell’autoconservazione, è attratta dal potere violento del sole: vi si espone nel giardino di casa, completamente sola, lasciandosi letteralmente cuocere in un voluttuoso abbraccio che la conquista e nel quale sembra trovare un’ambigua rispondenza ad un sentimento di rabbia che cova feroce dentro di lei. Intanto, nella città, si aggira un mostro: qualcuno -qualcosa? – uccide le persone, le aggredisce violentemente facendo scempio dei cadaveri. La chiamano Lady Lava ma nessuno l’ha mai vista, forse è solo una fantasia, forse è solo la proiezione di paure ancestrali.
Ancestrale di fatti è il racconto che si intreccia – senza preavviso- in mezzo alla descrizione delle lentissime giornate di Daki: scopriamo che Lady Lava esiste davvero ma che è la mutazione di un essere originario che non è sempre stato così furioso, così pericolosa, così aggressivo. Così mortale. La sua è una trasformazione che avviene nei tempi indefiniti in cui gli Uomini, di colpo, spezzano il loro legame con la Natura tutta: Radice, Ragno, Salamandra sono improvvisamente trafitti da frecce, feriti da nuovi riti e nuove parole che li costringono alla fuga, nel fondo delle Foreste dove gli Uomini ancora non arrivano, dove temono di addentrarsi. A Lady Lava non è lasciata scelta: si trasforma in distruttrice, la sua rabbia esplode in un continuo bruciare, in un puntuale uccidere.
Mentre Daki lentamente precipita in una spirale in cui non riesce più a separarsi dal sole e dal caldo, mentre passa le sue giornate trascinandosi tra giardino e casa, mentre i suoi occhi quasi diventano bianchi, le morti si susseguono senza che Daki si senta davvero di condannarle, senza averne davvero paura. C’è qualcosa che lei sente suo in quella violenza, in quel suo isolamento volontario così simile alla solitudine del mostro.
Quanto Daki si senta vicino a Lady Lava lo scopriremo solo alla fine, in un crescendo di piani che si mischiano, di momenti che spaziano nel tempo, di sentimenti che si intrecciano trasversalmente tra due anime in apparenza senza contatto.
Racconto agile, dalla scrittura veloce e limpida, si snoda su registri narrativi diversi che si susseguono con una spontaneità che rende la lettura fluida e scorrevole. È facile farsi trascinare dalla volontà distruttiva di Daki, seguendo i suoi pensieri, al limite del delirio, così simili a quelli di qualcuno che si sia perso in un deserto e, senza protezioni, piano piano evapora nella coscienza. Piccola favola di un futuro drammatico ed incerto, lascia alla fine con la speranza di una riconciliazione che dovrà passare, però, proprio attraverso la purificazione del fuoco.
Elisa Campra
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