Numero 12 | Settembre 1998

«Stai facendo dei fottuti giochetti con la mia mente, vero?» chiede Genar-Hofoen all’astronave senziente Area Grigia, detta anche (ma solo alle sue spalle) Fotticarne che lo sta portando verso la misteriosa sfera nera dell’Eccessione, comparsa dal nulla nello spazio, forse minaccia, forse varco verso un altro universo. Ha ben ragione di chiederlo, perché tutti, nell’ultimo libro di Iain M. Banks, L’Altro Universo, giocano: e prima di tutti l’autore con i suoi lettori.

Gioca l’enorme potentissima nave-mondo Pace Perpetua, allestendo vasti modelli di battaglie del passato con corpi umani addormentati; gioca l’eremita Gestra costruendo, all’altro capo dell’universo, modellini di navi del passato con resti della sua vita; giocano le navi della Cultura i loro allegri ma non innocui giochi di guerra; giocano gli allegri ma non innocui alieni Oltraggiosi giochi crudeli con la carne delle loro vittime; e l’Eccessione forse giudicherà ciascuno dalla qualità del suo gioco.

Perché il gioco è serio, e la grande Cultura, società libera e ricca, saggia e dedita a correre in salvataggio di razze meno fortunate, che appare ai suoi nemici così giocosa nel suo edonismo, ne apprezza la gravità.

Iain Banks ha creato la sua utopia restituendo il sorriso, e lo sberleffo, alla cupezza militaristica di tanta fantascienza d’azione, mettendo al centro del suo universo, con la Cultura, una società ideale di edonisti seri, di egocentrici altruisti, di gente libera e che sa godersi la vita, senza per questo mai dimenticare, né trascurare, i confini dolorosi tracciati intorno al paradiso: una Cultura che schiera davanti ai suoi nemici navi da guerra con nomi come Grossa Bestia Sexy, Strano, L’Altra Volta Ha Funzionato, Nave Definitiva Versione Due. Ma nei suoi romanzi mostra senza compromessi il necessario disordine, la inevitabile mancanza di perfezione di una civiltà buona ma credibile: l’ambiguità morale del combattere per una buona causa (nel terribile La Guerra di Zakalwe), l’insoddisfazione di chi non sa accontentarsi dell’eguaglianza (L’Impero di Azad), e, qui, il groviglio di egocentrismo, spregiudicatezza, follia che infetta e deve infettare la sua società felice e che verrà, alla fine, giudicato come merita.

Perché i figli di Utopia in L’Altro Universo sono terribili, incorreggibili, spaventosi mocciosetti viziati. C’è Ulver Seich, tanto brillante, bella e affascinante quanto capace di piantare inutili grane; Genar Hofoen, tanto straordinario nel comprenderli quanto incapace di accorgersi di quanto sgradevoli siano gli alieni che adora e quanto pericoloso il suo stesso narcisismo; Dajeil Gelian, capace di tenere per quarant’anni il muso ad una Galassia a cui non potrebbe importare di meno dei suoi capricci. Le grandi, quasi onnipotenti, supremamente intelligenti astronavi che rappresentano l’anima e la forza della Cultura non sono molto meglio, tutte prese in congiure, sotterfugi e sporchi trucchetti. Ma nella loro incorreggibile imperfezione tutti sono ammirevolmente capaci di riemergere, saggi e allegri, ma non più superficiali, appena prima di un mancato lieto fine. In questo Banks gli assomiglia: diventato autore di culto con un libro intriso di umorismo macabro e umana simpatia (La Fabbrica degli Orrori), non si può sfuggire alla sensazione che sia diventato tanto enormemente popolare nel suo paese grazie al divertimento sottile con cui si seguono, fra i giri di danza di un’intelligenza irriverente e i pugni nello stomaco di un’immaginazione nera, la sue trame allegre che si dirigono tortuosamente verso la tragedia. L’Altro Universo in questo senso è un libro eccezionalmente allegro. Autore popolare quanto Stefano Benni in Italia, ma più letterario, Banks ora può permettersi di tutto: scrivere i suoi libri per metà in inglese fonetico (Criptosfera), usare un linguaggio tanto piacevole e fluente quanto barocco (Banks soffre in traduzione, e fa soffrire i suoi traduttori, perché la sua lingua è mirabilmente sospesa sul crinale fra complessità e pesantezza, perché usa fino in fondo la non comune flessibilità dell’inglese e la sua straordinaria ricchezza lessicale, e perché la struttura stessa delle frasi è un esercizio di wit che l’italiano prevede a stento), dare in pasto ai suoi lettori, come in questo ultimo libro, duecento pagine iniziali in cui il numero di personaggi sale vorticosamente – certo che comunque sarà seguito, che con lui, come con i dispettosi figli della Cultura, si avrà pazienza.

Anna Feruglio Dal Dan

«Pensa al tuo clan, disse una vocina nella testa di Albagrigia. Non mi arrenderò mai! disse alla nave. Be’ io sì. Tu farai quello che ti dico! Ma neanche per sogno.»

Iain M. Banks è stato uno scrittore scozzese di fantascienza e letteratura fantastica.
È stato considerato l’autore più importante emerso negli anni Ottanta nella fantascienza britannica, tanto che il «Times», nel 2008, lo ha nominato nella lista dei cinquanta maggiori scrittori britannici dal 1945. Si è laureato in letteratura inglese presso l’Università di Stirling e ha compiuto svariati lavori fino a quando, negli anni Settanta, ha iniziato a viaggiare per l’Europa in autostop trascorrendo lunghi periodi in Scandinavia e in Marocco. A metà degli anni Ottanta si è trasferito nel Kent, dove ha iniziato a dedicarsi con successo alla scrittura di genere fantascientifico. Dopo due matrimonio è tornato a vivere in Scozia dove muore di malattia all’età di 59 anni.
Fonte: ibs.it

Il libro nel 1998

IAIN M. BANKS
L’altro Universo
Editrice Nord 1997
Traduzione di A. Dal Dan
pp. 476
L.
26.000

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