Pescatori e pescivendoli, in costante dissidio tra di loro, punteggiano con la loro esistenza orgogliosa e il loro fare laborioso le coste di Cesenatico degli Anni Trenta. Ci raccontano un paese dentro un paese – un microcosmo dalla spiccata identità legato a doppio filo con le sorelle Comacchio e Chioggia, le capitali della pesca – al cui interno emerge gradualmente la figura di Andreana, figlia di pescatori, chioggiotta di origine, e protagonista di questa storia.
Donna alacre, determinata e silente perché non ama sprecare le parole ma bada più ai fatti, la vediamo indossare un vestito rosso, sangue di bue, cucito sul suo corpo formoso, in occasione del funerale del marito, il primo pescivendolo di Cesenatico. Il suo non è un gesto di rottura rispetto alla tradizione religiosa ma di alterità rispetto al ‘sistema’ in cui è immersa malvolentieri. Non le appartengono infatti la volgarità dei pescivendoli, la loro ostentata esibizione di oro per affari ben riusciti, le bestemmie che puntellano il loro lessico, e la loro mescolanza di essere mediatori, creditori, debitori, capibarca, calafati e maiali di mare.
Benché il nero del lutto e degli strappi nella sua esistenza non mancherà di ammantarla, il suo rosso è un deliberato impegno, nonostante la vedovanza, a non stare in balìa delle sabbie mobili del presente ma ad andare avanti, con ostinazione e a testa alta – questo è decisamente romagnolo -, a mantenere l’attività di famiglia, che garantisce comunque un proprio ‘posto al sole’ in quel paese, ma soprattutto a creare – e ciò suona come un dovere e un assillo – il futuro dei propri figli. Tuttavia di quest’ultimi ha già letto, istinto di madre, l’incapacità di adattarsi in quella Cesenatico nei cui rivoli di scolo si odorano pezzi di pesce e di umanità perduta, un olezzo lagunare e spesso sinistro dove poco si dice chiaramente.
La figlia Anita è quella che ha studiato, ha fatto la scuola da maestra, impone che in casa si parli l’italiano e non il dialetto ed è quella che ha la testa altrove, sempre distante dalle cose del mondo, del mondo da cui proviene. E sarà quella che, in un gesto di rivalsa, si alleerà con il nemico dei pescivendoli. Il figlio Fortunato, come uno dei Santi di Chioggia, l’altro è Felice, fa il marinaio a Venezia come militare, si interessa poco delle faccende del paese, anzi: più sta lontano meglio è, si sente bello, frivolo, nato per il lusso e per il profitto ed è quello che ribalterà il senso di maternità di Andreana da madre del benessere a madre della tisi…
Gli impacci dei figli rispetto al mondo dei padri sembra trovare un suo riflesso nel paesaggio:
«La spiaggia mutava. Qualche volta, e per un tratto non breve, era pallida e smorta, si sarebbe detta depressa, tanto vi s’addensavano, polverizzati e con vitrei riflessi, residui di tutte le scorie di gusci, specie di cannelli e telline; talvolta invece la spiaggia era nera: così nera di tutti i rifiuti marini, d’un rusco folto e strano di dopo la bufera, dove ci si poteva affondare, o così pareva, fin quasi ai ginocchi, o cadervi sopra come su un letto. Ma spesso il litorale era liscio, puro, tutto dorato, fino al segno infallibile a cui giungevano, e sembrava non vi potessero giungere, le ultime onde di corto respiro d’un mare fiacco che quasi non respirava più»
In aiuto della protagonista arriva un certo Mondo, un pescatore, vedovo anche lui, una figura diafana e subacquea di cui non è facile cogliere l’indole, un affarista che non sa concludere affari, che offre il proprio contributo perché la vita della donna e dei rispettivi figli possano procedere, a maggiore ragione dopo che il figlio di lui, contrabbassista (ennesima spia che i figli cercano sempre un mestiere diverso da quello dei padri), ha sedotto e abbandonato Anita. Così decide (entrambi non sono più giovani) di sposare Andreana, di colmare le reciproche solitudini e la immette in un mondo nuovo, rivestito di un maggiore benessere, di investimenti, di start-up fra cui il lancio di un nuovo brodetto di pesce che dovrebbe fare la loro fortuna.
Ma Andreana si sente ancora vedova, estranea e, al contempo, bastante a sé stessa:
«Quando la mattina apriva le finestre e usciva sul balconcino, respirava a pieni polmoni per purificarsi, rifarsi più onesta, e lasciava che l’aria entrasse, il sole inondasse la stanza a purificare anche quella, parendole che l’aria e il sole sapessero ch’era stanza di vecchi, che disinfettavano un talamo di vecchi. Faceva il letto con un senso di colpevolezza, anche di pena e di disgusto, benché si rifacesse di questa specie di nausea cambiando le lenzuola spessissimo, ripetendo a se stessa che la sua vita non mutava, che lei era una modesta massaia, non già una signora, che aveva accettato tante cose e non la serva che dorme in casa, al piano di sotto o di sopra. E per convincersi del suo tranquillo buon senso si guardava il petto dove erano sempre appuntati, a sinistra, due aghi infilati uno di bianco e l’altro di nero»
L’Andreana di Marino Moretti, noto ai più come il poeta crepuscolare e lo scrittore con il lapis, segna una svolta nell’opera dell’autore. Il testo pubblicato nel 1935 e riveduto più e più volte, indaga i semplici di cuore, il senso delle loro abitudini, l’atmosfera delle loro stravaganze, l’inquietudine del loro pensiero, il sospetto della loro vita non sempre regolare, con uno sguardo naturalista che si sofferma sui momenti drammatici per leggerli in chiave psicologica. Cesenatico, cara a Moretti, si avvicina a noi lettori con la sua inquietudine scarmigliata, umile ma vera, non come il dolce paese ma come un avamposto sul mare aspro, che sa di sudore e amarezza, descritto con parole da epigramma pervasivo, passione inquieta e ironia salace.
Un libro – ora disponibile in una nuova edizione Bompiani – che sembra non avere una trama perché i tanti, particolarissimi personaggi che lo popolano, sono una trama a sé stante. Un testo del Novecento letterario che racconta un tempo, certo, a noi lontano, ma le cui istanze ancora non si sono perse perché ci indicano il porto a cui approdare e ricominciare, se si vuole. Così fa Andreana, con i suoi rossi e i suoi neri, che mai si arrende, che è madre e, al contempo, padre, bandiera dietro la quale c’è tutto un popolo vociante e rumoroso che vive del mare e per il mare, orgogliosa di essere sempre energica e saggia in un mondo di ambiziosi e di pazzi, che mai si fa fiaccare da potenze estranee che potrebbero ricondurla alla viltà o all’impotenza, che lascia il languore agli altri e procede spedita verso un nuovo inizio.
Claudio Musso
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