Alba de Céspedes cominciò a scrivere da bambina, considerando la scrittura non un semplice passatempo, ma un vero e proprio dovere. Nel 1934, affascinata dall’odore d’inchiostro della tipografia del «Giornale d’Italia», si decise infine a inviare un suo racconto alla redazione, senza credere che sarebbe stato pubblicato. Contro ogni aspettativa, Il dubbio uscì, ma con la firma abbreviata «A. de Céspedes»: una scelta comune all’epoca per nascondere l’identità delle autrici donne. Un anno dopo, quel racconto fu incluso nella raccolta L’anima degli altri, primo libro di Alba, che le permise di iniziare a collaborare con importanti quotidiani. È incredibile come il suo primo libro sia rimasto dimenticato per decenni, senza ristampe e con poche copie originali quasi impossibili da trovare. Forse in passato la stessa autrice lo considerava un’opera acerba e preferì metterlo da parte. Nel 2022, la casa editrice Cliquot ha riportato alla luce questa raccolta di diciotto racconti, presentati nella prima edizione come «novelle».

In questa raccolta d’esordio si intravedono già i temi cari alla futura scrittrice. Il dubbio, il suo primo racconto pubblicato, descrive la tensione di coppia e il dolore del tradimento: Max, rimasto vedovo della giovane moglie Ornella, ricorda il suo strano comportamento nei giorni precedenti. Dopo che Ornella rifiuta di accompagnarlo al tè, Max la vede camminare furtivamente e inizia a seguirla, sospettando un incontro con il cugino Marcello. Durante l’inseguimento però assiste impotente all’incidente che le costa la vita. Quel tradimento mai provato ma ormai quasi certo diventerà, ironicamente, la chiave per elaborare il lutto.

Il telegramma è partito da Vienna. Sono pazzo, pazzo di disperazione. Il dubbio che sta per volgersi in certezza mi fa accelerare l’affluire del sangue nelle vene. «La tua piccola moglie che ti ama.» Ornella sorride dalla sua fotografia…

Ed io, finalmente, piango.

(Il dubbio, p. 127)

De Céspedes torna spesso su temi come i tradimenti, gli abbandoni e i matrimoni falliti, ma soprattutto sulle disillusioni che seguono la scoperta di una verità scomoda. In Disincanto, l’autrice racconta con efficacia l’ossessione per qualcuno che abbiamo perduto e il brusco disamore quando ci rendiamo conto che la persona che amavamo non esiste più, sostituita da un estraneo con abitudini e gesti nuovi. Un sentimento simile torna in La madre celebre: la protagonista, convinta per anni che la madre – una cantante famosa e bellissima – fosse morta, scopre con sgomento che in realtà l’ha semplicemente abbandonata per la carriera. Eppure, la donna che ritrova non corrisponde all’immagine idealizzata che si era creata: fredda e distante, la chiama Fedora invece di Dori, il dolce soprannome paterno. La delusione è così bruciante che la ragazza torna a casa con un vuoto ancora più grande di prima. In Il miracolo, invece, de Céspedes dà voce all’impotenza umana di fronte al destino. Durante una processione per invocare la pioggia in tempi di siccità, una donna si getta al suolo con un grido straziante: chiede non l’acqua per i campi assetati, ma un miracolo impossibile: che suo figlio, già morto di difterite, torni in vita. La folla osserva sbigottita mentre lei, tra la polvere della strada, continua a pregare con disperata ostinazione. E il cielo, quasi in risposta paradossale, si apre finalmente in pioggia battente. Le gocce lavano il volto della madre, mescolandosi alle sue lacrime, in un amaro contrappasso: il miracolo arriva, ma non quello che lei invocava. La natura sembra commuoversi, mentre la logica crudele degli eventi umani rimane immutabile.

Allora la madre lo toccò, lo palpò, quindi, in un urlo altissimo, si gettò bocconi singhiozzando nella polvere.

Dal cielo cominciarono a cadere gocce larghe e pesanti come lacrime.

(Il miracolo, p. 47)

Le fragilità umane sono, infatti, tra le protagoniste di L’anima degli altri, persino degli uomini di successo come gli scrittori. de Céspedes ne descrive due, molto diversi tra loro. Il primo è Dario Cordero, protagonista de Il ladro, uno scrittore anziano che si trova davanti un lettore disperato, Marco Stolfi. L’uomo si riconosce perfettamente nel personaggio del romanzo che Cordero sta pubblicando: un cassiere senza soldi, innamorato di una donna che lo sfrutta, sull’orlo di commettere una rapina. Stolfi supplica lo scrittore di cambiare il finale, temendo che la storia possa spingerlo a fare lo stesso nella vita reale. Un incontro che lascia Cordero turbato, costretto a interrogarsi sul potere delle storie e sulle responsabilità di chi le scrive. L’altro scrittore, Giorgio Landri de Il capolavoro, ha passato la vita chiuso nel suo studio tra libri e manoscritti. Solo alla fine comprende di aver trascurato l’unica cosa che contava davvero: gli affetti, la famiglia, la vita vera che scorreva fuori dalle pagine. Due ritratti complementari: da un lato chi rimane prigioniero della finzione, dall’altro chi scopre troppo tardi il valore della realtà. Due modi diversi di affrontare quel vuoto e quella solitudine che a volte nasconde il successo. de Céspedes non racconta soltanto di cuori infranti e famiglie che cadono a pezzi – temi che svilupperà successivamente in capolavori come Dalla parte di lei e Quaderno proibito. Accanto al dolore, troviamo lampi di tenerezza e la poesia nascosta nel quotidiano. Ci sono Mariella, l’adolescente di Arsura, che trova la felicità nella solitudine di un pomeriggio d’estate e nel gusto di due pesche mature; Mitì ne La casa sul laghetto azzurro, la cui soddisfazione nel preparare marmellate nella sua casa in campagna con il marito – di cui è perdutamente innamorata – supera ogni desiderio per gli eleganti abiti dell’ex compagna di collegio; e soprattutto Lisetta di Serenità, donna un tempo giovane, ricca e amata, ora anziana, povera e senza dimora, che scopre negli ultimi anni di vita il dono inaspettato di una tenera amicizia con Domiziano, un vecchio venditore di arance.

Alla vecchia tremavano le labbra dalla commozione. Anche le mani le tremavano un poco, era felice. Intorno si spandeva l’odore degli aranci ammassati nel canestro. Nel vicolo, spingendo il carrettino, entrava Tresoldiluno cantando.

(Serenità, p. 66)

Già in questi racconti, la ventenne Alba de Céspedes dimostra una straordinaria capacità di cogliere le sfumature dell’animo umano – un talento che avrebbe poi sviluppato in tutta la sua forza narrativa. Eppure, nonostante il suo genio precoce, non smise mai di dubitare del proprio valore, inseguendo con instancabile rigore una perfezione sempre più alta. In L’anima degli altri, attraverso le sue storie immaginarie ispirate a fatti reali – quadri d’amore, scene di vita familiare, episodi divertenti, forse tratti da articoli di giornale – Alba de Céspedes ci regala un vivido ritratto di un’Italia ormai scomparsa, ma che sorprende per la sua modernità. I suoi personaggi respirano tra le pagine, carichi di verità e umanità rivelando già il talento di una delle grandi voci del Novecento letterario.

Eleonora Giannone Codiglione

Bibliografia
Alba de Céspedes, L’anima degli altri, Cliquot, 2022
Loredana Lipperini, «Prefazione», in Alba de Céspedes, L’anima degli altri, Cliquot, 2022, pp 5-10