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Anno 0 | Numero 4 | Dicembre 1996

Con Aspettando Godot Samuel Beckett mette in scena, nel 1952 a Parigi, la sua visione grottesca e assurda dell’esistenza umana. La rappresentazione avviene in due atti e si svolge all’aperto, sotto un albero.

Nel primo atto i due protagonisti, Vladimir ed Estragon, parlano seduti su una panchina nell’attesa che arrivi Godot del quale nessuno dei due conosce l’identità. Nel frattempo entrano in scena Pozzo e Lucky, padrone e servitore, e il messaggero di Godo t che comunica a Vladimir ed Estragon che quel giorno il personaggio misterioso tanto atteso non verrà.

Nel secondo atto l’albero non ha più le foglie quindi si capisce che è passato un po’ di tempo: Pozzo è cieco e Lucky è muto mentre Vladimir ed Estragon continuano ad aspettare Godot e ingannano il tempo parlando. L’opera si chiude con il messaggero che ritorna per dire ancora una volta che Godot non verrà. Il dialogo diventa un modo per ingannare il tempo e per continuare la rappresentazione, e i due protagonisti sembrano condividere le necessità di aspettare e quella di parlare; ma i loro giochi di parole e le continue ripetizioni svuotano il discorso di ogni significato provocando un certo disorientamento. Oltre alla mancanza di azione, in Aspettando Godot, non esiste una collocazione temporale precisa e ciò contribuisce a rendere più difficile la conoscenza e l’identificazione dei personaggi che diventano volutamente inconoscibili. Il personaggio messo in scena dal drammaturgo non è che l’uomo moderno, l’uomo che vive in solitudine, senza comunicare e nell’attesa di un padrone invisibile. Il mondo di Beckett è senza via d’uscita come il mondo tragico di Shakespeare: ma mentre l’eroe shakespeariano combatte contro il destino e la Natura quello dell’autore irlandese è travolto da un meccanismo grottesco che è quello dell’esistenza stessa.

In Aspettando Godot viene così a mancare il ruolo drammatico dei personaggi in senso tradizionale in quanto essi parlano anche per giustificare la loro presenza al pubblico e quindi con la consapevolezza di essere in scena; in questo senso aspettare Godot potrebbe essere anche aspettare la fine della rappresentazioni. Il teatro di Beckett, a differenza di quello shakespeariano, è il teatro della non-azione: l’autore mette in scena un uomo moderno che travolto da un ingranaggio senza senso come quello della vita stessa, recita il proprio ruolo come un attore con l’amara consapevolezza di vivere un’esistenza assurda, com’è assurda per Vladimir ed Estragon l’attesa di Godot.

Maria Laura Avallone

 

Samuel Beckett nasce nel 1906 a Dublino e si trasferisce a Parigi nel 1937 dove compone le opere più famose. Nel 1952 compone En attedant Godot (Aspettando Godot) e nel 1957 Fin de la partie (Finale di partita) in seguito tradotte da lui stesso in inglese. Con il contributo di Beckett il teatro dell’Assurdo raggiunge lo stadio di massima divulgazione.

In libreria

beckett

Samuel Beckett
Aspettando Godot

Einaudi, 1970  Collana: Collezione di teatro
115 p., brossura
Traduttore: C. Fruttero

€ 12,00  

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