Una ventina di anni orsono, parlando di fisica, si discuteva in maniera preponderante di fisica teorica. La tensione della conoscenza sembrava vertere verso il lavoro che avrebbe portato all’unione tra la meccanica quantistica e la relatività, e una candidata fin troppo elegante era la Teoria delle Stringhe (o delle Superstringhe). I fisici inseguivano la teoria unificata del Tutto e sembrava che ci fossero delle possibilità dietro l’angolo.
Quelle discussioni e quelle ricerche sono ancora in corso ma oggi alcune delle passate scoperte inerenti il nostro universo come la radiazione cosmica di fondo (che è la traccia arrivata sino a noi del Big Bang), l’energia oscura, gli enigmi che ci pongono la materia oscura o i buchi neri, assieme alle osservazioni sempre più straordinarie che riusciamo ad ottenere del nostro universo mandando in giro sonde di ogni tipo e osservando con telescopi sempre più potenti, rendono l’Astrofisica il settore più affascinante e più denso di riscontri sperimentali che possiamo avere durante le nostre indagini sulle leggi dell’universo.
In particolare il cielo sembra cominciare a farci intravedere, scavando nel nostro passato che proviene dalla luce, Siva Natarajan, il danzatore cosmico, come ci raccontava nel suo bellissimo Tao della fisica (1975) Fritjof Capra associandolo alle particelle subatomiche e alla loro danza di energia che la meccanica quantistica cominciava a svelarci. E tutte queste suggestioni che si uniscono nel nostro sguardo verso l’infinito sembrano essere in questo momento i pensieri scientifici dominanti di una specie come la nostra che continua a porsi la domanda fondamentale che ci guida e ci motiva: come mai io sono qui, su questo pianeta, in questo universo?

Dunque se volete affrontare un bel viaggio cosmico che nel contempo vi narri piacevolmente anche la favolosa avventura delle scoperte di astrofisica e di fisica  dell’ultimo secolo non vi consiglio di leggere  Astrofisica per chi va di fretta di Neil de Grasse Tyson (che è un libro molto citato ma appunto un libro per chi va di fretta e in fondo non vuole sapere nulla e nemmeno farsi troppe domande) bensì questo puntuale e intrigante libro di Priyamvada Natarajan intitolato L’esplorazione dell’universo (Bollati Boringhieri 2017).

Innanzitutto parliamo di uno scienziato che nel suo primo libro divulgativo ci offre non solo una panoramica della recente esplorazione del cosmo ma una lente di ingrandimento su come le “cose importanti della fisica” (mia definizione molto tecnica come ben capite) si sono intrecciate ed evolute fino a portarci oggi quasi sulla soglia di un balzo cosmico, o perlomeno di un gran balzo per l’umanità.
Non stiamo parlando solo di andare su Marte, stiamo parlando delle scoperte che si accumulano su galassie, stelle o esopianeti e che facciamo continuamente guardando il cielo con mezzi sempre più precisi e con alle spalle alcune indicazioni delle sopracitate teorie che ci ballano in testa tra multiversi e computazione quantistica.
Il fatto che Priyamvada Natarajan sia anche una donna (come un’altra eminente scienziata ed abile divulgatrice di nome Lisa Randall di cui vi consiglio il libro Passaggi curvi dedicato invece espressamente alla fisica teorica di ultima formulazione) ci conferma che in ambito accademico e ora, anche per i curiosi come me, le scienziate stiano cominciando a essere finalmente visibili con i loro immensi contributi come non mai, almeno per il grande pubblico. Basti pensare che ancora negli anni ’30 del ’900 l’unica scienziata che appariva al pubblico era Madame Curie (di cui la storia è affascinante ma troppo lunga da raccontare qui).

Tornando al testo sono sicuro che chi non ha mai considerato la fisica o l’astrofisica come una lettura affascinate troverà nel viaggio ancestrale che questo libro ci offre un trampolino per saltare fino al cielo e cominciare a guardarlo con occhi diversi. Forse a avere la visione di quanto il viaggio nel tempo che tanto sogniamo lo possiamo fare ogni giorno proprio scrutando e percorrendo l’universo.
L’eco di 13 miliardi di anni vi giungerà forte e chiaro e l’idea balzana di prendere coscienza che quello che vediamo del nostro universo sia solo il 4% di ciò che realmente esiste vi lascerà pensierosi: “Come nel caso della materia oscura, sappiamo che esiste [l’energia oscura], ma non abbiamo idea di come sia originata ed evoluta. Così oggi abbiamo un inventario cosmico ben avvalorato, ma la natura della componente principale dell’universo ci sfugge ancora. A quanto pare viviamo in un universo che contiene solo il 4% di atomi ordinari (tutto ciò che conosciamo sulla tavola periodica) il 23% di materia oscura e il 73% di energia oscura.”

Come pensierosi e anche un po’ più felici (per effetto della moltiplicazione dei vostri io nel multiverso) vi dovrebbe lasciare il costante ritornello di molte teorie e anche di alcune rilevazioni dell’astrofisica che continuano a disseminare indizi sul fatto che il nostro non sia l’unico universo esistente (anche se con i suoi miliardi di galassie ci dovrebbe già abbondantemente bastare) e che forse non considerare che le dimensioni del nostro spaziotempo  siano ben di più di quelle che sperimentiamo o che abbiamo annotato con  la relatività di Einstein sarebbe un grosso errore. Un errore extra large ma arrotolato e compattificato forse?

In definitiva per avere meno confusione e uno sguardo molto più nitido del mio non vi resta che affrontare con gioia fanciullesca questa lettura, vi assicuro che ne sarete ripagati. Potete rilassarvi, non c’è nulla di così complesso da non poter essere letto magari semplicemente due volte di seguito per meglio capire. Non c’è matematica, per chi volesse essere rassicurato, e le poche notazioni di equazioni o di calcoli sono intuitive.
Un altro aspetto interessante del libro è il punto di vista dell’autrice sul come fare scienza oggi, sul come ci si debba muovere singolarmente e in gruppi nel fare ricerca. Ho trovato alcune idee e segnalazioni di Priyamvada Natarajan su questi temi niente affatto secondari molto interessanti e molto lucide, perché riportano al centro anche la responsabilità dell’uomo.

Il modo di fare ricerca oggi attiene anche al modo di essere specie su questo pianeta, un pianeta che non è il centro dell’universo ma è peculiare, perché ce lo dicono le leggi stesse della fisica, ed è uno straordinario punto di osservazione privilegiato sull’universo. Che dobbiamo preservare con tutte le nostre forze.

Simone Battig