C’è una piccola frase di Seneca, una sorta di lapidario aforisma, che, nella sua semplicità, racchiude il senso delle spirali di violenza che, nel corso tempo, hanno sconquassato la storia dell’umanità: “La violenza alimenta se stessa”.
La frase, tanto cristallina, è in realtà paradossale e anti-intuitiva. Il potere politico e religioso, persino gruppi di cittadini o singoli individui, infatti, hanno sempre attribuito all’uso della violenza un potere salvifico: una volta eliminata la minaccia con l’uso della forza, una volta estirpato il nemico dalla faccia della Terra, allora sarebbe tornata la pace. Il segreto – spesso perverso, altrettanto spesso istituzionalizzato – stava nell’individuare il nemico da eliminare. Quello che René Girard ha indagato per anni e definito come ‘capro espiatorio’.
In realtà, come spiega bene Girard, è la stessa esistenza di una mentalità fondata sul capro espiatorio e sul suo sacrificio a perpetuare la violenza, sino alla potenziale dissoluzione del tessuto sociale. La violenza, appunto, alimenta se stessa.
L’ultimo fumetto di Thomas Gilbert – autore francese già noto e apprezzato in Italia per La saggezza delle pietre (Diabolo) e Velenose (BD) – scende nelle profondità di questo meccanismo, raccontando uno dei più celebri e sconvolgenti episodi di caccia e processo alle streghe della storia: quello iniziato nel 1692 nella piccola cittadina di Salem, nella contea di Essex, in Massachusets.
Il romanzo a fumetti, intitolato Le figlie di Salem e pubblicato da Diabolo, racconta la vita delle ragazzine e delle donne accusate di stregoneria nel 1692. E lo fa scegliendo due protagoniste in particolare: Elizabeth ‘Betty’ Parris e Abigail Williams, cioè la figlia e (nella realtà) la nipote del pastore Samuel Parris, cioè l’uomo che imbastì il processo e l’individuazione delle colpevoli. Sebbene la vicenda e gli eventi storici siano noti, sebbene non a tutti, rimane sempre un elemento escluso dai racconti degli studiosi: la vita delle vittime. Chi erano? Come avevano condotto la loro vita fino a quel momento? Cosa facevano, per le strade, nelle case, nei boschi che circondavano Salem? E Thomas Gilbert si preoccupa proprio di questo: di mettere in luce la loro normalità. La loro straordinaria e ordinaria esistenza, di ragazzine e di donne innocenti a cui è toccato in sorte di finire nell’occhio di un ciclone alimentato dalla paranoia, dal pregiudizio e dalla paura. Un ciclone gestito da uomini, cioè da individui di sesso maschile, che iniziarono a scorgere il profilo del demonio laddove, per secoli, è stato più facile trovarlo: nel corpo e nel ventre delle donne.
Abigail, che è anche la voce narrante della storia, è una ragazza libera, indipendente, che usa la propria testa e si azzarda addirittura a fare amicizia con un giovane nativo americano che ogni tanto incontra nei boschi intorno a Salem. La vita di quell’indigeno è selvatica, tanto vicina alla natura da rappresentare una minaccia per la cultura del luogo. Ed è proprio questo ad affascinare Abigail. Ma quella fascinazione, nella temperie di furore e fanatismo, diventerà l’ultima aggravante sul cammino della sua condanna. Sua e di altre decine di donne che verranno individuate come capri espiatori e condannate a morte.
Thomas Gilbert, nel solco del fumetto francese, con tavole ricche di vignette – fino a nove o dieci per pagina – e affidandosi a un tratto spesso grottesco, che trasforma i corpi ingigantendoli, deformandoli, colmandoli di pietà a seconda dei contesti, e usato tinte pastello che passano da tonalità cupe e sporche a sfondi incendiati e infernali, ci regala un racconto feroce e commovente.
Un racconto che lascia senza parole, al pensiero di quante donne, di quanti innocenti, siano stati vestiti dei panni del colpevole, della minaccia da estirpare, senza alcuna ragione. O meglio, sulla base di un unico desiderio: quello del potere, quasi sempre maschile, di recuperare la pace per mezzo del sacrificio e della violenza.
Ma è un meccanismo perverso, dal quale non si esce. Se non con l’empatia e l’amore. Che sono spesso, molto spesso, prerogativa delle donne che quegli uomini hanno sempre temuto.
Jacopo Masini
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