«State per entrare in una storia iniziata cinquecento anni fa. Non si tratta di un romanzo, ma di una vita…» Così Stefano Paolo Giussani apre il suo libro, Leonardo andreabbe al Pride?, che racchiude un miscuglio di generi: biografia, manuale d’arte, saggio filosofico e a tratti romanzo.

Per rispondere alla domanda che fa da titolo, l’autore e con lui il lettore, fa un viaggio attraverso i secoli per indagare sulla figura di Leonardo, quel genio “imperfetto” che «praticamente, il pride era in grado di farselo da solo» e fu capace di anticipare di 5 secoli strumenti e idee moderne.

Nelle biografie di Leonardo si trova spesso il sospetto di omosessualità ma nessuno gli aveva mai dedicato tanto spazio, come se fosse una cosa marginale di fronte alla sua genialità, forse perché rimanda a un’idea diversa da quella “normale” e si sa che il diverso mette timore. A quel tempo era frequente prendere una denuncia per sodomia, vera o meno che fosse, anche solo per avere attirato inimicizie, e inoltre i rapporti erano diversi, i giovani meno abbienti dovevano aspettare parecchi anni prima di raggiungere il patrimonio necessario per potersi sposare e i rapporti omoerotici non erano poi così rari.

Con il passare del tempo le cose sono cambiate ed è diventato un vero e proprio crimine, e proprio il 28-29 giugno abbiamo celebrato un traguardo enorme, “un arcobaleno lungo mezzo secolo”, i 50 anni dal primo pride della storia, dalla marcia lungo Christoper Street, la strada su cui ancora si affaccia lo Stonewall Inn, il bar gay, all’epoca gestito dalla mafia italiana, dove un anno prima, nella notte fra il 27 e 28 giugno 1969, i clienti si erano ribellati ai soprusi della polizia. E un’altra data importante che ricorre in questo 2020 è il cinquecentenario della morte di Leonardo da Vinci, viene scontato chiedersi come è possibile collegare le due cose, non è un appiglio a una presunta omosessualità ma un viaggio che coinvolge il lettore e lo spinge a riflettere.

Leonardo era considerato una personalità eccellente anche mentre era in vita, personaggi influenti lo chiamarono alle proprie corti e lui stesso sapeva bene le sue qualità, visto anche il curriculum preparato prima della partenza per Milano, in cui l’essere un artista era menzionato solo alla fine delle numerose capacità tecniche e ingegneristiche.

Giussani analizza Leonardo a tutto tondo, cercando di cogliere anche gli aspetti meno noti e dedica particolare attenzione al rapporto che aveva con i suoi discepoli, soprattutto quello con il Salai, un ragazzo di particolare bellezza che sarà di ispirazione per alcuni volti celebri, e con Francesco Melzi, che rimarrà sempre legato al Maestro con cui aveva un rapporto goliardico e paterno.

Leonardo aveva uno stile molto particolare, era difficile non notarlo per strada vista la sua statura, la sua lunga barba bianca e soprattutto i suoi vestiti sgargianti, gli piaceva farsi notare e non si preoccupava del giudizio degli altri. Nella seconda parte del libro c’è un’attenta analisi della produzione artistica leonardesca, con una particolare attenzione ai nudi presenti nei codici e alla grande importanza del ritrovamento dell’Angelo incarnato.

Ho trovato questo libro davvero fantastico perché Giussani è riuscito nel suo intento di “unire i puntini” su Leonardo e offrire ai suoi lettori un quadro completo su questo personaggio, sui suoi molteplici interessi, sulla sua concezione della vita e dell’amore, per citare Leonardo «Non iscoprire se la libertà t’è cara, che ‘l volto mio è carcere d’amore». 

Marika Timpano

Per conoscere di più la casa editrice Robin edizioni, qui l’intervista di qualche tempo fa.